Il decreto legge sulla quota 100 e sul reddito di cittadinanza ha iniziato la scorsa settimana l’iter parlamentare per la conversione in legge presso la Commissione Lavoro del Senato. I partiti politici hanno già annunciato la presentazione di una fitta serie di emendamenti per correggere in diversi punti il provvedimento. Tra gli interventi più papabili c’è un ampliamento della neonata facoltà di riscatto agevolato della laurea che potrebbe interessare tutte le platee dei lavoratori sino a 50 anni (dagli attuali 45) e la questione del termine di pagamento del TFS per i dipendenti pubblici che nonostante il decreto governativo resta particolarmente penalizzante.
A tal riguardo il DL 4/2019 prevede, infatti, che i termini di erogazione della buonuscita che i dipendenti pubblici che aderiscono alla quota 100 decorrano non dalla data di cessazione dal servizio ma dalla data teorica di maturazione dei requisiti pensionistici fissati dalla legge Fornero. Dunque al raggiungimento, di regola, almeno di 67 anni di età, con uno slittamento, pertanto, nell’erogazione sino a 7 anni rispetto al settore privato. L’unica novità del DL 4/2019 in questo senso è la possibilità di ricorrere ad un prestito bancario tramite una apposita convenzione quadro entro un massimo di 30mila euro sulla falsariga di quanto già previsto per l’ape volontario, l’anticipo della pensione pagato dalle banche. I lavori parlamentari punterebbero, in particolare, ad incrementare l’entità del prestito erogabile in anticipo (da 30 a 50 mila euro) fermo restando comunque la farraginosità della procedura per la richiesta dell’anticipo. Che chiederebbe una certificazione Inps circa l’importo maturando. Certificazione che, peraltro, non potrebbe essere emessa dall’Istituto per il settore parastatale (es. Inail, Camere di Commercio) atteso che l’Inps non è competente per tali prestazioni. C’è poi la delicata questione della detassazione che per come è stata formulata la norma taglierebbe fuori i dipendenti pubblici assunti dopo il 2000 in regime di TFR. Alcuni emendamenti parlamentari potrebbero arrivare in tal senso.
Pensioni Anticipate
Sul fronte previdenziale va segnalata la questione dei 15 lavori gravosi paradossalmente danneggiati dall’intervento normativo in quanto, avendo già guadagnato lo scorso anno la sospensione dello scatto della speranza di vita Istat, vedono comunque l’applicazione della finestra mobile trimestrale dal 1° gennaio 2019 subendo quindi uno slittamento di tre mesi nel pensionamento rispetto a quanto previsto originariamente.
Il PD ha fatto sapere di voler sostenere proposte per superare, nel sistema contributivo, gli attuali vincoli che rendono molto difficile l’accesso al pensionamento poiché condizionano il diritto alla pensione al raggiungimento di determinati importi soglia dell’assegno (1,5 e 2,8 volte l’assegno sociale); l’inserimento di una nona salvaguardia pensionistica a tutela degli ultimi esclusi, la stabilizzazione dell’ape sociale oltre il 31 dicembre 2019, il riconoscimento di benefici previdenziali per il lavoro di cura e familiare.
In questo contesto va notato che il DL 4/2019, pur bloccando l’aspettativa di vita per le pensioni anticipate, non ha superato la reversione dei coefficienti di trasformazione del calcolo contributivo della pensione. Che pertanto sono scattati, come da attese, il 1° gennaio 2019 (una nuova riduzione è in programma dal 1° gennaio 2021). E va rimarcata anche la questione del comparto difesa e sicurezza rimasto escluso dal perimetro di intervento governativo.