Rischio Pil per gli assegni ridotti con il ritorno della flessibilità nella riforma pensioni, assegni scarni in vista. La riforma delle pensioni resta, per ora, in soffitta, anche se dalle parti del governo giurano di riportarla fuori a breve. Settembre dovrebbe essere il mese di “scadenza” delle promesse avanzate, prima, dal presidente del Consiglio Enrico Letta nei suoi discorsi di insediamento e, poi, dallo stesso ministro del Lavoro Enrico Giovannini.
Il successore di Elsa Fornero, infatti, non ha fatto mistero di nutrire più di qualche speranza per rimodellare la cura introdotta dalla titolare del Welfare sotto la guida del precedente esecutivo di Mario Monti, soprattutto nella parte dei requisiti per accedere al trattamento pensionistico. Con le novità della riforma Fornero, infatti, si era verificato un vero e proprio shock previdenziale, in primis per coloro che speravano di abbandonare il posto di lavoro in breve tempo, che si sono ritrovati, invece, con un numero di anni di contributi da versare ben oltre le previsioni.
Ma il dramma scaturito dalla terapia d’urto di Elsa Fornero ai conti delle pensioni pubbliche si è verificato con la sciagura degli esodati, una tragedia ancora in piena onda montante, che non arresta a placarsi e, anzi, promette di ingrossare le file di coloro che si ritroveranno, nei prossimi mesi, nel limbo tra attività lavorativa e età pensionabile.
Così, come si vocifera da settimane, è allo studio una revisione dei minimi anagrafici e di contributi per riportare un accenno di elasticità per le uscite dal lavoro, ma tutto ciò senza inficiare gli effetti benefici del decreto salva Italia che conteneva la normativa previdenziale tuttora in vigore, mettendo in sicurezza risparmi fino a 80 miliardi nei prossimi 10 anni.
La proposta più plausibile, e ora all’esame delle Commissioni parlamentari, resta sempre quella che reca la firma di Cesare Damiano, ex ministro del Lavoro anch’egli, che prevede penalizzazioni per chi sceglie di andare in pensioni 3 anni prima dei minimi indicati dalla legge vigente, e bonus equivalente per chi si concede qualche annualità straordinaria. Le quote in surplus o in deficit dall’assegno mensile dovrebbero essere più basse o più alte del 2%, dunque, in apparenza, di minima incidenza.
In realtà, però, con la riforma Fornero i coefficienti sulle mensilità sono stati tarati alla curva del Pil, per la quale, almeno nell’anno in corso e per il prossimo, non si prevedono affatto impennate. Anzi, con il Prodotto interno lordo in leggera discesa per il 2013, è possibile che una reintroduzione della flessibilità possa rivelarsi un boomerang per i futuri pensionati, in attesa fremente dell’apertura delle finestre anticipate per lasciare il lavoro con la garanzia dell’assegno mensile, che potrebbe finire per essere bene più scarno delle previsioni.
Insomma, per valutare i benefici della flessibilità in uscita, bisognerà aspettare che le proposte vengano scritte nero su bianco e, calcolatrice alla mano, si potrà indicizzare una stima sugli effetti positivi o negativi delle possibili modifiche.
LeggiOggi – 9 luglio 2013