Per la prima volta si pone come condizione di procedibilità della domanda giudiziale la presentazione di un ricorso per lo svolgimento di una consulenza tecnica preventiva ai fini della composizione della lite. Si tratta della conciliazione affidata al Ctu e regolata (dal 2005) dall’articolo 696-bis del Codice di procedura civile. Si tratta di un’alternativa rispetto al tentativo di mediazione, previsto dal 2011 (con una sospensione da dicembre 2012 a settembre 2013 per effetto della sentenza della Corte costituzionale) come obbligatorio prima di iniziare una causa per il risarcimento danni da errore medico.
Mediazione e conciliazione sono due percorsi diversi, che scontano limiti e offrono opportunità differenti; la scelta è rimessa agli avvocati che dovranno valutare anche strategicamente come procedere.
Come funziona
Il termine (espressamente qualificato come perentorio) per chiudere la conciliazione è fissato in sei mesi dal deposito del ricorso e la domanda diviene procedibile e gli effetti della domanda sono salvi se, entro 90 giorni dal deposito della relazione tecnica o dalla scadenza del termine, è depositato, presso il giudice che ha trattato il procedimento preventivo, il ricorso per l’avvio del procedimento sommario di cognizione finalizzato al risarcimento del danno.
La partecipazione al procedimento di consulenza tecnica preventiva è obbligatoria per tutte le parti, comprese le imprese di assicurazione, che hanno l’obbligo di formulare l’offerta di risarcimento del danno o di comunicare i motivi per cui ritengono di non formularla. Per presidiare la corretta attuazione di tale procedura è stato poi previsto che, in caso di sentenza a favore del danneggiato, quando l’impresa di assicurazione non ha formulato l’offerta di risarcimento nell’ambito del procedimento di consulenza tecnica preventiva, il giudice trasmette copia della sentenza all’Ivass. Inoltre, in caso di mancata partecipazione, il giudice, con il provvedimento che definisce il giudizio, condanna le parti che non hanno partecipato a pagare le spese di consulenza e di lite, indipendentemente dall’esito del giudizio, oltre che a una pena pecuniaria, determinata equitativamente, in favore della parte comparsa alla conciliazione.
Infine, i medici che saranno nominati consulenti tecnici d’ufficio dovranno avere adeguate e comprovate competenze nell’ambito della conciliazione acquisite anche mediante specifici percorsi formativi. Si tratta di un’indicazione utile a migliorare la fase conciliativa soprattutto se i consulenti-conciliatori saranno formati come mediatori. Ciò non consente in ogni caso di colmare la distanza tra mediazione e conciliazione del Ctu: a quest’ultima mancano alcune garanzie come, ad esempio, la tutela della riservatezza. (vai alla fonte)
Marco Marinaro – IL Sole 24 Ore – 20 marzo 2017