C’è un telefono che ieri non ha mai smesso di squillare: è quello di Nadia Vidale, minuta ma battagliera dirigente scolastica dell’Istituto tecnico industriale Severi di Padova. La sua lettera al prof che si è messo in congedo fin dal primo giorno di nomina, pubblicata dal Corriere della Sera , ha suscitato indignazione, rabbia, solidarietà. «Prof, lei è rientrato a scuola solo per un giorno, la supplente che faticosamente avevamo trovato era bravissima, solo per 24 ore l’abbiamo persa. Ci spiega cos’è è venuto a fare nella nostra scuola solo per un giorno?», diceva in sostanza la lettera della dirigente. Un appello al docente di Diritto Enrico Mattei di Faicchio (Benevento), che a scuola hanno visto solo il 23 dicembre.
Ieri a scuola, la dirigente ha spiegato: «I diritti dei docenti sono protetti, ma chi tutela i diritti degli studenti? Non voglio mettere in croce questo professore, ma penso agli studenti, che non hanno lo scudo sindacale». A capo di un Istituto che conta 1200 studenti su un’area di 40mila metri quadrati, Nadia Vidali, per tutti «la preside», aspetto sbarazzino ma piglio deciso, taglia corto sulle polemiche e punta a risolvere il problema. Che al momento sono due sezioni del biennio, sezione IE e IF di fatto senza docente di Diritto, causa congedo di chi ha vinto la cattedra.
Nel bailamme della sua denuncia pubblica, ieri la preside si è trovata pure la polizia a scuola, chiamata dagli studenti perché un alunno girava pavoneggiandosi con una pistola, anche se non funzionante. Sangue freddo, com’è sua caratteristica.
Un problema alla volta. Risolta l’emergenza pistola, l’aspettavano i rappresentanti di studenti e genitori, convocati per decidere che fare per le sezioni del biennio senza prof. «Sono qui per chiedere scusa a tutti voi in nome della scuola – ha esordito Nadia Vidali – ogni lavoratore ha diritto di assentarsi dal servizio per motivi legittimi previsti dal contratto, come è successo nel caso di questo docente. Il suo rientro per un giorno però ci ha costretto a licenziare la supplente e a cercare un altro sostituto… Ora c’è da recuperare quello che i ragazzi hanno perso, continuità didattica e ore di lezione. Propongo due pomeriggi alla settimana di recupero, a cominciare da febbraio».
Genitori e ragazzi si sono schierati con la preside. «E’ giusto fare emergere il problema – ha sottolineato Lucia Pastrello, mamma rappresentante dei genitori – il riflettore andava acceso. Bisogna tenere in considerazione il diritto allo studio dei ragazzi. Questo tipo di insegnanti non dovrebbe esistere». E un’altra mamma: «Questa è una scuola molto seria, importante il richiamo alla responsabilità della preside».
Arrabbiati con il prof che hanno visto una sola volta, gli studenti: «Molti di noi hanno l’insufficienza in diritto, abbiamo cambiato 5 docenti dall’inizio dell’anno – dice Bruno Grimaldi rappresentante degli studenti della seconda IE – , c’è la preoccupazione che qualcuno perda l’anno. L’unica volta che l’insegnante in congedo si è presentato in classe ci ha interrogati. Noi sosteniamo la preside e stiamo pensando di organizzarci per manifestare contro questo prof». Aggiunge Tommaso Spessato: «Noi alunni a scuola dobbiamo venirci tutti i giorni, sarebbe corretto che anche i prof facessero la stessa cosa». E Sara Martin: «La preside è giusto si mobiliti per difendere i nostri diritti». Andrea Gallo: «Un insegnante dovrebbe svolgere il suo compito con passione, essere un esempio per noi ragazzi». Chi insegnava Diritto con passione i ragazzi l’avevano trovato, la supplente Elisa Spagnol, che tutti rimpiangono. «Brava, motivata, capace, ci siamo trovati bene, avevamo iniziato a capirci qualcosa di diritto…», raccontano gli studenti del biennio. Ma il rientro per un giorno del prof di ruolo ha costretto per legge la scuola a licenziarla. Ora la preside deve ripartire dall’inizio della graduatoria dei supplenti per trovare un nuovo sostituto. Ancora la preside: «Quello che è accaduto qui è un caso su centomila, tutti simili. Non voglio certo colpevolizzare questo docente, che ha i suoi buoni motivi, ma trovare una tutela per i miei studenti. Chiedo aiuto al nuovo ministro dell’Istruzione Fedeli: che garantisca i diritti dei ragazzi, non solo quelli dei professori». Gli altri docenti del Severi sono con la dirigente. «Condividiamo la denuncia – dice Carlo Cassol – ci vuole rispetto per gli studenti e le istituzioni». «Questi furbetti danneggiano tutta la categoria dei docenti», accusa Edgar Libretti.
Si schiera con la dirigente scolastica del Severi anche l’assessore all’Istruzione della Regione Veneto Elena Donazzan, che annuncia un’indagine sul caso. «Brava la preside, ne apprezzo l’indignazione e il coraggio. Giustamente chiede al docente cos’è venuto a fare per un solo giorno in classe. Con la sua lettera pacata ma incalzante ha sollevato un problema che ben conosciamo, presente in quasi tutte le scuole. Ringrazio la preside del Severi che non si arrende al sistema. Per quanto riguarda quel docente, voglio chiedere tutte le verifiche del caso, se c’è un abuso dovrebbe essere licenziato».
Al Severi di Padova intanto si guarda avanti: la preside si è attivata per trovare una nuova supplenza. E ieri ha annunciato che arriverà a breve. «E’ un generale», commentano gli studenti. E lo dicono con ammirazione.
Oltre tremila prof assegnati al Veneto sono tornati a casa malati o in permesso
Nelle scuole girandole di supplenze, a Mestre una classe ha avuto 7 maestre in 3 mesi. La fuga? Specie al Sud
Per chiarire il fenomeno basterebbero anche solo «i numeri». Ben più di tremila docenti tra quelli che erano stati assegnati per quest’anno al Veneto da altre zone d’Italia hanno poi «fatto le valigie» per rientrare nelle regioni di provenienza.
In alcuni casi in modo definitivo, in altri con assegnazioni provvisorie, o richieste temporanee legate a permessi per malattia, legge 104 (familiare con disabilità), avvicinamento per figli piccoli. Risultato? Il Veneto è rimasto a corto di insegnanti a scuola iniziata e ha dovuto coprire i buchi con le supplenze. Questi però sono solo i dati. La situazione, complessa ben oltre il limite, esasperante per studenti, famiglie e scuole, diventa più chiara se si scelgono alcuni esempi, toccando con mano sul territorio cos’ha comportato questa contro-migrazione.
Rachele Scandella è preside in diverse scuole del veneziano. «Alle Giulio Cesare (elementare di Mestre ndr) per una situazione di questo tipo sono stata costretta a nominare sette diverse supplenti in tre mesi per lo stesso posto – dice – l’insegnante ha preso diversi periodi di malattia. Poi rientrava per pochi giorni. Ad ogni rientro io dovevo licenziare la supplente in carica salvo poi doverne cercare un’altra quando l’insegnante titolare tornava in malattia». Questo è il caso limite che ha costretto 25 bambini, nell’età in cui si imparano i fondamenti di tutte le discipline, hanno cambiato sette insegnanti in tre mesi. Ma alla Giulio Cesare è successo con quasi tutti i docenti che erano stati trasferiti nella scuola da altre regioni. E’ andata meglio ai loro compagni, che hanno cambiato «solo» tre supplenti o quattro. Ma su dodici maestre «in arrivo» alla fine dei giochi ne sono rimaste a Mestre solo due.
Stessa situazione anche all’alberghiero Musatti di Dolo: lì su 11 docenti arrivati solo 2 sono rimasti, gli altri hanno chiesto assegnazioni provvisorie altrove o sono rimasti a casa in malattia. «Un insegnante è a casa già dal primo settembre – dice Scandella – io non voglio discutere delle loro ragioni personali se si muovono entro i limiti di legge ma penso che dovrebbe esserci chiarezza almeno nella comunicazione con i presidi. E invece no. Tutti questi docenti continuano a ripeterci che “torneranno”. Poi, 24 ore dopo arriva il certificato di malattia».
Secondo i dati diffusi dal dossier di «Tuttoscuola» in Italia sono stati 207 mila i docenti trasferiti nel 2016. Di questi 72 mila sono stati assegnati ad ambiti territoriali. Il 74% di loro proviene dal sud. Tuttoscuola stima che il 40-45% di loro, 55-60 mila insegnanti in tutta Italia, abbia lasciato le cattedre al centro nord per tornare a casa. Creando così la necessità di nuove supplenze. E infatti i conti del Veneto per le supplenze richieste dopo l’inizio dell’anno (e dunque provenienti al 99% da posti liberati) parlano di ben 4769 supplenze per il 2016 (di cui 2782 normali, 1987 per sostegno) e quindi gli «abbandoni» potrebbero anche essere di più. «Come funziona nella pratica? Semplice – dice Gianni Zen preside del Brocchi di Bassano – chiedono aspettativa. Tu cerchi un supplente. Poi loro tornano in servizio 3 giorni magari quando la scuola è chiusa. A me è successo in due casi con due docenti provenienti da altre regioni durante le vacanze di Natale. L’ho trovato irrispettoso e quindi ho chiesto loro di presentarsi a scuola in quei giorni. Di tutta risposta mi è arrivata una diffida del sindacato con la minaccia di percorrere le vie legali. Io non amo i conflitti ma il problema riguarda i ragazzi. Come possono imparare in una situazione così?». «Io sono stato fortunato, da me su 19 sono rimasti in 7 – scherza Ilario Ierace, preside dell’alberghiero Cornaro di Jesolo – il problema è semplice: non c’era corrispondenza tra i posti, che erano in prevalenza al Nord e gli insegnanti, che erano in prevalenza al Sud. Le persone per avere un posto fisso hanno accettato, poi chi ha potuto è tornato indietro. Così noi ci siamo trovati a gestire cattedre vuote ad ottobre». «L’errore a monte è stato estendere a tutta Italia le assunzioni – dice Giovanni Giordano dello Snals di Venezia – se c’è la possibilità di scegliere se rimanere a mille chilometri di distanza o di tornare a casa chiunque farebbe la stessa cosa». Una situazione insostenibile questa, che potrebbe perfino aggravarsi con l’ipotesi, discussa in questi giorni della Ministra dell’istruzione Valeria Fedeli, della cancellazione dell’obbligo di rimanere 3 anni nella stessa regione dopo l’assunzione. «Togliere il vincolo è giusto – dice invece Sandra Biolo, neoeletta segretaria regionale scuola Cisl – questa normativa nasce per chi ha veramente bisogno di avvicinarsi a casa. A monte andrebbero cambiate le norme sulle assunzioni, impedendo situazioni di questo tipo che colpiscono solo gli alunni».
Il Corriere del Veneto – 12 gennaio 2017