Nove Ulss adesso. Più altre due, o forse una sola. Ma tra un po’. È su questa ipotesi che la maggioranza verde-azzurra che governa la Regione Veneto e l’opposizione che va dal Pd ai tosiani al M5s sta cercando un’intesa per sbloccare la riforma sanitaria, impantanata nonostante il “canguro” che ha sì fatto piazza pulita delle centinaia di emendamenti della minoranza, ma ha anche inasprito i rapporti istituzionali tra le parti. Un risultato, però, la manovra della “tagliola” giocata martedì scorso dalla giunta e la forzatura del presidente Roberto Gambetti di cestinare le proposte dell’opposizione, senza contare l’intervento ad alzo zero di Cgil, Cisl e Uil (“Basta parlare di numero delle Ulss, si aprano gli stati generali della sanità”) l’hanno sortito: la trattativa è partita. Così com’era successo nei mesi scorsi per l’Azienda Zero, adesso si cerca un’intesa sul numero delle Ulss. La Lega aveva detto che dovevano essere 9 e solo 9? In un prossimo futuro potrebbero diventare 10 o 11.
Almeno, sulla carta. Il segnale che si sta trattando, pare sul serio, l’ha dato il tabellone dei lavori consiliari: ieri la seduta doveva iniziare alle 10.30, ma non c’è mai stata. I lavori sono stati subito sospesi e aggiornati alle 15, alle 15 l’aula era ancora desolatamente deserta e infine ci si è dati appuntamento a mercoledì prossimo. L’intera giornata è trascorsa in conciliaboli, incontri ristretti e incontri allargati, proposte della minoranza e controproposte della maggioranza, ma anche brindisi (Maurizio Conte, di un’abbronzatura cubana, compiva gli anni) ed inoperose attese per quanti non facevano parte delle delegazioni trattanti. Il tutto secondo i riti della politica che sono l’esatto contrario del pragmatismo ma danno il senso della svolta: di prima mattina a Palazzo Ferro Fini cala il segretario veneto della Liga Gianantonio Da Re, il direttore generale della Sanità Domenico Mantoan è onnipresente e non disdegna un caffè con i tosiani, gli assessori Coletto e Lanzarin partecipano dove è necessario partecipare.
Atto primo. Pd & C. presentano la prima proposta alle 10 del mattino: chiedono 7 Ulss, una per provincia, ed eventuali altre Ulss richieste dalle conferenze dei sindaci entro i tempi e con i criteri fissati nel giro di due mesi dal consiglio regionale.
Atto secondo. La Lega dice no (l’istituzione delle Ulss spetta alla Regione, non ai Comuni) e presenta una controproposta: 7 Ulss, cioè una per provincia, e 2 sperimentali (Bassano e Veneto orientale) per la durata dei contratti dei direttori generali, cioè fino al 2020, così da capire quali sono i bacini ottimali.
Atto terzo. Controproposta dell’opposizione: nell’articolo 12 della legge prevedere una Ulss per provincia. Inserire un articolo 12-bis che prevede due Ulss sperimentali, Bassano e Veneto orientale. Alla conferenza dei sindaci dare la facoltà di richiedere, entro il 30 giugno 2017, l’istituzione di nuove Ulss secondo precisi criteri e che sarà poi legiferata dal consiglio regionale previo passaggio in giunta.
Atto quarto. La Lega dice no: dare il potere ai sindaci scatenerebbe il territorio. Ma lancia una nuova controproposta: oltre alle 9 Ulss (le 7 provinciali e le 2 di Bassano e Veneto orientale), attuare una sperimentazione a Padova e Verona collegando parte del territorio, che ricade sotto le rispettive Ulss, alle Aziende ospedaliere. In pratica le Aziende ospedaliere diventerebbero anche delle Ulss, come già avviene in Friuli e come stanno sperimentando in Lombardia. Quanto ai criteri che sottendono ciascuna Ulss, la maggioranza ha dettato: almeno 500mila abitanti, ok dei 2/3 dei sindaci che rappresentano la maggioranza della popolazione, almeno 10 milioni di turisti.
Atto quinto. La minoranza ha aspettato che la nuova controproposta venisse messa per iscritto per vagliarla con attenzione. I tosiani cercheranno di capire se la decima Ulss veronese sarà fattibile, il Pd si concentrerà sui criteri. C’è un ma: se la riforma costituzionale sarà approvata e la sanità diventerà di esclusiva competenza parlamentare, potrà il Veneto istituire una decima Uiss? (Alda Vanzan – Il Gazzettino)
SI TRATTA PER FARE 9 ULSS “A TEMPO”, CON SPIRAGLIO PER I SINDACI. IL VOTO FINALE SERVE ENTRO IL 15 OTTOBRE
Riunioni ai tavoli della bouvette e nell’ufficio del vicepresidente della minoranza. Poi grande attività ai piani superiori, dove ci sono i locali dei singoli partiti. E, ovviamente, nelle stanze accanto alla sala del consiglio che ieri, nonostante la convocazione, è rimasta desolatamente silenziosa. A palazzo Ferro-Fini per oltre sei ore i consiglieri hanno lavorato fuori dall’aula per trovare un accordo politico, un’intesa su cosa scrivere nella legge che riformerà la sanità veneta. Proprio come nelle più classiche delle trattative politiche, c’era chi proponeva e poi chi rilanciava e così via. A sera ancora non c’era un documento condiviso. La bozza, nell’ultima versione, usciva dagli uffici della maggioranza. Ora dovrà passare il vaglio delle opposizioni. Mercoledì si tornerà in aula. Ma come andrà a finire è tutto da scrivere. Sì, perché, se l’emendamento “canguro” (cioè salta-ostruzionismo) ha avuto il merito di obbligare la maggioranza e l’opposizione a parlarsi per evitare di inasprire i rapporti per il resto della legislatura, dall’altra è pur vero che un’intera giornata non è bastata a trovare una quadra.
I CONTENUTI. Un punto fondamentale, però, sembra essere definito. E la linea dettata dal governatore Zaia: «Con la riforma della sanità il Veneto avrà nove Ulss». Pur con qualche declinazione diversa – chiamale “sperimentali”, come piace alla maggioranza, o “oggetto di verifica”, per una parte dell’opposizione – le due Ulss oltre alle sette provinciali al centro del dibattito da settimane, Bassano e Veneto Orientale, sono entrate come punto fondante dell’intesa. Attenzione però. Ad oggi l’intenzione è quella di renderle, appunto, a tempo, cioè operative per la durata del contratto dei direttori generali. Obiettivo? Riuscire a capire quale sia la reale portata sul territorio di tale suddivisione e rinviare al 2020 ogni decisione. II resto dell’intesa viaggia ancora su binari, sicuramente più vicini di prima, ma ancora senza un punto di incontro concreto. Almeno fino a ieri sera. Ma cosa vuoi dire vicini? C’è un secondo punto che pare condiviso nella sostanza: concedere la possibilità di attivare altre Ulss, nel tempo, attraverso un’altra legge, diversa da questa in discussione. Quindi passare da 9 a 11. Ma sul come la diplomazia è ancora al lavoro.
LA POLITICA. Il primo vertice si è tenuto ieri alle 10. Da una parte del tavolo c’era la maggioranza al completo, i due capigruppo Nicola Finco (Le ga) e Silvio Rizzotto (lista Zaia), i due assessori Luca Coletto (sanità) e Manuela Lanzarin (sociale), i tecnici. Dall’altra i rappresentanti dell’opposizione: i dem Stefano Fracasso e Claudio Sinigaglia, il grillino Jacopo Berti, la tosiana Giovanna Negro. Sono questi ultimi a proporre per primi l’idea di aumentare le Ulss oltre alle nove. Come? Lasciando che siano le Conferenze dei sindaci, si ipotizza entro giugno 2017, a proporre le nuove aziende da istituire. La Lega non ci sta: «Deve essere il Consiglio regionale a decidere e non delegare il territorio su temi così delicati». Seguono vari tentativi di incontro. Quello in cui crede la maggioranza, in particolare FI, è l’aumento di due Ulss: una a Padova e l’altra a Verona.
«Lì – è la tesi della coalizione – le aziende ospedaliere potrebbero ottenere territorio smettendo di essere degli ectoplasmi che tolgono risorse alle Ulss». Peccato che non sia la famosa Ulss gardesana chiesta a gran voce, per motivi turistici, dai tosiani. L’opposizione punta a identificare invece una serie di criteri in base ai quali poter costituire una nuova Ulss.
COMMENTI Per Antonio Guadagnini (Siamo Veneto) è davvero tempo di chiudere: «II regolamento del Consiglio contiene alcune norme che consentono di limitare le manovre ostruzionistiche: il cosiddetto “canguro” e l’inversione degli emendamenti. Ho sostenuto in aula la necessità di usarli perché dopo quasi quattro mesi di inutili discussioni l’immagine del Consiglio agli occhi dei veneti sta scadendo». Sulla stessa linea anche la capogruppo del Pd, Alessandra Moretti, che si dice ottimista, ma denuncia: «L’opposizione è rimasta delusa dal comportamento del presidente del Consiglio, Roberto Ciambetti, dei giorni scorsi: ha smesso di fare l’arbitro forzando il regolamento con una interpretazione discutibile sull’emendamento “canguro”, diventando di fatto il capogruppo della maggioranza. Un atto grave». · II centrodestra (Forza Italia) tenta anche la via di trasformare in “territoriali” le due aziende ospedaliere Tutto inutile?
C’E’ IL REFERENDUM «Tanta fatica per niente?». Era la domanda che ieri serpeggiava nei corridoi di palazzo Ferro Fini dove, invece della seduta di Consiglio numero 27 della riforma della sanità, si stavano tenendo riunioni politiche. Da giugno l’attività del Consiglio è paralizzata, ma se il referendum costituzionale promosso dal premier Renzi dovesse passare, si rischierebbe di vendere tutto vanificato. «La competenza sulla sanità, se vincesse il “Si”. passerebbe dalle Regioni allo Stato», sostengono dalla maggioranza. Dal centrosinistra minimizzano sostenendo che la riforma non prevede questo. Non solo. Si rischia di lavorare inutilmente se non si sbloccherà in fretta la situazione. Stando ai conti dei tecnici, per consentire alla Regione di non ritrovarsi a gennaio con 21 direttori di UIss da nominare, la nuova legge va approvata, causa motivi tecnici e burocratici, entro e non oltre il 15 ottobre. (Cristina Giacomuzzo – Il Giornale di Vicenza)
ULSS, IPOTESI 7+2. MEDIAZIONE TRA LEGA E OPPOSIZIONE, SÌ A BASSANO E SAN DONÀ, CADE IL VETO ALLA NASCITA DI NUOVE AZIENDE
Uno spiraglio per uscire dalla palude dov’è sprofondata la riforma sanitaria. Dopo 90 ore di discussione e 26 sedute, tra ostruzionismo e ricorso al “canguro” salta- emendamenti, ora si profila un compromesso sul versante dell’accorpamento delle Ulss. La maggioranza forzaleghista è decisa a ridurre le attuali 21 a 9, una per provincia più le “deroghe” concesse alla Pedemontana bassanese e al litorale del Veneto Orientale. L’opposizione, tosiani in primis, replica con un ventaglio di tre opzioni: 7 Ulss senza eccezioni; 9 con l’inclusione dell’unità sanitaria del Garda; 12 ovvero due nelle province maggiori ed una per Belluno e Rovigo.
Nulla da fare, l’ipotesi gardesana («Un regalo a Flavio Tosi») ha incassato il veto dell’assessore alla sanità Luca Coletto, nonostante l’altro leghista veronese, Alessandro Montagnoli («A chiedere una seconda Ulss sono i sindaci, il bacino di un milione di utenti rischia di essere ingovernabile») abbia difeso in aula le ragioni del territorio. Che fare, allora? Il rischio di una prolungata paralisi dell’assemblea a fronte degli impegni indilazionabili in agenda – rinnovo del cda di Veneto Sviluppo, Piano cave, legge finanziaria e bilancio, in primis – ha indotto il governatore Luca Zaia a suggerire al gruppone leghista la ricerca di una mediazione.
Cosi, ieri, il presidente Roberto Ciambetti ha sospeso la seduta aggiornando i lavori a mercoledì mentre i capigruppo sono al lavoro e spunta un primo schema di risoluzione condivisa. Di che si tratta? L’idea è di tornare all’originaria soluzione delle 7 Ulss provinciali – denominate Dolomiti, Berica, Marca Trevigiana, Serenissima, Euganea, Polesana, Scaligera – prevedendo l’avvio «sperimentale» per la durata di un anno delle fatidiche aziende a Bassano e San Dona, legittimate non dalle pressioni elettorali ma da criteri “oggettivi” quali l’entità del bacino (i 400 mila abitanti previsti dal piano socio-sanitario), la presenza marcata di flussi turistici e la natura di zona di confine. Tutto qui? Non proprio. La bozza in discussione (magari firmato congiuntamente dai relatori di maggioranza e minoranza, a garanzia di trasversalità) prevede che nell’immediato futuro altri bacini possano richiedere l’istituzione delle Ulss, purché in possesso dei requisiti richiesti e in presenza del voto favorevole dei quattro quinti dei sindaci; certo l’ultima parola spetterebbe al Consiglio ma la porta, fin qui sprangata, ora appare socchiusa. «Finalmente si è riaperto il dialogo, lavoreremo spediti per approvare una riforma condivisa», commenta la capogruppo dem Alessandra Moretti. «La nostra è una proposta seria», fa eco Jacopo Berti (M5S) «abbiamo chiesto che tutti i veneti vengano trattati allo stesso modo e che abbiano uguali diritti, indicando una mediazione costruttiva». Anche Forza Italia spinge per una soluzione. E i leghisti? Bocche cucite e, qua e là, sintomi di mal di pancia. Ma qualcosa, faticosamente, si muove. (Filippo Tosatto – Il Mattino di Padova)
CAOS RIFORMA: NUOVA IPOTESI SULLE AZIENDE OSPEDALIERE
Era arrivato pure Toni Da Re in persona, ieri mattina a Ferro Fini, per chiarire una volta per tutte il concetto: 9 Usl, né una di più, né una di meno. Ma siccome perfino il simil-canguro ammesso dal presidente Roberto Ciambetti rischiava di impantanarsi nella palude dell’ostruzionismo e del contro-ostruzionismo, alla fine i leghisti (ed il resto della coalizione) hanno rimodulato l’imperativo del segretario nazionale del Carroccio, lanciando una proposta che assomiglia ad una formula algebrica, più che ad una riforma sanitaria: 7+2+x. Il fatto è che, sotto quella variabile, la maggioranza vorrebbe un’integrazione delle aziende ospedaliere di Padova e Verona con i territori, mentre l’opposizione preferirebbe dei criteri oggettivi in base a cui valutare l’istituzione di nuove aziende, sicché la trattativa continua.
Il che è già qualcosa, comunque, considerando che le relazioni sembravano compromesse, dopo le tensioni regolamentari di martedì scorso. Ma i due fronti hanno deciso di ricominciare a parlarsi, tanto che nel corso di quest’ultima seduta il consiglio regionale non si è riunito nemmeno per un minuto, lasciando spazio ad una giornata di continui negoziati fra un piano e l’altro del Palazzo.
In estrema sintesi, ecco la sequenza di offerte e rilanci. L’opposizione propone di approvare la legge con 7 Usl, riaprendo però i termini per le osservazioni delle conferenze dei sindaci, eventualmente interessate a chiedere sdoppiamenti nelle singole province. La maggioranza risponde che alle 7 vanno aggiunte le 2 di Veneto Orientale e Pedemontana Bassanese, ancorché in chiave sperimentale, da valutare entro il 2020. Le minoranze mostrano disponibilità a questo schema, ma con l’aggiunta di una serie di parametri che permettano ai primi cittadini di chiedere ulteriori Usl entro il 30 giugno 2017. L’asse di governo ipotizza alcuni di questi requisiti (almeno 500.000 abitanti, non meno di 10 milioni di presenze turistiche, richieste presentate dai due terzi dei Comuni in rappresentanza della maggioranza della popolazione), ma ritiene imprescindibile la necessità di integrare le due aziende ospedaliere con i rispettivi territori provinciali.
Quest’ultima è la base su cui nel pomeriggio è stata scritta la bozza di un maxi-emendamento che, se venisse sottoscritto dal relatore zaiano Fabrizio Boron e dal controrelatore dem Claudio Sinigaglia, permetterebbe di arrivare al varo della riforma nel giro di una settimana. I gruppi avranno tempo di pensarci su fino a mercoledì. (Angela Pederiva – Corriere del Veneto)
23 settembre 2016