Neanche il tempo di riporre i bicchieri con cui hanno brindato al ripristino di «quota 96» che per i 4mila interessati è già arrivata già la prima “doccia fredda”. I tecnici della Camera avanzano dubbi di copertura sul ripristino, per altrettanti docenti, della possibilità di uscire dal servizio con i requisiti pre Monti-Fornero. Così come, per restare alla riforma previdenziale del 2011, sull’addio ai disincentivi per le pensioni di anzianità.
Due rilievi che potrebbero trasformarsi in altrettanti intoppi alla volontà del governo di approvare a stretto giro e, se possibile, senza fiducia il Dl sulla Pa così da rimandarlo “blindato” al Senato per il secondo e definitivo via libera prima della dead line per la conversione fissata al 24 agosto.
Per ammissione della stessa ministra della Pubblica amministrazione, Marianna Madia, la scelta di porre o meno la questione di fiducia verrà fatta, probabilmente oggi a Montecitorio, «in base al numero e alla qualità degli emendamenti presentati» in assemblea. Che dovrebbero essere circa un migliaio. Durante il suo intervento in aula la titolare di Palazzo Vidoni ha giudicato migliorato il testo dal lavoro della settimana scorsa in commissione Affari costituzionali. Soffermandosi su alcune delle modifiche introdotte in sede referente. Come la possibilità di “pensionare” a 62 anni i dirigenti che – pur avendo raggiunto i 42 anni e 3 mesi richiesti per i trattamenti di anzianità, vorrebbero comunque restare in ufficio fino ai 66 anni e 3 mesi necessari per quello di vecchiaia. «Noi – ha spiegato la ministra – responsabilizziamo molto le amministrazioni: è l’amministrazione che deve capire se quella è un’eccellenza che serve o se invece ha senso dare opportunità alle nuove generazioni».
Se questa facoltà non ha incontrato alcun rilievo da parte del Servizio Bilancio di Montecitorio, lo stesso non può dirsi per altre due norme di stampo previdenziale. La prima riguarda la reintroduzione di «quota 96», intesa come somma di anni e contributi, raggiunta la quale il personale della scuola potrà lasciare la cattedra. A tal proposito il dossier messo a punto ieri sottolinea come la soluzione adottata ricalchi pressoché integralmente un testo concordato nei mesi scorsi alla Camera su cui il Governo aveva presentato una relazione tecnica che era stata «verificata negativamente dalla Rgs». Anche lì si parlava di 4mila possibili beneficiari, con un assegno medio di 28mila euro, ma la Ragioneria osservava: «La fissazione di un limite massimo di beneficiari, determinato in un contingente di 4mila unità, risulta difficilmente applicabile, anche in considerazione della platea salvaguardata, ampiamente inferiore a quella dei potenziali beneficiari». Tant’è che in una rilevazione precedente l’Inps aveva conteggiato 9mila potenziali esodati della scuola: una cifra mai confermata, però, dal Miur, che si è sempre attestato su numeri inferiori. Se cambiasse la platea complessiva è chiaro che rischierebbero di cambiare anche gli effetti finanziari e la copertura andrebbe rivista.
Un ragionamento analogo viene fatto anche per la cancellazione dei disincentivi con cui la riforma Monti-Fornero puntava a dissuadere i lavoratori già in possesso dei requisiti contributivi per il trattamento di anzianità ad anticiparlo rispetto al compimento del 62esimo anno di età. Anche in questo caso – evidenzia il Servizio Bilancio – ci si è ispirati a un testo unificato presistente. E anche in questo caso esisteva anche una relazione tecnica che è stata «verificata negativamente dalla Ragioneria generale dello Stato, secondo cui la quantificazione risultava sottostimata in ragione del numero di soggetti potenzialmente interessati».
Il Sole 24 Ore – 29 luglio 2014