Il governo Letta è alle prese con la modifiche delle norme sul lavoro e sulle pensioni. Tante le ipotesi in campo, fra cui quella della flessibilità a fronte di penalizzazioni
Sono giorni decisi per il governo italiano nella definizione delle politiche sul lavoro. Il nuovo esecutivo punta a revisionare la legge Fornero sia dal punto di vista delle norme su assunzioni e incentivi che delle regole sulle pensioni. La stella polare seguita è quella della flessibilità per consentire al lavoratore di ritirarsi con qualche anno di anticipo a prezzo di una penalizzazione nell’assegno.
Sulle pensioni, il ministro del Lavoro Enrico Giovannini ha messo sul tavolo dei ragionamenti un paio di proposte. La prima prevede di puntare sul meccanismo della riforma Fornero in base al quale è previsto un prelievo del 2% della quota retributiva per ogni anno di ritiro anticipato rispetto ai 62 anni di età con 42 anni di contribuzione associato a una cospicua penalizzazione economica. La seconda si basa sulla diminuzione dell’assegno pensionistico intorno al 12%. Una percentuale via via minore nel caso di ritardata uscita dalla scena lavorativa. Come sottolineato da Giovannini al termine dell’incontro di mercoledì con le parti sociali, “abbiamo tempi drammaticamente stretti. Il tempo non è una variabile indipendente, anzi i prossimi mesi saranno decisivi. Se per settembre le imprese e i lavoratori non avranno segnali d’inversione l’autunno mi preoccupa molto”.
La riforma delle pensioni, ispirata dal criterio della flessibilità, potrebbe iniziare dalla proposta di legge, già depositata, elaborata dal presidente della Commissione lavoro della Camera, Cesare Damiano. Secondo questa idea, è possibile andare in pensione tra i 62 e i 70 anni, con almeno 35 anni di contributi, con penalizzazione nell’età compresa tra i 62 e i 65 anni, e un incentivo tra i 67 e i 70 anni. La tabella degli incentivi e dei disincentivi prevede nel caso di pensionamento effettivo a 62 anni si applicherà la percentuale di riduzione pari all’8%. A 63 quella del -6%, a 64 anni del -4%, a 65 del 2%. A 66 anni, invece, non ci saranno bonus o malus. Dopodiché scatteranno gli incentivi secondo questo schema: a 67 anni +2%, a 68 anni +4%, a 69 anni +6%, a 70 anni.
Nell’ambito del lavoro, le ipotesi di ristrutturazione non mancano. Si va dalla staffetta generazionale ovvero l’offerta di un contratto part time a suo lavoratore anziano in cambio dell’assunzione a tempo indeterminato di un giovane, al cambiamento del sistema dei contratti a termine con la riduzione degli intervalli obbligatori tra una proposta e l’altra, dagli incentivi per le imprese che assumono giovani al credito d’imposta per il sostegno delle buste paga dei dipendenti a basso reddito, dalla semplificazione dell’apprendistato professionalizzante alla sospensione del contributo aggiuntivo pagato dalle aziende sui contratti flessibili passando per la revisione dei centri dell’impiego.
Riforma-pensioni, tassa redditi alti. Allo studio prelievo oltre 60mila euro
Allo studio un prelievo su pensioni e redditi oltre 60mila euro lordi. L’azione del governo sulla riforma delle pensioni è ufficialmente partita negli incontri con le parti sociali.
Se, come ha annunciato il ministro del Lavoro Enrico Giovannini, gli interventi, almeno in questa prima fase, saranno realizzati “con il cacciavite”, dall’altra parte c’è sempre losguardo severo di Bruxelles che si volge sulla contabilità italiana. Tutto ciò, mentre nel nostro Paese è in atto ormai da un anno e mezzo un vero e proprio dramma sociale inedito negli altri Stati europei, quello degli esodati, che richiedono al più presto un salvataggio definitivo e alla cui difesa, nelle ultime ore, è arrivato anche un post sul blog di Beppe Grillo.
Come apparso chiaro sin dalle prime fasi di studio per le modifiche alla riforma Fornero delle pensioni, però,nessun correttivo alla legge che ha sconquassato il welfare nazionale potrà essere realizzato senza fai corrispondere, al versante opposto, qualche misura in favore dell’occupazione giovanile.
Così, dopo anni sono tornate all’ordine del giorno parole come “staffetta” e “solidarietà generazionale”, o, ancora, “patto tra giovani e anziani”, per simboleggiare un restyling della legge che non potrà non tenere conto delle fasce più socialmente esposte, cioè quelli che si incrociano nelle porte scorrevoli dell’età lavorativa: i futuri pensionati e i 20-30enni attualmente ancora senza occupazione.
Dunque, se questa è la volontà del governo, espressa anche in prima persona dal premier Enrico Letta, la rigidità che arriva dalle istituzioni europee nei confronti di nuove manovre italiane si riassume tutta nel fatto che, nonostante nei prossimi giorni verrà accantonata la procedura di deficit eccessivo,contemporaneamente si apriranno le raccomandazioni rivolte al ministro dell’Economia Saccomanni, cioè quella di tenere ben saldi i cordoni della borsa evitando progetti troppo ambiziosi.
Dunque, se appare ormai chiaro che verrà riportato un minimo di flessibilità in uscita dal lavoro, con possibilità di andare in pensione già a 62 anni, ma con una quota di penalizzazione via via sempre più ridotta con il passare degli anni lavorati in più, è anche vero che già questo intervento potrebbe rivelarsi sin troppo dispendioso per le casse pubbliche. Così, allo studio sarebbe una tassa di scopo progressiva sui redditi alti – pensioni incluse – oltre i 60mila euro lordi che potrebbe coprire un range sugli assegni di trattenute tra gli 8 e i 150 euro.
Questo provvedimento, potrebbe andare a coprire parte delle risorse necessarie a promuovere sia le uscite flessibili che una maggiore convenienza per le imprese a inserire nei propri organici giovani attualmente senza lavoro, i quali potrebbero legarsi, nel periodo iniziale, ai lavoratori uscenti mettendo in pratica un vero e proprio turnover alla scrivania.
Intanto, però, c’è la priorità esodati ancora da sbrogliare e anche Beppe Grillo, dal suo blog organo principale del MoVimento 5 Stelle, prende le parti di questi esercito di onesti lavoratori che lo Stato ha lasciato senza copertura previdenziale e senza stipendio. “Per gli ex parlamentari che incassano il vitalizio, come Scalfari o Veltroni, il diritto acquisito è inamovibile – scrive Beppe Grillo – Chi doveva andare in pensione a 60 anni per diritto acquisito ci andrà a 68 anni, chi ha tre pensioni va alle Maldive a dicembre per diritto acquisito. Per gli esodati il diritto acquisito c’era una volta, con tanto di impegni firmati dalle aziende e dallo Stato, e all’improvviso non c’era più.”
LeggiOggi – 24 maggio 2013