La Stampa. Dai 446 ai 2.700 euro l’anno. Questa è la perdita che impatterà sulle pensioni in base al nuovo sistema di rivalutazione. Sono i due estremi della scala di reddito: -446 euro l’anno per una pensione da 2.600 euro lordi al mese, e -2.700 euro l’anno per un assegno mensile lordo da 5.600 euro. Mentre chi riceve fino a 2.100 euro al mese si vedrà riconosciuto tutto il ritocco previsto e le minime avranno anche qualcosa in più. Le nuove regole inserite in manovra stabiliscono il recupero del 100% dell’inflazione (il 7,3%) per gli assegni fino a quattro volte il minimo; l’80% per quelli tra quattro e cinque volte il minimo (invece del 90% attuale); il 55% per quelli tra cinque e sei volte il minimo (invece del 75% attuale); il 50% tra le sei e le otto volte il minimo; il 40% tra le otto e le dieci volte; e il 35% per i redditi da pensione superiori a 10 volte il minimo.
Secondo i calcoli della Uil, una pensione da 2.600 euro lordi sarebbe cresciuta, con il tasso del 7,3% fissato dal Mef e la vecchia percentuale del 90%, fino a 2.786 euro. Sale invece con l’80% di rivalutazione a 2.751 euro, con una perdita di circa 34 euro al mese, 446 l’anno. Con una pensione da 3.100 euro si perdono 89 euro al mese e 1.161 euro l’anno, mentre per una pensione da 3.600 lordi si passa da una rivalutazione del 75% dell’inflazione che avrebbe garantito un assegno da 3.841 euro a uno che sarà invece di 3.731, con circa 110 euro al mese in meno (quasi 1.430 euro l’anno). Con un assegno di 5.600 euro lordi al mese, l’importo con una rivalutazione al 75% sarebbe dovuto aumentare a 5.950 euro, tuttavia con la nuova perequazione si attesterà a 5.743 euro: un taglio di 207 euro al mese e 2.699 l’anno.
Oltre ai tagli, la legge di bilancio prevede Quota 103, la proroga dell’Ape sociale e di Opzione donna, che però cambia in base ai figli. Un pacchetto di norme che disegna una riforma ponte, rinviando ancora una volta i problemi di sostenibilità del sistema. Chi vince e chi perde da queste deroghe alla legge Fornero? Di sicuro vincono gli uomini con carriere lunghe, che possono mettere insieme 41 anni di contributi e lasciare il lavoro senza penalità, ma il taglio della rivalutazione è comunque un bel danno, considerando che già l’adeguamento al 7,3% è inferiore all’inflazione reale. Perdono le donne, costrette a uscire in anticipo con Opzione donna, che di fatto riduce l’assegno di un terzo. —
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