Prepensionamenti in cambio dell’assunzione di giovani? La prima cosa da fare è avere un piano industriale, altrimenti sono solo chiacchiere» risponde il segretario della Cisl, Raffaele Bonanni. «Bisogna capire come organizzare le Regioni, i Comuni e gli altri gangli amministrativi. In modo da avere chiaro dove serve il personale prima di ricollocarlo e così orientare bene i tagli della spending review».
Ma non sarà comunque il caso di dare una svecchiata o il sindacato resiste perché tutela soprattutto gli iscritti anziani?
«È vero che c’è bisogno di giovani, sono 15 anni che non c’è turnover e sette che non facciamo contratti e non si vede un’assunzione. Siamo in un’era digitale e l’amministrazione ha bisogno di modernizzarsi. Le categorie di anziani e giovani però non hanno senso. Si deve capire cosa serve e cosa no. “Ci vorrebbero più giovani” non è una frase da ministro che deve fornire una soluzione e non esternare un desiderio».
E dunque?
«Bisogna avere un piano mirato. Si sono avvicendati ministri che dovevano fare la rivoluzione nel pubblico impiego e sappiamo com’è andata a finire. Una persona seria come l’ex ministro dell’Economia Padoa Schioppa confidò che non c’erano numeri interni su cui basarsi. Nessun altro se n’è occupato. Occorre fare un inventario del personale per fare una spending review sensata e non tagli lineari indiscriminati».
Con la crisi che si divora l’Italia ci mettiamo a inventariare?
«Senza di questo di che parliamo? Sono solo chiacchiere. Vadano a prendere la relazione apprezzabile fatta dai saggi della presidenza della Repubblica e di cui non c’è più traccia. Vorrei Regioni più sobrie che non somigliano a Stati perché sono entità amministrative e non politiche, le province non servono, i Comuni devono raggiungere una certa dimensione per esistere. Il ministro Madia ha idea che negli enti locali ci sono troppi dirigenti frutto dello spoil system? Ecco di cosa mi piacerebbe discutere. Nel pubblico impiego sono tutti impauriti perché senza un’indicazione del governo alla fine ci sarà un taglio lineare che come al solito penalizzerà il personale e i servizi lasciando intatte convenzioni ed esternalizzazioni che alimentano il clientelismo, specie negli enti locali».
Altro punto toccato dal ministro è la “sana mobilità” per i dipendenti pubblici.
«Abbiamo detto che siamo disposti. Gli impiegati sono stati sfottuti e vilipesi in questi anni e non vogliono fare altro che essere messi nelle condizioni di lavorare. Noi sosterremo la mobilità, lo abbiamo promesso e sottoscritto e parola mia lo farò in rappresentanza degli iscritti e nel loro interesse. È la cosa più seria da fare perché ci sono amministrazioni che hanno un super affollamento e altre in sottorganico. Certo gli spostamenti devono avvenire in un perimetro ragionevole».
E se non ci fosse tempo come ventilato dal ministro di discutere con i sindacati?
«Non mi straccio le vesti come la Camusso (segretario generale della Cgil, ndr). Non mi interessa se non vuole parlare. Lo faremo noi con i lavoratori e i nostri iscritti dicendo quello che va bene o male nei provvedimenti del governo, ognuno si prende le sue responsabilità».
A morte la concertazione?
«Sì, non ha senso sedersi intorno a un tavolo per dire questo va bene e questo no, se non si prendono degli impegni come abbiamo fatto noi con la mobilità, perché sappiamo che così staremo meglio tutti: i cittadini, i servizi e i costi. Non voglio la concertazione come rito perché non è neanche dialogo sociale, è teatrino mediatico. Quello che avviene anche nei talk show italiani».
Rosaria Talarico – La Stampa – 26 marzo 2014