Ad aprile il calo dei prezzi è più marcato del previsto: il terzo mese consecutivo di deflazione. La responsabilità è imputabile soprattutto alla coda del calo dei carburanti, ma anche alla debolezza della domanda di beni di consumo.
Secondo Istat, l’indice dei prezzi al consumo in aprile registra una variazione del -0,1% su base mensile e una diminuzione su base annua dello 0,5% (era -0,2% a marzo). Più pesante delle stime preliminari, rispettivamente, -0,1% e -0,4%.
Sul territorio, i capoluoghi delle regioni e delle province autonome in deflazione ad aprile sono saliti da 14 a 15. Tra questi Perugia e Potenza registrano le flessioni tendenziali dei prezzi più ampie (-1,2% per entrambi), Bari va un po’ meglio (-1%) mentre soltanto Trieste (+0,3%), Bologna (+0,2%) e Bolzano (+0,1%) segnano aumenti tendenziali dei prezzi.
Per l’Istat la flessione tendenziale è principalmente da attribuire all’accentuarsi del calo dei prezzi degli energetici regolamentati (-6,4% da -2,7% del mese precedente), alla quale contribuiscono sia il gas naturale (-9,9% da -5,7% a marzo) sia l’energia elettrica, che segna un’inversione di tendenza (-1,9% da +1,5% del mese precedente).
Pertanto, al netto dei soli beni energetici, l’inflazione rimane stabile a +0,4%, mentre al netto degli alimentari non lavorati e dei beni energetici scende a +0,5% (da +0,6% di marzo). Il carrello della spesa (costituito da alimentari e prodotti per la cura della casa e della persona) segna un -0,2% da -0,3% di marzo. L’inflazione acquisita per il 2016, come a marzo, è pari a -0,5 per cento.
Taglio di luce e gas
«Sul dato negativo di aprile – osserva Loredana Federico,
capo economista di UniCredit research – ha pesato il taglio delle tariffe della luce e del gas. Ma con i prezzi del petrolio in risalita il trend è destinato a invertirsi. L’inflazione è destinata a risalire nel corso dei prossimi 18 mesi». Insomma Federico ammette la debolezza della domanda interna e dei consumi delle famiglie, ma esclude che siamo in presenza di un avvitamento deflattivo.
Per UniCredit research il primo trimestre ha visto un rallentamento dei consumi privati (motore del Pil e dei prezzi) rispetto al precedente, ma i dati dettagliati sul quarto trimestre del 2015 mostrano una crescita del reddito disponibile nominale che si è tradotta (in presenza di bassa inflazione) in potere d’acquisto dei consumatori.
Dall’ufficio studi di Confcommercio, il direttore Mariano Bella nota che «il dato Istat di aprile è brutto e non ricordo tre mesi consecutivi di deflazione nella storia economica recente. Tuttavia non vorrei farla peggio di quanto non è: al netto di energetici e alimentari l’inflazione è del +0,5% e si è ridotta solo di un decimo rispetto al mese precedente». Poi Bella conclude: «Non ho una gran paura della deflazione, ma del fatto che i nostri problemi strutturali, tra cui troppo Stato e troppo fisco, continuino a ostacolare le possibilità di crescita. Infatti siamo in coda alle graduatorie internazionali, come confermano anche gli ultimi dati sul Pil».
Coldiretti invece teme molto la deflazione che pesa sull’agricoltura: i prezzi nelle campagne sono crollati in aprile, del 24% per il grano duro, del 57% per i peperoni, del 34% per il latte e del 48% per i pomodori, su valori al di sotto dei costi di produzione che spingono all’abbandono campagne e stalle.
Emanuele Scarci – Il Sole 24 Ore – 14 maggio 2016