La legge di stabilità fa sentire tutto il suo peso sul cammino dell’attuazione. Con un bagaglio di 144 provvedimenti applicativi, la manovra di fine anno interrompe la progressione fin qui registrata dal governo Renzi nell’adozione degli atti necessari a rendere efficaci le riforme economiche varate dagli ultimi tre esecutivi. Il tasso di attuazione scende, infatti, dal 72,6% di dicembre al 66,7 di metà febbraio, mentre lo stock degli atti ancora da predisporre sale a 372.
La caduta è ancora più sensibile se si considerano soltanto le misure per lo sviluppo messe in campo dal governo Renzi. In questo caso, la percentuale scende al 45,7%, rispetto al 60,2 di fine dicembre. E questo perché la legge di stabilità fa salire in modo considerevole lo stock complessivo di atti applicativi delle riforme che l’attuale esecutivo ha varato e che ora si trova a gestire. Situazione non semplice non solo per i tanti provvedimenti a cui metter mano, ma anche perché un terzo di questi è già scaduto.
Taglia-leggi vanificato
Il fardello di provvedimenti attuativi della Stabilità ha in parte vanificato gli effetti positivi del decreto taglia-leggi (n. 10/2016), diventato operativo a fine gennaio. Decreto che cancellava un pacchetto di disposizioni applicative riferibili soprattutto alle riforme Monti e Letta e considerate ormai superate.
La frenata
Il processo di attuazione ha così registrato a metà febbraio la prima flessione dopo due anni di aumento del lavoro di smaltimento dei regolamenti attuativi. Quando, infatti, nel febbraio del 2014 l’attuale governo si insediò, si ritrovò – secondo il monitoraggio del Sole 24 Ore – con un’eredità di 513 provvedimenti applicativi previsti dalle riforme economiche di Monti e Letta, molte delle quali varate sotto l’urgenza dello spread e della crisi globale, con l’obiettivo di far ripartire il Paese. In quel momento il tasso di attuazione era arrivato al 39,8 per cento. In un biennio, quella percentuale è raddoppiata (80,3%), facendo sì che ora di quell’eredità restino solo 134 atti da far arrivare al traguardo.
Nel frattempo, però, lo stock è aumentato perché sono sopraggiunte le riforme dell’attuale esecutivo, che a fine dicembre contavano 294 provvedimenti attuativi, di cui più della metà (177) adottati. E questo aveva consentito di far salire il tasso di attuazione delle misure targate Renzi al 60,2 per cento. La legge di stabilità ha, però, riavvolto il nastro, perché non solo ha aggiunto al lavoro nuovi carichi, ma ha imposto tempi difficili da rispettare da parte del legislatore, tant’è che al momento sono stati adottati solo quattro provvedimenti su 144 (si veda l’altro articolo in pagina).
L’effetto matrioska
La legge di stabilità non è l’unica complicazione sul cammino della piena efficacia delle riforme. C’è, infatti, da tener conto anche di quegli interventi riformatori introdotti da leggi delega. In questo caso accade che i decreti legislativi attuativi della delega prevedano, a loro volta, altri decreti e regolamenti ministeriali necessari per dare piena operatività alle misure.
Le quattro deleghe che finora hanno tagliato il traguardo (Jobs act, Fisco, in parte scuola e Pa) richiedono, per essere tradotte in pratica, 46 decreti delegati, che a loro volta gemmano decine di ulteriori provvedimenti attuativi. Il Jobs act, la delega fiscale e la Buona-scuola ne contano 137.
La riforma della pubblica amministrazione prevede 18 decreti delega, di cui 11 sono già stati approvati in prima lettura dal Consiglio dei ministri e ora sono al parere del Consiglio di Stato, che nei giorni scorsi si è espresso sul decreto relativo alla trasparenza. Questi undici decreti una volta entrati in vigore avranno a loro volta bisogno, per poter andare a regime, di altri 50 provvedimenti.
Altrettanto pesante il carico contenuto nel decreto delegato che riforma il codice degli appalti, prossimo all’approvazione del Consiglio dei ministri. Nella bozza di provvedimento si possono contare 49 decreti necessari per far funzionare la delega.
Il Sole 24 Ore – 1 marzo 2016