E il sole divenne nero, come nel libro dell’Apocalisse. «All’improvviso ho visto questa nube gigantesca che saliva in cielo davanti a casa mia — racconta Massimo Cimatti, abitante in fuga dalla frazione di Cinque Poderi — sembrava il fungo di un’esplosione atomica, ho pensato a Hiroshima oppure all’uragano Katrina…». Cinque Poderi è la frazione di Pomezia sulla Pontina Vecchia che per prima ieri mattina è stata investita dall’immensa nube nera sprigionata dal violento incendio che ha divorato in pochi minuti i capannoni della Eco X, azienda di stoccaggio e smaltimento di rifiuti speciali. Tonnellate di ecoballe, composte di carta e plastica, bruciate in pochi minuti e diventate un’immensa nuvola di fumo che ha coperto il cielo di Roma, dal litorale fino ai Castelli, tanto da spingere Virginia Raggi, come sindaca della Città metropolitana, a invitare i cittadini di 21 comuni a tenere chiuse le finestre di case, scuole, uffici e ospedali.
La plastica che brucia vuol dire che l’allarme diossina è già scattato. «La diossina è cancerogena — conferma Giorgio Zampetti, responsabile scientifico di Legambiente —. Dipende dalla ricaduta dei fumi. Gli esiti dei campionamenti fatti dalla Asl si sapranno in 72 ore».
Ma la nube tossica di Eco X sembra essere ancor più pericolosa perché «i tetti dei capannoni — rivela Paolo Ruffini, il titolare del bar a pochi metri dallo stabilimento — erano in eternit, così ho sentito dire dai carabinieri».
La conferma arriverà più tardi da un comunicato della Asl 6 di Roma: «Ritenendo possibile la presenza di coperture in cemento amianto sui capannoni dell’impianto è stato chiesto ad Arpa Lazio di poter estendere le attività di campionamento ambientale al fine di determinare l’eventuale presenza di fibre aerodisperse».
Eternit, dunque, un incubo in più per le almeno 200 mila persone che hanno trascorso la giornata barricate in casa nei comuni di Nettuno, Anzio, Pomezia, Ardea, Velletri, Lavinio, Lanuvio, Genzano, Albano Laziale, Ariccia, Nemi, Castel Gandolfo, Marino, Ciampino, Frascati, Grottaferrata, Rocca di Papa, Rocca Priora, Montecompatri, Monte Porzio Catone e Colonna.«Respirare le fibre d’amianto — avverte Zampetti di Legambiente — può essere causa del mesotelioma, ma dipende sempre da intensità e esposizione».
La Procura di Velletri ha aperto un’inchiesta per incendio colposo. Forse un cortocircuito oppure la combustione dei vapori prodotti dai rifiuti tenuti all’aperto. È ancora presto per dirlo, gli investigatori per ora si limitano a parlare di «incendio di natura colposa o accidentale».
Quattro scuole evacuate, cento bambini delle frazioni di Castagnetta e Santa Procula rimandati a casa di corsa, evacuata anche la palazzina più prossima all’impianto. Eppoi aziende e negozi chiusi, gente in giro dappertutto con le mascherine antismog e, infine, la via Pontina in tilt, con le auto in uscita da Roma incolonnate per vari chilometri.
Eppure il comitato di quartiere delle frazioni di Castagnetta e Cinque Poderi già il 3 novembre aveva scritto al sindaco di Pomezia, Fabio Fucci (M5S), lanciando l’allarme proprio sull’azienda Eco X a causa di tutte quelle ecoballe accatastate. E lo aveva fatto con parole profetiche, lamentando timori «per la propria salute e l’inquinamento ambientale» in caso di «qualche incendio».
Ieri i capigruppo M5S di Camera e Senato, Roberto Fico e Carlo Martelli, hanno collegato l’incendio di Pomezia al sabotaggio degli impianti di Trattamento Meccanico Biologico di Rocca Cencia, a Roma, definendoli «inquietanti episodi» e parlando apertamente di una «guerra dei rifiuti» in atto. Fico e Martelli presenteranno ora delle interrogazioni parlamentari: «Chi ha interesse — si chiedono — a manomettere gli impianti Ama e a bloccare la raccolta rifiuti della Capitale d’Italia?».
E la Eco X, che dice? Antonio Buongiovanni, l’amministratore unico dell’azienda, ha fornito ieri ai carabinieri del capitano Luca Ciravegna la sua versione: «Abbiamo provato a spegnere l’incendio da soli, io con gli operai, ma non ci siamo riusciti. Eravamo già tutti al lavoro stamattina (ieri, ndr ), quando ha preso fuoco un cumulo di rifiuti nello spazio esterno compreso tra i due capannoni dell’azienda. All’inizio sembrava un piccolo focolaio, ma poi è diventato l’inferno…». E il sole si fece nero.
Fabrizio Caccia- Il Corriere della Sera – 6 maggio 2017