In consiglio regionale ormai si danno i numeri: 22 (le sedute consecutive dedicate alla riforma della sanità, se ne parla da giugno); 7 (le Usl che, stando al programma elettorale, vorrebbe il governatore Luca Zaia, una per provincia); 9 (quelle a cui ha infine acconsentito su pressione di alcuni consiglieri, aggiungendo Bassano e il Veneto Orientale); 1 (quella che vorrebbe in più i consiglieri tosiani, tre su quattro veronesi, ossia l’Usl del Garda); 25 (i nuovi emendamenti depositati ieri dall’opposizione, della serie: «Sostituire “primo gennaio” con “2 gennaio”»); 1241 (quelli complessivi dall’inizio del confronto in aula). Chi ci crede, può giocarseli al Lotto. Magari aggiungendone altri due, recentissimi, che rischiano di avere un’importanza capitale nell’approvazione della riforma più importante di questa legislatura e, probabilmente, dell’intero decennio targato Zaia: 11 e 20. Il primo numero riguarda il possibile punto di caduta dell’estenuante tira-e-molla sul numero delle Usl.
Le sette provinciali, più Bassano, più il Veneto Orientale, più una seconda Usl a Verona, più una seconda Usl (a sorpresa) nel Padovano. L’assessore di reparto Luca Coletto, che da settimane sta opponendo un muro invalicabile a qualunque ipotesi di ritocco alle proposte originarie (siano le 7 di Zaia o le 9 rivedute e corrette) pare non sarebbe del tutto contrario, anche se a richiesta si limita ad un imperscrutabile: «Sono l’unico che finora non ha fatto numeri in aula e non inizierò ora. Io pongo un problema di metodo, oltre che di rispetto degli impegni presi con gli elettori. Ho parlato anche stamattina con Zaia». Della serie: il presidente è con me. Il secondo numero, il 20, si riferisce invece alla data di settembre, ormai dietro l’angolo entro la quale va assolutamente approvata la riforma, deadline che sta mettendo sotto pressione i consiglieri di maggioranza, costringendoli a considerare l’ipotesi di fare passo verso l’opposizione (il veronese Alessandro Montagnoli, ad esempio), nonostante anche ieri abbiano forzato tenendo il numero legale fino a tarda sera. Il motivo è tecnico: se la legge viene approvata successivamente a quella data, poi deve passare entro 60 giorni il vaglio costituzionale del governo che potrebbe decidere di impugnarla, anche in un articolo soltanto. Questo comporterebbe l’avvio della (ennesima) battaglia tra Venezia e Roma davanti alla Consulta, dall’esito incerto ma con una conseguenza immediata sicurissima: il ridisegno delle Usl, che ha un impatto enorme sul funzionamento della macchina della sanità, non entrerebbe in vigore alla data prevista, il primo gennaio 2017, e si dovrebbe continuare col regime attuale, che vede 14 Usl commissariate.
Questa mattina, a quel che si dice a Palazzo, nuovo vertice convocato da Zaia, dopo quello finito nel nulla la scorsa settimana, e pare che su richiesta dei suoi capigruppo il governatore stia meditando la possibilità di tornare in aula e sbrogliare la matassa. Intanto l’opposizione continua a cannoneggiare: «Lanciamo una sfida a Zaia, torni alle 7 Usl originarie e noi gliele votiamo. Ma se ha cambiato idea venga qui a spiegarcelo» (Graziano Azzalin, Pd). «La rigidità della maggioranza sta compromettendo la riforma, è incomprensibile il distacco di Zaia» (Claudio Sinigaglia, Pd). «L’Usl unica provinciale amplifica la distruzione dei servizi e spiana la strada alla sanità privata» (Manuel Brusco, M5s). I tosiani, invece, sottolineano come a giugno le Usl abbiano segnato un rosso di 563 milioni: «Dove sono gli enormi risparmi promessi? – attaccano Casali, Negro, Bassi e Conte -. La nuova organizzazione fa già acqua da tutte le parti». Dalla Regione, però, replicano che si tratta di un andamento finanziario fisiologico: «A fine anno i conti saranno in ordine come sempre – assicura Coletto – e questo nonostante i tagli nazionali».
Marco Bonet – Il Corriere del Veneto – 8 settembre 2016