«Le sentenze continuano a premiare i medici ex specializzandi che chiedono i rimborsi per le borse di studio non fruite e i contributi non versati. Delle due l’una. O si risponde a queste migliaia di professionisti nei tempi più rapidi possibili o a forza di dilazionare i pagamenti lo stato sarà costretto a sborsare una cifra molto più alta.
Con la discussione aperta nei giorni scorsi in Senato anziché proporre una nuova bozza di legge accanto alle tre esistenti calendarizziamo a partire dalla Commissione Cultura l’iter di un unico disegno di legge unificato». Pietro Aiello senatore Ncd è il primo firmatario di una mozione approvata in Senato per dare una svolta al tema dei rimborsi agli ex specializzandi che oggi si dividono in tre categorie: gli immatricolati a specialità tra 1983 e 1992 che avevano diritto alla borsa di studio mensile ma non l’hanno percepita; i titolari di borsa iscritti alle scuole tra 1993 e 2006 per cui lo stato non ha pagato i contributi previsti in seguito alla normativa che applica il contratto di specializzazione e le relative tutele; gli iscritti alle scuole antecedentemente al 1983, e cioè nel quinquennio 1978-82 che in seguito a una sentenza di Cassazione più recente sono stati dichiarati aventi diritto alla borsa per ogni annualità frequentata, anche antecedente alle direttive europee istitutive del compenso. I tre disegni di legge giacenti in senato, due di Luigi D’Ambrosio Lettieri (Conservatori Riformisti) e uno di Carlo Lucherini (Pd) prevedono tutti un indennizzo di 13 mila euro ad annualità non retribuita, una somma leggermente inferiore a quanto si sarebbe dovuto percepire realmente. Nei ddl e nella mozione approvata si sottolinea che la cifra non è passibile di interessi. E qui sta il punto. Dice Aiello: «E’ vero che fanno impressione 13 mila euro per 4-5 annualità per un numero di ricorrenti enorme ma tuttora imprecisato (Consulcesi aveva reso nota la cifra di 97 mila medici che avevano fatto ricorso su 160 mila aventi diritto cui vanno aggiunti altri 60 mila potenziali che si erano iscritti dopo il 1978, ndr). Ma è altrettanto vero che non c’è una sola sentenza che dia ragione allo stato, che i ricorsi stanno crescendo e ogni giorno ce n’è di nuovi e che lo Stato a seguito delle sentenze paga competenze accessorie comprensive di interessi del 25-30%». Se dagli indennizzi può arrivare un esborso 5,5 agli 8 miliardi di euro, la cifra -attualmente a carico della Presidenza del Consiglio – potrebbe lievitare a 12-13 miliardi. Si tratta sempre di grandezze insostenibili, «ma sarebbe importante rendersi conto che prima si mette un freno, nel rispetto dei diritti dei ricorrenti, e meglio è».
Mauro Miserendino Doctor33 – 5 febbraio 2016