Claudio Testuzza. Il Sole 24 Ore sanità. Come da commenti e analisi relative al Def presentato dal Governo, riforma del sistema pensionistico e riforma fiscale con rimodulazione dell’Irpef – due fra le bandiere della destra durante la campagna elettorale – sono praticamente sparite dall’orizzonte. Per il taglio del cuneo fiscale verranno utilizzati circa 3 miliardi, mentre la Legge di Bilancio potrà contare all’incirca su 4 miliardi, che renderanno impossibile operare su previdenza e fisco. Anche se nel disegno di legge è stato indicata l’introduzione di “interventi in materia di disciplina pensionistica”. Quota 41 in forma “secca”, indipendente dall’età, sostenuta da Salvini quale “castigo” per l’ex ministro Fornero e per la sua riforma, resta un’ipotesi tutta da rinviare. «La riforma vedrà luce più avanti», ha affermato la ministra del Lavoro Calderone pensando di convocare i sindacati dopo l’estate. La spesa pensionistica lieviterà a ritmi record: nel 2023 del 7,1%. Quasi il doppio dell’aumento delle uscite del 2022 (+ 3,7%) e molto più di quelle del 2021 (+ 1,7%).
Intanto a fine marzo è stato pubblicato l’Osservatorio sulle pensioni erogate dall’Inps che analizza i dati sulle pensioni vigenti al 1° gennaio 2023 e liquidate nel 2022. Dall’analisi dei dati rappresentati si rileva che le pensioni vigenti al 1° gennaio 2023 sono 17.718.685, di cui 13.685.475 ( 77,2%) di natura previdenziale e 4.033.210 ( 22,8%) di natura assistenziale. L’importo complessivo annuo è pari a 231,0 miliardi, di cui 206,6 miliardi sostenuti dalle gestioni previdenziali e 24,4 miliardi da quelle assistenziali. Il 47,9% delle pensioni è in carico alle gestioni dei dipendenti privati. Quella di maggior rilievo è il Fondo Pensioni Lavoratori Dipendenti, che gestisce il 45,2% del complesso delle pensioni erogate e il 58,1% degli importi in pagamento. Le gestioni dei lavoratori autonomi erogano il 28,3% delle pensioni, per un importo in pagamento pari al 24,6% del totale, mentre le gestioni assistenziali erogano il 22,8% delle prestazioni, con un importo in pagamento pari al 10,6% del totale. Nel 2022 sono state liquidate 1.350.222 pensioni, il 46,5% delle quali di natura assistenziale. Gli importi annualizzati stanziati per le nuove liquidate del 2022 ammontano a 14,2 miliardi di euro, circa il 6,1% dell’importo complessivo annuo in pagamento al 1° gennaio 2023.
I trattamenti d’anzianità o anticipati vigenti al 1° gennaio 2023 sono 5.022.600: poco più di 3,73 milioni erogati a uomini e oltre 1,6 milioni versati a donne. Una massa di pensioni che rappresenta circa un terzo del totale e il 37% delle pensioni strettamente previdenziali. L’Inps osserva che circa il 74,3% delle pensioni di anzianità/anticipate sono erogate a uomini e che questa percentuale si abbassa al 37,6% per le pensioni della sottocategoria vecchiaia. L’importo medio mensile della pensione di vecchiaia è di 1.359,53 euro, con un valore più elevato nel settentrione (1.456,71 euro).
L’analisi della distribuzione per età evidenzia una età media dei pensionati pari a 74,1 anni, con una differenza tra i generi di 4,7 anni (71,5 anni per gli uomini e 76,2 anni per le donne). Nella distribuzione per classi di importo mensile delle pensioni si osserva una forte concentrazione nelle classi basse: il 55,8% delle pensioni ha un importo inferiore a 750,00 euro.
Delle 9.883.267 pensioni con importo inferiore a 750,00 euro, il 43,1% (4.272.173) beneficia di prestazioni legate a bassi redditi, come integrazioni al minimo, maggiorazioni sociali, pensioni e assegni sociali e pensioni di invalidità civile.
Le prestazioni di tipo previdenziale sono costituite per il 68,7% da pensioni di vecchiaia, di cui poco più della metà (57,2%) erogate a uomini, per il 5,2% da pensioni di invalidità previdenziale di cui il 56,0% erogato a maschi e per il 26,1% da pensioni ai superstiti, con un tasso di mascolinità pari al 12,4%. Circa il 74,3% delle pensioni di anzianità/anticipate sono erogate a uomini, mentre tale percentuale si abbassa al 37,6% per le pensioni della sottocategoria vecchiaia. Anche nell’invalidità previdenziale (legge 222/84) c’è una preponderanza maschile: il 64,7% per l’assegno di invalidità e il 69,3% per la pensione di inabilità.
Le prestazioni di tipo assistenziale sono costituite per il 7,0% da assegni sociali e per il 93,0% da prestazioni di invalidità civile e sono costituite per il 20,3% da pensioni e assegni sociali, di cui il 37,5% erogate a uomini; il restante 79,7% delle prestazioni sono erogate ad invalidi civili sotto forma di pensione e/o indennità, con un indice di mascolinità del 41,6%.
L’area geografica con la percentuale più alta di prestazioni pensionistiche è l’Italia settentrionale, con il 48,0%; al Centro viene erogato il 19,3% delle pensioni, mentre in Italia meridionale e Isole il 30,7%; il restante 2,0% (358.908 pensioni) è erogato a soggetti residenti all’estero. Il Nord ha un numero di pensioni per numero di residenti maggiore per le categorie vecchiaia e superstiti, seguito dal Centro e dal Mezzogiorno, mentre l’ordine si inverte per le pensioni di categoria invalidità previdenziale e per le prestazioni assistenziali. Per quanto riguarda la distribuzione territoriale degli importi erogati, il 55,3% delle somme stanziate a inizio anno sono destinate all’Italia settentrionale (per la vecchiaia la percentuale passa al 60,2%), il 24,3% a Italia meridionale e Isole (per pensioni e assegni sociali la percentuale passa al 55,7%), il 19,7% all’Italia centrale ed infine lo 0,7% a soggetti residenti all’estero.