Quest’anno i casi di malasanità a Roma sono 142: già superati quelli del 2013. Due esposti su tre vengono archiviati. I pm: «Molti vogliono solo i soldi». Anaao Assomed: «Noi medici vittime degli avvocati-squali»
Raddoppiati in un anno i casi di malasanità denunciati alla Procura di Roma. Due esposti su tre sono stati archiviati ancora prima di arrivare a processo. Secondo i pm dietro questo trend si nasconde spesso la ricerca di un mero interesse economico da parte dei familiari dei pazienti. «Negli ultimi anni è aumentato in modo esponenziale il numero delle denunce per colpe mediche – spiega il procuratore aggiunto Leonardo Frisani – Una grossa fetta di questi esposti sono finalizzati a ottenere esclusivamente un risarcimento del danno. Eppure la giurisprudenza sulla materia è stringente. Non è sufficiente che i medici abbiano commesso un errore nell’esercizio della loro professione. È necessario che le lesioni arrecate al paziente o il suo decesso siano causate da quell’errore. Serve in sostanza un nesso di casualità tra la morte e l’errore medico».
Nel 2013 ci sono state 136 denunce per presunti casi di malasanità, sfociati nell’apertura di 71 fascicoli per omicidio colposo e 65 per lesioni colpose. Per la prima e più grave fattispecie di reato, 40 procedimenti si sono conclusi con l’archiviazione e 31 con il rinvio a giudizio. Per la seconda fattispecie di reato, solo il 37% dei casi è arrivato a processo, gli altri sono stati archiviati. I dati relativi al primo semestre del 2014 sono ancora più significativi della crescita del numero delle denunce a carico delle strutture sanitarie e del contestuale aumento dei procedimenti che si concludono con un’archiviazione. Da gennaio a giugno sono arrivati in Procura 142 esposti: in soli sei mesi è già stato superato il totale dell’anno scorso. Dei fascicoli in cui i camici bianchi erano indagati per omicidio colposo, il 60% è già stato archiviato. La percentuale sale ancora di più quando ai medici viene addebitato il reato di lesioni colpose. Su 74 procedimenti aperti, soltanto il 28% ha portato a un rinvio a giudizio. Questa cifra va poi scremata ulteriormente, con i dati dei processi che in sede di dibattimento davanti al Tribunale si concludono con l’assoluzione degli imputati.
«La pioggia di denunce per presunte malpractice – spiega il procuratore aggiunto di Roma Leonardo Frisani – ha portato i camici bianchi ad applicare la strategia della medicina difensiva. Per mettersi al riparo da un eventuale incriminazione per lesioni o omicidio colposo vengono prescritti ai pazienti tantissime analisi cliniche e accertamenti diagnostichi spesso inutili, con inevitabili costi sul Servizio sanitario». A tutto ciò si somma il fatto che le polizze assicurative contro gli errori medici sono sempre più salate, tanto che alcuni ospedali italiani si auto-assicurano, accantonando per proprio conto dei fondi per gestire le richieste di risarcimenti. E, anche quando si rivolgono ad un assicuratore, lo fanno ormai solo per coprire i sinistri di maggiore entità.
Il sospetto è che dietro l’incremento di denunce contro i medici si nasconda una lobby che lucra sulla disperazione. Proliferano le pubblicità di associazioni e studi legali specializzati in questo ramo che prospettano un lauto risarcimento. «È aumentata la conflittualità – conferma Roberto Crea, segretario di Cittadinanzattiva Lazio – Da un lato, in un momento di crisi, la gente è più arrabbiata e vuole farla pagare al medico. Dall’altro lato c’è una spinta a fare ricorso alla giustizia da parte di associazioni di consumatori o gruppi di avvocati. Tutto questo porta alla medicina difensiva, che costa miliardi al Servizio sanitario, e alla fine il paziente non è che si salva, ma costa di più». «Occorre ripartire dal principio – aveva spiegato il procuratore della Corte dei conti del Lazio, Raffaele De Dominicis, durante l’inaugurazione dell’anno giudiziario 2014 – che il diritto alla salute non implica sempre il diritto alla guarigione e che la responsabilità medica resta comunque obbligazione di mezzo e non di risultato». Valeria Di Corrado
«Noi medici vittime degli avvocati-squali»
Lo spot acchiappa malati: mi paghi solo se vinci. Parla Bruno Schiavo, Anaao Assomed
Gli avvocati-squalo che aizzano i pazienti a fare causa per un nonnulla con la formula: «mi-paghi-solo-se-vinci». E i medici stressati dalla paura dei risarcimenti, con l’incubo della «casa pignorata» come è successo in Lombardia (se non pagava l’ospedale!), che prescrivono esami a gogò anche quando non servono e sganciano 1.000 euro al mese, la media, per l’assicurazione.
Dottor Bruno Schiavo, le cause contro i medici sono raddoppiate, davvero convivete con la paura?
«Sì, certo» conferma Schiavo, chirurgo al San Camillo Forlanini ed ex segretario Anaao Assomed nella prima azienda ospedaliera romana – bisogna ridare serenità al medico e fiducia nel rapporto con il paziente. Solo così potrà lavorare meglio nell’interesse del malato».
Fino a quel momento continuerete a prescrivere una tac per un “raffreddore”?
«È chiaro che questo è solo un modo di dire – continua – però di fatto la cosiddetta medicina difensiva, che produce prestazioni inappropriate (e vertenze), e proprio sulla spinta della paura, è il più grande costo sanitario: sui conti del Lazio pesa per circa un miliardo e 300 milioni, mentre a livello nazionale costa, secondo le stime più aggiornate, 13 miliardi quasi un punto di Pil».
I numeri sono emersi nel recente incontro fra i primari ospedalieri e il governatore del Lazio Zingaretti. C’erano moltissimi chirurghi, perché?
«Sono la categoria più bersagliata di cause, insieme con ginecologi, soprattutto gli ostetrici, e ortopedici».
Ma le vincono poi queste cause i pazienti?
«Poco rispetto al numero, ma quando succede, sono guai seri, si rischia di perdere quei pochi beni che possediamo, come la casa».
È già successo alla categoria di perdere la casa per una richiesta di risarcimento danni?
«In Lombardia c’è stata una sentenza di pignoramento. Ma è intervenuto l’ospedale. La cosa però è rimasta come un incubo nell’immaginario collettivo».
Ma se è così difficile vincere una causa di presunta malasanità perché sono già raddoppiate rispetto a tutto il 2013?
«Ci sono gruppi di avvocati che fanno leva su uno spot efficace. Convincono i clienti ad andare dai magistrati assicurandogli che dovranno pagheranno la parcella solo in caso di vittoria».
È la lobbby degli avvocati-squalo che vi fa paura?
«Squali sì, perché strumentalizzano il dolore di chi hanno davanti. Lobby non direi, sono legali di bassa lega».
Cosa fate per esorcizzare l’incubo oltre a prescrivere surplus di esami?
«Chi non ha un rapporto di esclusiva con l’ospedale ma lavora in studi privati si assicura, è anche un obbligo di legge».
Una cuccagna per le assicurazioni…
«I brokers assicurativi aumentano sempre più i costi delle polizze sia di quelle individuali che di quelle aziendali, quest’ultime in particolare hanno raggiunto nel Lazio picchi insostenibili che vanno dai 3 ai 5 milioni di euro l’anno, mentre una polizza individuale viaggia su una cifra equivalente a tre mesi di stipendio. Anche 1.000 euro al mese, sta diventando la media ».
Come fanno i chirurghi più giovani a sostenere il peso di 1.000 euro al mese per l’assicurazione? «È anche per questo che molti che formiamo poi fuggono all’estero». Si assicurano anche i fisioterapisti?
«Anche loro rischiano cause».
È per questo che i fisioteraisti si rifiutano di metterti le mani addosso se non vedono prima una sfilza di esami?
«È chiaro che un fisioterapista deve prima sapere cosa fare, ma nei costi della medicina difensiva c’è una bella fetta di esami in surplus anche in questo settore».
Anche gli ospedali sono assicurati?
«Nel Lazio 8 aziende si difendono in autotutela, cioè rispondono direttamente dei costi delle vertenze, altre 8 hanno polizze assicurative con franchigie elevate, altre 4 con franchigie basse ».
Zingaretti ha detto alla Società italiana chirurgia che è un’emergenza che deve entrare subito nell’agenda politica nazionale…
«È un sistema confuso che costa caro in termini economici e pesa come una macigno e sempre di più sull’efficienza del sistema. Inoltre mina certezze e serenità dei medici italiani in particolare di quelli che ogni giorno lavorano nelle sale operatorie degli ospedali».
Da Ferragosto l’assicurazione per la responsabilità civile è un obbligo pena la multa. Chi controllerà?
«L’obbligo c’era ora è più stringente. Ma non è solo così che si ristabilisce il corretto rapporto medico-paziente, devono tornare serenità e fiducia». Grazia Maria Coletti
Pazienti senza giustizia
di Ivano Giacomelli, Segretario nazionale Codici
È una crudele falsità pensare che l’incremento delle denunce dei casi di malasanità sia finalizzata solo a ottenere un risarcimento economico del danno. Gli addetti ai lavori sanno bene che la responsabilità penale dei medici è difficilmente dimostrabile, perché è creata una condizione di prova praticamente impossibile. L’aumento dei casi archiviati dai giudici è la conseguenza di tutto questo. La gente denuncia casi di malasanità, errori nelle diagnosi, ritardi nelle prestazioni. Il problema è che queste situazioni non vengono rubricate come reati. La Cassazione ha infatti fornito un ombrello di protezione alla classe medica.
Ha posto come condizione, per definire la responsabilità del medico, che sia certo l’effetto causale della sua condotta professionale sulla salute del paziente.
Quando una persona muore in ospedale, spesso nel certificato di morte, viene usata la dizione generica «arresto cardiocircolatorio». È ovvio che diventa impossibile individuare una responsabilità a monte da parte del medico. Il canone stabilito dalla Corte di Cassazione crea profonde ingiustizie: la gente paga con la vita errori, ritardi, imprudenze e ai camici bianchi viene assicurata una sorta di impunità, anche se l’errore è dimostrato. A parte nei casi in cui è provato un atteggiamento volontario doloso, non si riesce a stabilire una responsabilità del medico.
Il Tempo – 17 agosto 2014