Le opposizioni puntano a far saltare il patto del Nazareno tentando di far slittare le riforme dopo l’elezione del presidente della Repubblica. La trattativa sul Quirinale frana sulle riforme. L’esame dell’Italicum al Senato e del ddl costituzionale alla Camera procede, ma i tentativi per arrestarne la corsa si moltiplicano così come le riunioni più o meno segrete.
Non c’è solo la guerra tra i partiti, ma soprattutto la guerra nei partiti a far salire la tensione alle stelle. L’obiettivo è non solo e non tanto il merito delle due riforme quanto e in primis il Patto del Nazareno, che ha al centro l’elezione del Capo dello Stato. E la condizione per farlo saltare è impedire che le riforme, a partire dall’Italicum, riescano a superare il vaglio delle rispettive Camere prima del 29 gennaio, quando il Parlamento sarà chiamato a riunirsi in seduta comune per l’elezione del Capo dello Stato.
La minoranza del Pd minaccia di non votare la legge elettorale se verranno confermati i capilista bloccati mentre dentro Fi lo scontro è ormai apertissimo nonostante il faccia a faccia di tre ore ieri tra Silvio Berlusconi e Raffaele Fitto. Il partito del Cavaliere è nel caos totale. Nella riunione convocata l’altra sera a Palazzo Grazioli da Berlusconi con i senatori per l’Italicum non solo i fittiani hanno ribadito di non voler votare le riforme ma è andato in scena anche un duro botta e risposta tra Denis Verdini e Renato Brunetta, il capogruppo dei deputati che aveva comunque voluto partecipare per ribadire la sua contrarietà a licenziare l’Italicum con il premio di maggioranza alla lista e il Ddl costituzionale prima del voto per il successore di Giorgio Napolitano. Uno scontro che è proseguito anche ieri, con Brunetta che in aula ha appoggiato la richiesta di sospensione dei lavori presentata da Ignazio La Russa (FdI) ma contro la quale si sono schierati anche deputati di Fi tra i quali oltre ad Abrignani e D’Alessandro, vicinissimi a Verdini, anche la berlusconiana Maria Stella Gelmini. Brunetta però è andato avanti, anzi ha rilanciato nel corso della capigruppo, chiedendo di rivedere il calendario dei lavori per concedere ai gruppi il tempo di riunirsi per confrontarsi sul Quirinale. Una richiesta analoga in realtà era già stata fatta ventiquatt’ore prima da Sel, Lega e Cinque stelle ma in quel caso Fi aveva appoggiato la posizione della maggioranza.
«Se Fi pensa di rinviare le riforme per alzare la posta sul Quirinale sbaglia di grosso, so7 Sono previsti dall’accordo tra Renzi e Berlusconi sull’Italicum e la norma dovrebbe entrare nel testo attualmente all’esame del Senato. La nuova legge elettorale disegna una geografia di 100 collegi plurinominali: i capilista bloccati (e scelti dai partiti) e le preferenze per gli altri candidati (ne dovranno essere indicati due per assicurare la rappresentanza di genere). Ammesse le candidature plurime: i capilista potranno essere candidati in più collegi fino a un massimo di dieci no due terreni ben distinti», attacca il capogruppo dem Roberto Speranza. Ma è un incrocio in re ipsa per l’accavallarsi dei tempi. Un appuntamento al quale occorre presentarsi senza perdere pezzi se si vuole aver voce nella trattativa sulla scelta del futuro inquilino del Quirinale. È per questo che Berlusconi ha incontrato Fitto. Tre ore di colloquio che però non sono servite a riavvicinare le posizioni visto che i fittiani continuano a ripetere di voler votare contro tanto alla Camera che al Senato. In tutto sono una quarantina, ma come dimostra anche la presa di posizione di Brunetta, Fitto può allargare il consenso tra quegli azzurri che vivono assai male la stagione del Nazareno.
Anche Renzi però ha bisogno di non disperdere troppi voti. E in questa chiave va letto l’incontro con Vannino Chiti sull’Italicum. I senatori del Pd ritengono «inaccettabile» la norma sui capilista bloccati e minacciano di non votare la nuova legge elettorale. Un tentativo di mediazione è in corso ma le chance che riesca sono minime. La proposta, messa a punto dall’Ncd Gaetano Quagliariello, prevede di aumentare il numero delle multicandidature (ora fermo a 10) affidando la scelta del collegio per il quale optare non al deputato eletto bensì agli elettori: l’elezione avverrebbe nel collegio in cui ha ricevuto più voti. «Questa è la miglior sintesi possibile….», avverte la presidente della commissione Affari costituzionali Anna Finocchiaro. Il tempo sta per scadere e Renzi oggi alla direzione traccerà la linea definitiva. Il premier vuole mantenere il Patto del Nazareno. Lo vuole anche Berlusconi ed entrambi sono disposti anche a perdere qualche pezzo strada facendo.
Il Sole 24 Ore – 16 gennaio 2015