Da oggi in aula a Montecitorio il testo sul finanziamento. Taglio agli onorevoli l’accordo prevede 500 deputati e 250 senatori. Più poteri al premier e superamento del bicameralismo perfetto. Dopo il pressing di Napolitano le Camere provano a rispondere. Al Senato c’è l’intesa sulle modifiche alla Costituzione
ROMA — Ad appena 48 ore dal vertice sulle riforme fra il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano e il premier Mario Monti, oggi l’aula della Camera inizia ad esaminare uno dei provvedimenti più attesi: le nuove regole sul finanziamento dei partiti. La coincidenza offre al mondo della politica un trampolino di lancio per l’intero pacchetto di riforme che è assai articolato e molto disperso.
Ma andiamo con ordine e vediamo cosa bolle in pentola e qual è il grado di cottura. Sulla riforma dei partiti in commissione è stata raggiunta una bozza d’intesa che prevede il dimezzamento del rimborso elettorale a partire già dal 2012. Ora si vedrà se l’Aula approverà questo schema e se soprattutto varerà il complesso meccanismo di finanziamento a partire dal 2013 che, tra l’altro, dovrebbe prevedere per ogni partito un finanziamento pubblico (non più un rimborso elettorale) pari al doppio dei fondi versati dai privati. La drastica riduzione dei fondi 2012 comunque costituisce un colpo peri partiti che si erano attrezzati perle elezioni 2013 sulla base dei soldi finora previsti pari a circa 100 milioni complessivi. Sia come sia, il cammino parlamentare di questa riforma è quello più avanzato e poi, fra una decina di giorni, l’Aula esaminerà anche la legge sulla natura giuridica dei partiti.
Più sfumato è lo stato dell’arte sulle Province. L’idea del governo è chiara: eliminare l’intera classe politica provinciale e ridurre le attuali 110 Province a 50/60 macro-aree governate da un presidente senza stipendio, eletto solo dai consiglieri comunali. Ma l’obiettivo (male èmesso in pericolo dalla tortuosità delle strade intraprese per raggiungerlo. La riforma è addirittura divisa in quattro leggi distinte. E così una decina di Province (quelle perle quali è scaduto il mandato elettorale fra cui spiccano quelle di Genova e Ancona) sono già commissaria-te sulla base del decreto Salva Italia che prevede l’eliminazione delle elezioni provinciali. I poteri e il numero delle Nuove Province sono invece defmite da due diverse leggi (una delle quali costituzionale e che quindi richiede ben quattro letture), una alla Camera e l’altra al Senato (quest’ultima si chiama Carta delleAutonomie). Contemporaneamente il governo ha presentato un disegno di legge sulla nuova legge elettorale proporzionale per le future provmce peri cui mini-consigli (massimo 16 poltrone) voteranno solo i consiglieri comunali. «Dietro questa complessità si nascondono tutti coloro che non vogliono l’abolizione delle Province – si lamenta Mauro Libé, deputato Udc dellacommissione Affari Costituzionali – noi fm da oggi riprenderemo la battaglia per chiuderla».
Sulla riduzione del numero dei parlamentari, invece, pare che l’accordo sia pacifico. La CommissioneAffari Costituzionali del Senato sembra favorevole al cosiddetto testo Vizzini che (con leggecostituzionale) prevede: 500 deputati e 250 senatori; più poteri al premier, fine del bicameralismo perfetto e l’introduzione della sfiducia costruttiva ovvero della possibilità di abbattere un governo solo ce n’è un altro pronto.
La sfiducia costruttiva è fondamentale per la riforma delle legge elettorale se si scegliesse la strada del proporzionale alla tedesca. «Ma su questo fronte occorrerà attendere i ballottaggi – spiega Gianclaudio Bressa del Pd – Noi siamo favorevoli al doppio turno alla francese o a un proporzionale con forti correzioni maggioritarie. Gli altri partiti non hanno ancora deciso ma andare a votare col Porcellum mi pare folle».
Il Messaggero – 14 maggio 2012