Arriverà entro le prossime due settimane il via libera definitivo al decreto contro l’assenteismo nella Pubblica amministrazione, il testo entrato in extremis nel primo pacchetto di 11 provvedimenti attuativi della riforma Madia dopo il caso Sanremo. Il decreto è ormai vicino all’ultima curva, insieme ai provvedimenti su conferenza dei servizi e Scia. Ad annunciarlo è la ministra per la Pa e la semplificazione Marianna Madia, nella giornata di apertura del ForumPa 2016, e la previsione ministeriale fa il paio con il calendario delle commissioni parlamentari che hanno il decreto sotto esame: l’ultimo giorno utile per il parere delle commissioni Affari costituzionali, Bilancio e Attività produttive è l’11 giugno, ma l’obiettivo è di chiudere prima per far tagliare il traguardo intorno al 20-25 giugno anche alla riforma di società partecipate e servizi pubblici locali.
Le nuove regole tagliano i tempi del procedimento disciplinare, prevedono la sospensione in 48 ore dei dipendenti colti a timbrare senza entrare in ufficio, rafforzano le sanzioni a carico dei dirigenti che non “vigilano” e rilanciano la responsabilità erariale per danno d’immagine a carico di chi fa il furbo. Il governo ci tiene parecchio anche per ovvie ragioni politiche, e questo rende particolarmente delicate le scelte sulle correzioni che potrebbero essere introdotte: sia il Consiglio di Stato sia i tecnici di Camera e Senato hanno sollevato obiezioni su alcuni interventi, come quelli che minacciano il licenziamento sia per chi timbra senza entrare sia per il dirigente che non vigila e la previsione di misurare il danno d’immagine anche in base alla «rilevanza mediatica» del caso.
Le nuove misure anti-assenteismo contribuiscono poi a scaldare il clima con i sindacati, già acceso dal rinnovo dei contratti che fatica a decollare sia per ragioni di risorse sia per motivi “procedurali”. Sul punto, la ministra ha ribadito di considerare «giusto sostenere maggiormente chi ha pagato di più la crisi», concentrando i ritocchi economici in favore dei redditi più bassi, prevedendo «in futuro una crescita di risorse». L’ipotesi non piace ai sindacati, che chiedono anche di accelerare i tempi per l’avvio delle trattative: l’accordo sulla riduzione da 11 a 4 dei comparti pubblici, raggiunto il 6 aprile scorso, deve però ancora superare il passaggio all’Economia e alla Corte dei conti prima della firma finale.
Intanto ieri è stata giornata di audizioni delle imprese sul decreto partecipate, quello chiamato a ridurre «da 8mila a mille» le società pubbliche. Confindustria in particolare chiede di limitare gli spazi di deroga, che in particolare lasciano ancora campo libero alle società strumentali, perché rischiano di vanificare gli obiettivi di fondo condivisi della riforma. Confservizi, che rappresenta le imprese di servizi pubblici locali riunite in Utilitalia e quelle del trasporto associate ad Asstra, chiede invece di facilitare la strada delle aggregazioni, in particolare spostando dai consigli comunali alle giunte le competenze sul tema, e di rivedere le norme sulla gestione degli «esuberi» delle società controllate.
Il modello, che fino al 2018 imporrebbe alle imprese di scegliere i nuovi assunti dall’elenco delle «eccedenze» dichiarate dalle altre aziende, rischia di essere poco praticabile e penalizzante per le realtà migliori.
Gianni Trovati – Il Sole 24 Ore – 25 maggio 2016