Partirà a giorni, «entro i primi di luglio», il confronto fra governo e sindacati sul rinnovo dei contratti degli statali e sulla riforma del pubblico impiego, che deve fissare le nuove regole su organizzazione del lavoro e degli uffici, salario accessorio e articolo 18 negli uffici della Pa. L’annuncio della convocazione è arrivato ieri dalla ministra per la Pubblica amministrazione e l’Innovazione Marianna Madia, intervenuta al Forum nazionale della Cgil sul riordino della Pa. Per Susanna Camusso, segretaria generale del sindacato di corso d’Italia, l’evento «sarebbe quasi da brindisi», ma per spolverare i bicchieri bisogna aspettare «l’effettivo insediamento del tavolo». Anche in quell’occasione, in realtà, le distanze fra governo e sindacati non si annunciano piccole, e il confronto promette di essere acceso su tutti i punti in agenda. Sui contratti, che sono il tema più immediato, i nodi sono di fondo.
Ieri la ministra Madia ha sostenuto che i 300 milioni di euro messi a disposizione dalla legge di stabilità (a cui si aggiungeranno circa 70 milioni, il 4 per mille della massa salariale, in Regioni ed enti locali) «sono un inizio», e il loro aumento in prospettiva dipenderà dalla crescita reale del Paese, ma che nei nuovi contratti «chi ha di meno deve avere di più». Nell’atto di indirizzo questo principio dovrebbe tradursi nella richiesta ad Aran e sindacati di individuare un meccanismo progressivo, per concentrare i ritocchi sulle fasce di reddito più basse e diluirle su quelle più alte. Camusso chiede invece «aumenti sui minimi tabellari per tutti», e più in generale non sembra semplice trovare l’accordo su una linea diversa con i sindacati. L’atto di indirizzo dovrebbe poi puntare sull’aumento di peso della contrattazione decentrata, un passaggio, fondamentale per introdurre strumenti più flessibili, reso indispensabile dalla leggerezza delle risorse per ora a disposizione. Il fattore tempo non è secondario, perché giusto ieri è arrivata da Bologna l’ennesima sentenza di tribunale in cui si dice che il blocco dei contratti è illegittimo dal 30 luglio 2015, cioè dal giorno successivo alla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale della sentenza costituzionale che ha imposto di riavviare la macchina.
La revisione delle regole sugli integrativi, con l’obiettivo di sfoltire il caos delle regole che hanno favorito le applicazioni più varie (e le storture più pesanti) nelle amministrazioni, sarà anche al centro del decreto legislativo sul nuovo testo unico del pubblico impiego, cioè dell’altro pilastro del confronto fra governo e sindacati. Dal provvedimento arriveranno indicazioni importanti per le prospettive reali delle buste paga, perché in gioco (come anticipato sul Sole 24 Ore del 17 giugno) c’è la revisione delle «tre fasce di merito» scritte nella riforma del 2009 ma mai attuate. Non è in discussione il principio che dovrebbe premiare le eccellenze e lasciare a secco di premi una quota dei dipendenti, ma secondo Madia «alcune regole della legge Brunetta sono troppo rigide» e vanno riviste. Alla Funzione pubblica si è lavorato in queste settimane sia al capitolo sul pubblico impiego sia alla riforma della dirigenza, con il ruolo unico, gli incarichi a tempo e i tagli progressivi agli stipendi per i dirigenti che rimangono parcheggiati senza incarico (si veda Il Sole 24 Ore di mercoledì). Il cantiere è in piena attività, ma dall’incontro con i sindacati potrebbero dipendere anche le scelte “tattiche” su come portarlo avanti: dipendenti e dirigenti potrebbero far parte di un decreto unico, oppure essere divisi in due provvedimenti presentando il secondo solo dopo l’estate.
Negli obiettivi rilanciati ieri da Marianna Madia, il testo unico che supera il sistema rigido degli organici per abbracciare quello dell’analisi dei fabbisogni di competenze servirà a cancellare la «regola sbagliata del turn over generalizzato»; la prospettiva indicata dal governo è quella di vincoli selettivi, che permettano di ringiovanire la Pubblica amministrazione con nuovi ingressi concentrati nelle professionalità di cui c’è bisogno. Questa strategia dovrebbe essere accompagnata da una regia nazionale sulla mobilità, per decidere la geografia del pubblico impiego sulla base dei servizi da erogare, e anche su questo punto la discussione con i sindacati è aperta.
Gianni Trovati – Il Sole 24 Ore – 24 giugno 2016