Il testo della riforma Pa (Dl 90/2014) inviato all’aula con le modifiche della commissione Affari costituzionali. Dirigenti medici e del ruolo sanitario del Ssn, compresi i responsabili di struttura complessa, professori e ricercatori universitari: tutti in pensione se «con decisione motivata con riferimento alle esigenze organizzative e ai criteri di scelta applicati e senza pregiudizio per la funzionale erogazione dei servizi» le aziende decideranno di risolvere il contratto al momento della maturazione del requisito di anzianità contributiva. Non prima dei 65 anni però, mentre per il resto del personale della Pa (magistrati a parte) valgono i 62 anni. Tutti senza aggiunte o deroghe.
A stabilirlo è l’ultimo emendamento approvato al decreto legge 90 (riforma Pa) in commissione Affari costituzionali, prima dell’invio del testo in aula, dove da oggi comincia la discussione sulle linee generali (il decreto scade il 23 agosto).
Tutti uguali quindi, medici e universitari, probabilemente per la prima volta rispetto alla pensione, anche se comunque nell’ambito di una “rottamazione” che rientra nelle «disposizioni per il ricambio generazionale nelle pubbliche amministrazioni», previste dall’articolo 1 del decreto, con le modifiche decise nell’ultima maratona notturna in commissione Affari costituzionali della Camera.
Da un lato quindi viene estesa ai dirigenti la possibilità di essere collocati d’ufficio in quiescenza da parte dell’amministrazione una volta raggiunti i 62 anni d’età, fermi restando i 42 anni e tre mesi di contributi maturati, come oggi accade per i dipendenti. Impedendo loro, di fatto, di optare per i 66 anni e 3 mesi necessari al pensionamento di vecchiaia. Due le deroghe già fissate: l’esenzione per i magistrati (che lasceranno a 70 anni) e l’innalzamento a 65 anni per medici e professori universitari. Dall’altro lato, si interviene sulle penalizzazioni della riforma Fornero per le uscite anticipate. Chi conseguirà entro il 2017 i 42 anni e 3 mesi di contributi richiesti per i trattamenti di anzianità potrà abbandonare il lavoro anche prima dei 62 anni senza subire alcuna decurtazione dell’assegno (1% per gli scostamenti di un anno, 2% da due anni in su).
Pronte le modifiche
Ma già in aula si annunciano emendamenti per un ulteriore cambio di rotta. «Mandare in pensione a 65 anni tutto il personale medico universitario non é frutto di una buona logica. Invitiamo il governo a rivedere la norma. Oggi é sempre più necessaria una solida e innovativa visione d’insieme dei problemi e dei modelli organizzativi in sanità. Pretendere da una parte la presa in carico complessiva delle unità operative complesse collocandole all’interno di tutto il sistema sanitario e avere presenti i bisogni complessivi di ogni singolo paziente con tutte le sue esigenze socio-assistenziali – il che é possibile solo dopo aver maturato decenni di esperienza sul campo – e, dall’altra, porli in quiescenza nel pieno delle proprie capacità professionali e umane é una contraddizione tanto evidente quanto pericolosa per il nostro sistema sanitario. Presenteremo in proposito un emendamento e cercheremo di difenderlo in aula», ha annunciato in aula la deputata Udc Paola Binetti durante la discussione generale.
«Cura, formazione e ricerca – ha sottolineato Binetti- sono tre obiettivi determinanti della mission delle facoltà di medicina. Vorremmo che il processo di rinnovamento della pubblica amministrazione, voluto dal governo e che noi sosteniamo, fosse rivolto concretamente anche alla necessità non più rinviabile di una programmazione seria delle scuole di specializzazione, in grado di garantire un numero adeguato di posti rispetto alla previsione del numero di neolaureati».
Assicurazioni obbligatorie per tutti
Per il resto le ultime modifiche al testo sono quelle già annunciate nei giorni scorsi su questo sito: la modifica alla legge balduzzi (legge 189/2012) prevedendo la specifica che l’ìassicurazione obbligatoria da parte delle aziende sanitarie vale anche per l’intramoneia e soprattutto sempre a questo proposito l’estensione non solo alle aziende Ssn, ma anche alle strutture o enti privati che lavorino in autonomia o in accreditamento con il Ssn e a chiunque assicuri prestazioni sanitarie a terzi , di dotarsi di «copertura assicurativa o di altre analoghe misure per responsabilità civile verso terzi (RCT) e per responsabilità civile verso prestatori d’opera (RCO), a tutela dei pazienti e del personale» (VEDI).
Stop alla “libertà di struttura”
Poi anche la cancellazione dell’annullamento dell’obbligo di rilascio da parte della Regione della certificazione di compatibilità del progetto di realizzazione di nuove strutture sanitarie private, riferita al fabbisogno complessivo e alla localizzazione territoriale della struttura da realizzare, in funzione della presenza di attività analoghe sul territorio regionale. Il risultato sarebbe stato la libertà per i privati di costruire strutture sanitarie al di fuori di ogni programmazione regionale.
Rimborsi agli emotrasfusi
Aggiunto anche un articolo 27bis per riconoscere ai pazienti danneggiati da emotrasfusioni infette e da vaccinazioni obbligatorie una riparazione una tantum di 100 mila e 20 mila euro per ciascun danneggiato. Obiettivo, sbloccare l’iter dei ristori economici per circa 6.500 cittadini che hanno presentato domanda entro il 19 gennaio 2010, semplificando le procedure di liquidazione.
Specilizzandi: riforma dal 2014-2015
E infine il ritocco per gli specializzandi, precisando che l’anno accademico 2014/2015 è il termine inderogabile per l’applicazione del riordino degli ordinamenti delle scuole di specializzazione medica e della loro durata.
Sole sanità – 29 luglio 2014