L’eventuale stop anticipato delle uscite con almeno 62 anni d’età e 38 di contributi sembra insomma destinato a tornare sul tavolo. Anche perché consentirebbe di evitare disavanzi aggiuntivi liberando margini di bilancio per finanziare la nuova flessibilità necessaria per evitare lo “scalone” di inizio 2022, che scandirebbe la chiusura della sperimentazione triennale di Quota 100 e il ritorno ai requisiti della legge Fornero. Non tutti sono però d’accordo. I 5 stelle, il presidente dell’Inps, Pasquale Tridico, e Cgil, Cisl e Uil continuano a opporsi a una conclusione anticipata della misura dell’esecutivo giallo-verde.
Nel primo round di domani con i sindacati il Governo non dovrebbe calare proposte. Il confronto «coinvolgerà più ministeri e ci sarà uno sguardo particolare ai giovani», oltre che alla «flessibilità in uscita», ha detto ieri la ministra del Lavoro Nunzia Catalfo. Che ha aggiunto: il tavolo «sarà accompagnato da una commissione di tecnici che nominerò come ministro del Lavoro». Con tutta probabilità saranno definite agenda e tempistica del confronto a sarà dato modo a Cgil, Cisl e Uil di illustrare le loro ricette. Quattro i temi attorno ai quali ruoterà il tavolo: pensione di garanzia per i giovani, previdenza integrativa, rivalutazione delle pensioni e flessibilità in uscita. Su quest’ultimo punto i sindacati (Cgil in primis) hanno già messo a punto una proposta che prevede la possibilità di uscita con 62 anni d’età e 20 di contributi senza penalità e senza calcolo dell’assegno con il “contributivo”. Questa opzione non sembra convincere però il ministro Roberto Gualtieri, che sulle pensioni attacca Matteo Salvini: «accusa il governo ma il problema l’ha creato lui».
A non convincere gli esperti del Mef è anche una delle ipotesi avanzate da Tridico: uscite flessibili “tarate” sulla gravosità delle singole attività lavorative, che dovrà essere stabilita dalla commissione tecnica prevista dall’ultima manovra insieme a quella sulla separazione della spesa assistenziale da quella previdenziale. Sempre Tridico però ha anche parlato di uscite “libere” vincolate al metodo contributivo sotto una certa soglia d’età da fissare. E in questo caso c’è chi nel Governo pensa che l’asticella possa essere fissata anche a 62 anni e comunque non oltre i 64.
Nel caso in cui si optasse per un canale d’uscita senza ricorrere al contributivo puro, il requisito anagrafico dovrebbe in ogni caso salire. Secondo Baretta, si dovrebbe pensare a una «combinazione di soglie anagrafiche e contributive» che, alla fine, produrrebbe il risultato di una sorta di Quota 102-104 non “secca”. E dovrebbe anche essere operata una scelta tra il ripristino dell’adeguamento automatico all’aspettativa di vita previsto dalla riforma Fornero e l’aggiornamento dei coefficienti di trasformazione per la quantificazione dell’assegno. Tra le proposte presentate alle quali si guarda per l’avvio della discussione c’è il disegno di legge del senatore del Pd, Tommaso Nannicini, che prevede, tra l’altro, una delega al governo per introdurre una “pensione di garanzia” (750 euro con maggiorazione di 15 euro per ogni anno contributivo superiore al ventesimo fino a un massimo di mille euro) e la stabilizzazione di Ape sociale e Ape volontario. Resta, poi, sul tavolo l’opzione di Quota 101-102 evocata da Alberto Brambilla (Itinerari previdenziali).