Con il via libera anche all’ultimo articolo, il 4, accantonato martedì, l’Aula ha concluso l’esame del provvedimento e nel pomeriggio di ieri ha espresso il suo voto finale approvandolo con un’ampia maggioranza. Polemiche tra Pd e Cinque Stelle sull’emendamento che prevede la possibilità di costituire un nuovo ordine per gli albi che abbiano più di 50mila iscritti. Ma al di là delle polemiche ecco cosa cambia per le sperimentazioni cliniche e per la vita degli ordini professionali sanitari. ll disegno di legge dovrà comunque affrontare una nuova lettura al Senato. IL TESTO APPROVATO DALLA CAMERA
Via libera dell’Aula della Camera al Ddl Lorenzin. Il testo, approvato ieri a Montecitorio passa ora al Senato per un ok definitivo che non dovrebbe trovare ostacoli, alla luce del lungo lavoro di concertazione in commissione Affari sociali dal presidente Mario Marazziti. In mattinata l’ultima volata sull’articolo 4 approvato con alcuni emendamenti della maggioranza che hanno ammorbidito gli aspetti considerati più ostici dai camici bianchi – ad esempio escludendo la retroattività del limite di due mandati consecutivi per gli incarichi di vertice – che tramite la Federazione nazionale degli ordini dei medici e degli odontoiatri (Fnomceo) avevano sancito un netto strappo contro il provvedimento.
Il testo è un omnibus della sanità – in Parlamento da quasi quattro anni – che prevede un’ampia delega al governo. Intervenendo in modo importante sulle sperimentazioni cliniche dei medicinali a uso umano, introducendo la medicina di genere e più attenzione alla pediatria. Si stabilisce la brevettabilità dei risultati di ricerche non profit condotte in ambito pubblico (importante volano per partnership pubblico-privati) e una riforma della farraginosa macchina dei comitati etici, dimezzandone il numero e creando un Centro di coordinamento nazionale dei comitati etici territoriali presso l’Aifa. Il provvedimento rivede inoltre il funzionamento degli ordini professionali introducendo più trasparenza, turnover e parità di genere; inasprisce le pene per l’esercizio abusivo delle professioni sanitarie e ne riconosce di nuove (osteopati e chiropratici) introducendo una cornice aperta per il futuro, con la possibilità di presentare una richiesta anche da parte delle associazioni più rappresentative, una valutazione tecnica da parte del Consiglio superiore di sanità e tempi certi per il percorso.
«Finalmente dopo quattro anni questo Ddl – dichiara la ministra della Salute Beatrice Lorenzin – è stato approvato anche alla Camera. È un Ddl molto importante perché affronta alcune questioni vitali per la sanità ma anche per la ricerca scientifica». Si affronta, ha spiegato, «la questione della sperimentazione clinica ma anche della medicina di genere e temi molto sentiti che riguardano l’abusivismo sanitario. C’è anche il rafforzamento delle norme penali contro chi compie abusi nelle residenze di anziani o disabili».
Per il relatore Marazziti, «è una delle grandi leggi di riforma di questa legislatura in campo sanitario, insieme a quella sul rischio clinico». «Un’ottima notizia per la sanità e la ricerca – commenta il direttore generale dell’Aifa, Mario Melazzini – Il provvedimento introduce novità attese da anni, che allineano il Paese con il resto d’Europa e con le realtà più avanzate a livello mondiale in materia di sperimentazioni cliniche». (Rosanna Magnano – Il Sole 24 Ore – 26 ottobre 2017)
Di seguito la sintesi articolo per articolo con le modifiche approvate
Il Capo I (artt. da 1 a 3) è dedicato alla “Sperimentazione clinica dei medicinali “.
L’articolo 1 reca una delega al Governo per la revisione della disciplina in materia di sperimentazione clinica dei medicinali per uso umano. Il Governo è delegato ad adottare, entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore del provvedimento in esame, uno o più decreti legislativi per il riassetto e la riforma delle disposizioni vigenti in materia di sperimentazione clinica dei medicinali per uso umano, introducendo uno specifico riferimento alla medicina di genere e all’età pediatrica.
Tra i principi ed i criteri direttivi previsti per l’esercizio della delega, che, nel prevedere il riordino ed il coordinamento delle disposizioni vigenti, fanno esplicitamente salvi (comma 2, lettera a) il rispetto delle norme dell’Unione europea – tra cui la futura disciplina in materia, posta dal regolamento (UE) n. 536/2014 , delle convenzioni internazionali, nonché, il rispetto degli standard internazionali per l’etica nella ricerca medica sugli esseri umani, in conformità a quanto previsto dalla Dichiarazione di Helsinki dell’Associazione medica mondiale del 1964, e sue successive revisioni, vanno ricordati:
– l’individuazione dei requisiti dei centri autorizzati alla conduzione delle sperimentazioni cliniche dalla fase I alla fase IV, con particolare attenzione, nella fase IV, al coinvolgimento delle associazioni dei rappresentanti dei pazienti nella definizione dei protocolli di ricerca, soprattutto per le malattie rare;
– l’individuazione delle modalità per il sostegno all’attivazione e all’ottimizzazione di centri clinici dedicati agli studi clinici di fase I, sia su pazienti che su volontari sani, da condurre con un approccio metodologico di medicina di genere, prevedendo anche la definizione, attraverso un decreto del Ministro della salute, dei requisiti minimi per i medesimi centri anche al fine di una loro più omogenea presenza sul territorio nazionale, in conformità al regolamento (UE) n. 536/2014;
– la semplificazione degli adempimenti meramente formali in materia di: modalità di presentazione della domanda per il parere del comitato etico e di conduzione e di valutazione degli studi clinici;
– la semplificazione delle procedure per l’utilizzo a scopi di ricerca clinica di materiale biologico o clinico residuo da precedenti attività diagnostiche o terapeutiche o a qualunque altro titolo detenuto, avendo ottenuto previamente il consenso informato del paziente sull’uso del materiale biologico che lo riguarda direttamente;
– la definizione delle procedure di valutazione e di autorizzazione di una sperimentazione clinica, garantendo il coinvolgimento delle associazioni di pazienti, soprattutto nel caso delle malattie rare;
– l’applicazione dei sistemi informativi di supporto alle sperimentazioni cliniche;
– l’individuazione – nell’àmbito degli ordinamenti didattici – di specifici percorsi formativi in materia di metodologia della ricerca clinica, conduzione e gestione degli studi clinici e sperimentazione dei farmaci;
– la riformulazione dell’apparato sanzionatorio:
– la revisione della normativa relativa agli studi clinici senza scopo di lucro e agli studi osservazionali, al fine di migliorare la pratica clinica e di acquisire informazioni rilevanti a seguito dell’immissione in commercio dei medicinali.
L‘articolo 2 (Centro di coordinamento nazionale dei comitati etici territoriali) è stato inserito nel corso dell’esame in sede referente, con la finalità di individuare con certezza i comitati etici territoriali (fino ad un massimo di 40), a cui sono stati affiancati comitati etici a valenza nazionale (nel numero massimo di tre), di cui uno dedicato alla sperimentazione in ambito pediatrico. L’attività dei comitati etici territoriali (di valutazione degli aspetti etici relativi alle sperimentazioni cliniche sui medicinali per uso umano) sarà coordinata, monitorata ed indirizzata dal Centro di coordinamento nazionale dei comitati etici territoriali per le sperimentazioni cliniche sui medicinali per uso umano e sui dispositivi medici (di seguito denominato “Centro di coordinamento”) istituito presso l’Aifa.
L’articolo 3, (Applicazione e diffusione della medicina di genere all’interno del Sistema Sanitario Nazionale) inserito nel corso dell’esame in Commissione, dispone la predisposizione di un piano volto alla diffusione della medicina attenta alle differenze per sesso e genere (“medicina di genere”). Il Piano, emanato, entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore del provvedimento in esame, con decreto del il Ministro della salute, sentita la Conferenza Stato-regioni, e avvalendosi del Centro nazionale di riferimento della medicina di genere dell’Iss, intende garantire la qualità e l’appropriatezza delle prestazioni erogate dal Ssn in modo omogeneo sul territorio nazionale, mediante divulgazione, formazione e indicazione di pratiche sanitarie inerenti alla ricerca, alla prevenzione, alla diagnosi e alla cura basate sulle differenze derivanti dal sesso e dal genere.
L’articolo 4 opera una revisione della disciplina delle professioni sanitarie, in parte novellando il decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato n. 233 del 13 settembre 1946, ai Capi I, II e III, concernenti gli ordini delle professioni sanitarie, gli albi nazionali e le federazioni nazionali ,e in parte introducendo nuove disposizioni relative agli ordini e alle federazioni.
Come prima innovazione rispetto alal normativa vigente istituitva degli Ordini il ddl prevede una nuova definizione degli Ordini che vengo definiti come “enti pubblici non economici”, che “agiscono quali organi sussidiari (superando così la tradizionale definizione di “enti ausiliari” utilizzata di norma finora ndr.) dello Stato al fine di tutelare gli interessi pubblici, garantiti dall’ordinamento, connessi all’esercizio professionale”.
E questa è solo una delle definizioni specifiche sulla natura giuridica degli Ordini sanitari che ora vengono messe nero su bianco entrando nel merito della loro natura economica e patrimoniale, del loro ruolo e delle loro funzioni.
In particolare, la nuova disciplina prevede, come prima accennato, un ammodernamento degli ordini delle professioni sanitarie, adeguando la normativa di riferimento agli ordini vigilati dal Ministero della salute con riferimento al loro funzionamento interno e mutando la denominazione di collegio in ordine. Infatti con la novella di cui al comma 1, innanzitutto, si richiamano gli ordini esistenti dei medici-chirurghi, dei veterinari e dei farmacisti aggiungendo poi, rispetto alla normativa vigente, gli ordini dei biologi e delle professioni infermieristiche, della professione di ostetrica e dei tecnici sanitari di radiologia medica e delle professioni sanitarie tecniche, della riabilitazione e della prevenzione (v. comma 9, articolo 3).
A questi ordini – insieme ai quali è altresì richiamato il nuovo ordine dei fisici e dei chimici – si applicano, in base al rinvio effettuato dal comma 12, le disposizioni del sopra citato D.Lgs.CPS 233/1946. Al riguardo si sottolinea che la disciplina dell’ordine dei biologi è inserita dall’articolo 9 nell’ambito delle professioni sanitarie, cui si aggiunge, a norma del medesimo articolo, la professione di psicologo per la quale, tuttavia, rimane ferma l’attuale normativa in materia di organizzazione, con alcune modifiche (v. articolo 9).
Gli ordini sopra richiamati al comma 1 del capoverso articolo 1 novellato, sono costituiti a livello territoriale: durante l’esame al Senato si è sostituito il termine di provincia con circoscrizioni geografiche corrispondenti alle province esistenti alla data del 31 dicembre 2012.
Rispetto alla normativa vigente, si mantiene la possibilità, in caso di esiguità del numero dei professionisti residenti nella circoscrizione territoriale – in relazione al numero degli iscritti a livello nazionale -, ovvero qualora sussistano altre ragioni di carattere storico, topografico, sociale e demografico, che un ordine abbia per competenza territoriale due o più circoscrizioni geografiche confinanti, ovvero una o più regioni ad opera del Ministero della salute (superando in tal modo il riferimento, ormai datato, all’Alto Commissario per l’igiene e la sanità pubblica), sentite le rispettive Federazioni nazionali e d’intesa con gli Ordini interessati.
Viene anche disposto che per l’esercizio di funzioni di particolare rilevanza, il Ministero della salute, d’intesa con le rispettive Federazioni nazionali e d’intesa con gli ordini interessati, può disporre il ricorso a forma di avvalimento o associazione tra i medesimi.
Infine, viene previsto che nel caso in cui il numero degli iscritti a un albo sia superiore a 50mila unità, il rappresentante legale dell’albo può richiedere al Ministero della salute l’istituzione di un nuovo Ordine che assuma la denominazione corrispondente alla professione sanitaria svolta; la costituzione del nuovo Ordine avviene secondo modalità e termini stabiliti con decreto del Ministro della salute, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.
L’articolo 5, inserito durante l’esame presso la commissione, istituisce l‘area delle professioni sociosanitarie ed individua il percorso procedurale necessario per l’individuazione di nuovi profili professionali. Nell’area professionale vengono poi ricompresi i preesistenti profili professionali di operatore sociosanitario e le professioni di assistente sociale, di sociologo e di educatore professionale.
L’articolo 6 (Modifica alla legge 1° febbraio 2006, n. 43 – Individuazione e istituzione di nuove professioni sanitarie) inserito nel corso dell’esame in sede referente, disciplina la procedura relativa all’individuazione e all’istituzione di nuove professioni sanitarie. L’intervento legislativo è attuato sostituendo l’articolo 5 della legge 43/2006 Disposizioni in materia di professioni sanitarie infermieristiche, ostetrica, riabilitative, tecnico-sanitarie e della prevenzione e delega al Governo per l’istituzione dei relativi ordini professionali, la cui rubrica viene modificata in “Individuazione e istituzione di nuove professioni in ambito sanitario” (precedentemente ci si riferiva soltanto a “Individuazione”).
Come precedentemente previsto, l’individuazione di nuove professioni sanitarie, che non trovano rispondenza in professioni già riconosciute e il cui esercizio deve essere riconosciuto su tutto il territorio nazionale, avviene in sede di recepimento di direttive comunitarie ovvero per iniziativa dello Stato o delle regioni, in considerazione dei fabbisogni connessi agli obiettivi di salute previsti nel Piano sanitario nazionale o nei Piani sanitari regionali. Innovando rispetto a quanto attualmente previsto, l’individuazione potrà avvenire anche su iniziativa delle associazioni professionali rappresentative di coloro che intendono ottenere tale riconoscimento che, a tal fine, dovranno inviare istanza motivata al Ministero della salute, il quale, entro i successivi sei mesi, dovrà pronunciarsi. In caso di valutazione positiva, il Ministero dovrà attivare la procedura finalizzata all’istituzione della nuova professione sanitaria.
L’istituzione di nuove professioni sanitarie è effettuata, nel rispetto dei princìpi fondamentali stabiliti dalla legge 43/2006 e previo parere tecnico-scientifico del Consiglio superiore di sanità, mediante uno o più accordi, sanciti in sede di Conferenza Stato-regioni ai sensi dell’art. 4 del D Lgs. 281/1997, e recepiti con decreti del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei ministri.
Gli accordi istitutivi di nuove professioni sanitarie dovranno individuare:
– il titolo professionale;
– l’ambito di attività di ciascuna professione;
– i criteri di valutazione dell’esperienza professionale;
– i criteri per il riconoscimento dei titoli equipollenti.
L’ordinamento didattico della formazione universitaria delle nuove professioni sanitarie così individuate è definito con decreto del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, di concerto con il Ministro della salute, acquisito il parere del Consiglio universitario nazionale e del Consiglio superiore di sanità.
La definizione delle funzioni caratterizzanti le nuove professioni avviene evitando parcellizzazioni e sovrapposizioni con le professioni già riconosciute o con le specializzazioni delle stesse (comma 4).
L’articolo 7, completamento modificato in sede referente, individua, nell’ambito delle professioni sanitarie, le professioni dell’osteopata e del chiropratico, per l’istituzione delle quali si applica la procedura di cui all’art. 5, comma 2, della legge 43/2006, come modificato dal provvedimento in esame.
Conseguentemente, con accordo stipulato in sede di Conferenza Stato-regioni, da adottare entro tre mesi dall’entrata in vigore del provvedimento in esame, sono stabiliti: l’ambito di attività e le funzioni caratterizzanti le professioni dell’osteopata e del chiropratico, i criteri di valutazione dell’esperienza professionale nonché i criteri per il riconoscimento dei titoli equipollenti. Un successivo decreto del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, di concerto con il Ministro della salute, da adottare entro sei mesi dall’entrata in vigore del provvedimento in esame, acquisito il parere del Consiglio universitario nazionale e del Consiglio superiore di sanità, dovrà definire l’ordinamento didattico della formazione universitaria in osteopatia e in chiropratica nonché gli eventuali percorsi formativi integrativi.
Nel corso dell’esame in commissione è stato soppresso l’articolo 5 che precedentemente disciplinava l’istituzione e il profilo della professione sanitaria del chiropratico.
L’articolo 8 trasforma il Consiglio Nazionale dei Chimici (Cnc) nella Federazione Nazionale degli Ordini dei Chimici e dei Fisici. Poiché agli ordini si applicano le disposizioni relative alle professioni sanitarie, la Federazione è posta sotto l’alta vigilanza del Ministero della salute.
L’articolo 9 inserisce le professioni di biologo e di psicologo nell’ambito delle professioni sanitarie. Riguardo alle norme organizzative, all’ordine dei biologi si estende la disciplina di cui al decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato 13 settembre 1946, n. 233, come novellato dal provvedimento in esame. Per l’ordine degli psicologi resta ferma un’autonoma disciplina organizzativa, come modificata dalle novelle di cui al comma 5. L’articolo prevede, inoltre, il trasferimento di alcune competenze, relative ai due ordini summenzionati, dal Ministro (e Ministero) della giustizia al Ministro (e Ministero) della salute.
L’articolo 10 prevede l’istituzione, presso l’ordine degli ingegneri, dell’elenco nazionale certificato degli ingegneri biomedici e clinici,demandando ad un regolamento interministeriale la definizione dei requisiti per l’iscrizione, su base volontaria.
L’articolo 11, inserito durante l’esame in commissione, apporta alcune modifiche alla legge n. 24/2017, recante Disposizioni in materia di sicurezza delle cure e della persona assistita, nonché in materia di responsabilità professionale degli esercenti le professioni sanitarie. Più in particolare la disposizione, interviene, in primo luogo, sul comma 5 dell’articolo 9, riguardante l’azione di responsabilità amministrativa della struttura sanitaria nei confronti dell’esercente la professione sanitaria, in caso di dolo o colpa grave di quest’ultimo, successivamente all’avvenuto risarcimento (sulla base di titolo giudiziale o stragiudiziale) ed entro un anno dall’avvenuto pagamento.
L’articolo in esame prevede quindi, in primo luogo, che l‘importo della condanna per responsabilità amministrativa non possa superare una somma pari al triplo del valore maggiore della retribuzione lorda o del corrispettivo convenzionale conseguito nell’anno di inizio della condotta causa dell’evento o nell’anno immediatamente precedente o successivo.
Inoltre, intervenendo sul comma 6 del citato articolo 9, relativo all’azione di rivalsa, prevede che la misura della rivalsa e quella della surrogazione richiesta dall’impresa di assicurazione, non possono superare una somma pari al triplo del valore maggiore del reddito professionale, ivi compresa la retribuzione lorda, conseguita nell’anno di inizio della condotta causa dell’evento o nell’anno, immediatamente precedente o successivo.
Vengono aggiunti due nuovi commi (7-bise 7-ter) all’articolo 14 dell legge citata, relativo al Fondo di garanzia per i danni derivanti da responsabilità sanitaria.
Il nuovo comma 7-bis dell’articolo 14 della legge n. 24/2017 prevede che il citato Fondo assolva anche alla funzione di agevolare l’accesso allla copertura assicurativa da parte degli esercenti le professioni sanitarie che svolgonolla propria attività in regime libero-professionale.
Il nuovo comma 7-ter abroga i commi 2 e 4 dell’articolo 3 del decreto-legge n. 158/2012 (Disposizioni urgenti per promuovere lo sviluppo del Paese mediante un più alto livello di tutela della salute), convertito, con modificazioni, dalla legge n. 189/2012, che prevedevano e disciplinavano l’emanazione di un D.P.R. finalizzato ad agevolare l’accesso alla copertura assicurativa agli esercenti le professioni sanitarie, che disciplinasse procedure e i requisiti minimi e uniformi per l’idoneità dei relativi contratti. disposizioni ormai superate dalla nuova disciplina di cui alla legge n. 24/2017.
In Aula sono stati infine aggiunti altri due commi, il 0a) ed il b-bis, con i quali vengono rispettivamente cancellato il richiamo al Comitato tecnico scientifico per il Sistema nazionale linee guida (Snlg), previsto da una norma del decreto Sirchia del 2004, ma mai istituito; e viene estenso da 10 a 40 giorni il limite temporale entro cui le strutture sanitarie e le compagnie di assicurazione devono comunicare all’esercente la professione sanitaria l’instaurazione del giudizio promosso nei loro confronti dal danneggiato.
L’articolo 12, modificato in modo consistente durante l’esame in commissione, incide sullla disciplina del reato di esercizio abusivo di una professione nonché sulle circostanze aggravanti di altre fattispecie di reato commesse nell’esercizio abusivo di una professione o di un’arte sanitaria
Il comma 1 sostituisce l’articolo 348 del codice penale, riguardante l’esercizio abusivo di una professione.
Vengono aumentate le sanzioni attualmente previste. Più in particolare viene comminata la reclusione da sei mesi a tre anni e la multa da 10.000 a 50.000 euro.
Vengono inoltre inserite due nuove previsioni. Con la prima si dispone che la condanna comporti la pubblicazione della sentenza e la confisca delle cose che servirono o furono destinate a commettere il reato nonché la trasmissione, nel caso in cui il soggetto che ha commesso il reato eserciti regolarmente una professione o un’attività, al competente Ordine, Albo o Registro per l’interdizione da 1 a 3 anni dalla professione o attività regolarmente esercitata.
Con la seconda previsione si dispone un aumento di pena (reclusione da uno a cinque anni e multa da 15.000 a 75.000 euro) nei confronti del professionista che ha determinato altri a commettere il reato ovvero ha diretto l’attività delle persone che sono concorse nel reato medesimo.
Il comma 2 inserisce un nuovo comma dopo il comma terzo dell’articolo 589 codice penale (Omicidio colposo).
Il nuovo comma inserito prevede che la pena, se il fatto è commesso nell’esercizio abusivo di una professione per la quale è richiesta una speciale abilitazione dello Stato o di un’arte sanitaria, è la reclusione da tre a dieci anni.
Il comma 3 inserisce un nuovo comma dopo il terzo comma dell’articolo 590 del codice penale (Lesioni personale colpose). Viene previsto che se i fatti di cui al secondo comma – Lesioni personali gravi o gravissime – sono commessi nell’esercizio abusivo di una professione per la quale è richiesta una speciale abilitazione dello Stato o di un’arte sanitaria la pena per lesioni gravi è della reclusione da sei mesi a due anni e la pena per lesioni gravissime è della reclusione da un anno e sei mesi a quattro anni.
Il comma 4 sostituisce il terzo comma dell’articolo 123 del testo unico delle leggi sanitarie di cui al Regio Decreto 27 luglio 1934, n. 1265.
Il nuovo terzo comma del citato articolo 123 prevede che la detenzione di medicinali scaduti, guasti o imperfetti in farmacia è punita con la sanzione amministrativa da 1.500 euro a 3.000 euro, se risulta che per la modesta quantità di farmaci, le modalità di conservazione e l’ammontare compessivo delle riserve si può concretamente escludere la loro destinazione al commercio.
Il comma 5 sostiuisce il primo comma dell’articolo 141 del citato testo unico delle leggi sanitarie, prevedendo che chiunque, non trovandosi in possesso della licenza necessaria per l’esercizio di un’arte ausiliaria delle professioni sanitarie o dell’attestato di abilitazione richiesto dalla normativa vigente, esercita un’arte ausiliaria delle professioni sanitarie è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da 2.500 a 7.500 euro.
Il comma 6 modifica il comma 2 dell’articolo 8 della legge n. 39/1989 (Modifiche ed integrazioni alla legge 21 marzo 1958, n. 253, concernente la disciplina della professione di mediatore).
Il citato articolo 8 prevede che chiunque esercita l’attività di mediazione senza essere iscritto nel ruolo è punito con la sanzione amministrativa del pagamento di una somma compresa fra euro 7.500 e euro 15.000 ed è tenuto alla restituzione alle parti contraenti delle provvigioni percepite. Per l’accertamento dell’infrazione, per la contestazione della medesima e per la riscossione delle somme dovute si applicano le disposizioni di cui alla legge 24 novembre 1981, n. 689.
A coloro che siano incorsi per tre volte nella sanzione di cui al comma 1, anche se vi sia stato pagamento con effetto liberatorio, si applicano le pene previste dall’art. 348 del codice penale, nonché l’art. 2231 del codice civile.
La condanna importa la pubblicazione della sentenza nelle forme di legge.
La modifica prevista è quella di prevedere l’applicazione delle pene di cui all’articolo 348 del codice penale (Esercizio abusivo di una professione) o dell’articolo 2231 codice civile (Mancanza d’iscrizione) a coloro che siano già incorsi (invece che incorsi per tre volte) nella sanzione di cui al comma 1.
Infine il comma 7 inserisce l’art. 86-ter nelle disposizioni di attuazione del codice di procedura penale. La nuova disposizione, mutuata sul precedente art. 86-bis, che destina alle amministrazioni pubbliche i beni utilizzati per commettere delitti informatici, prevede il trasferimento al patrimonio del comune ove sono siti dei beni immobili confiscati perché utilizzati per commettere il delitto di esercizio abusivo di una professione sanitaria. Il comune dovrà destinare i beni immobili a finalità sociali e assistenziali.
L’articolo 13, estende al farmacista le pene previste per il reato di commercio di sostanze dopanti dall’art. 9 della legge n. 376 del 2000 (Disciplina della tutela sanitaria delle attività sportive e della lotta contro il doping).
La disposizione aggiunge un comma 7-bis, all’articolo 9, e prevede l’applicabilità della pena della reclusione da 2 a 6 anni e della multa da 5.164 a 77.468 euro al farmacista che, senza prescrizione medica, dispensi farmaci e sostanze dopanti per finalità diverse da quelle proprie, o da quelle indicate nell’autorizzazione all’immissione in commercio.
L’articolo 14 qualifica come aggravante comune l‘avere, nei delitti non colposi, commesso il fatto in danno di persone ricoverate presso strutture sanitarie o presso strutture sociosanitarie residenziali o semiresidenziali, pubbliche e private, ovvero strutture socio-educative.
In particolare, il disegno di legge modifica l’art. 61 del codice penale, che contiene un elenco di circostanze che, se riconosciute dal giudice, possono determinare un aumento fino a un terzo della pena prevista per il reato. Inserendo il numero 11-sexies, si prevede che tutti i delitti non colposi possano essere aggravati quando il fatto è commesso in danno di persone ricoverate in ospedali o nelle strutture sopracitate.
L’articolo 15 detta disposizioni in materia di formazione medica specialistica e di formazione di medici extracomunitari.
Il comma 1 prevede la possibilità che ulteriori modalità attuative, anche negoziali, per l’inserimento dei medici in formazione specialistica all’interno delle strutture sanitarie che fanno parte della rete formativa di cui all’articolo 35 del D.Lgs. n. 368/1999 siano definite con accordo stipulato in sede di Conferenza Stato- regioni e province autonome, su proposta dei Ministri della salute e del MIUR, di concerto con il MEF, in conformità a quanto disposto dall’articolo 21, comma 2-ter, del decreto-legge n. 104/2013 (Misure urgenti in materia di istruzione, università e ricerca),convertito, con modificazioni, dalla legge n. 128/2013.
Il comma 2, inserito nel corso dell’esame referente, inserisce un nuovo articolo 39-ter, recante disposizioni particolari per i medici extracomunitari, nel decreto legislativo n. 286/1998 (Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero).
Viene previsto che i cittadini stranieri che siano in possesso della qualifica di medico acquisita in un Paese non appartenente all’Unione europea che intendano partecipare ad iniziative di formazione o di aggiornamento che comportano lo svolgimento di attività clinica presso aziende ospedaliere, aziende ospedaliere universitarie e istituti di ricovero e cura a carattere scientifico possono essere temporaneamente autorizzati, con decreto del Ministero della salute, allo svolgimento di attività di carattere sanitario nell’ambito di dette iniziative, in deroga alle norme sul riconoscimento dei titoli esteri. L’autorizzazione non può avere durata superiore a due anni. Con decreto del Ministro della salute, di concerto con il Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, con il Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale e con il Ministro dell’interno, sono definiti gli specifici requisiti di professionalità dei medici, le modalità e i criteri per lo svolgimento di dette iniziative nonché i requisiti per il rilascio del visto di ingresso.
Il comma 3, infine, pone la clausola di salvaguardia finanziaria, prevedendo che all’attuazione dei commi precedenti si provveda nei limiti delle risorse e secondo le procedure previste a legislazione vigente e senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.
L’articolo 16 è stato ieri soppresso. Prevedeva la modifica dell’articolo 102 del Testo Unico delle Leggi Sanitarie del1934 permettendo l’attività all’interno delle farmacie di altri professionisti della salute, con l’esclusione di quelli abilitati alla prescrizione di farmaci e cioè medici e veterinari. La soppressione di questo articolo è stata vivacemente contestata dalla Fofi sottolineando perché in aperta contraddizione con quanto previsto dalla legge sulla farmacia dei servizi che prevede invece l’inserimento in farmacia di altri professionisti della salute come ad esempio infermieri e fisoterapisti.
E’ stato invece approvato l’inserimento dell’articolo 16 bis (Disposizioni in materia di concorso straordinario per l’assegnazione delle sedi farmaceutiche) che fornisce una disposizione normativa di interpretazione autentica in grado di chiarire, senza più alcun dubbio, che anche nell’ambito del concorso straordinario per l’assegnazione di sedi farmaceutiche dovranno valere i criteri di attribuzione dei punteggi maggiorati per l’attività svolta nelle farmacie rurali.
L’articolo 17 modifica la disciplina vigente relativa al ruolo della dirigenza sanitaria del Ministero della salute: da un lato, istituisce un unico livello di detto ruolo e, dall’altro, estende ai dirigenti sanitari del Ministero gli istituti giuridici ed economici previsti per la dirigenza sanitaria del SSN. La finalità della norma è di ridurre il divario esistente tra i trattamenti economici dei dirigenti delle professionalità sanitarie dipendenti da enti ed aziende del SSN (che godono di una significativa indennità in ragione dell’esclusività del rapporto di lavoro), e quelli del Ministero della salute, e permettere a quest’ultimo il reclutamento di risorse con qualificata professionalità sanitaria. Ciò a motivo di un’attesa riduzione, nel prossimo futuro, dell’offerta di medici e veterinari impiegati nel SSN, anche per i prossimi collocamenti a riposo stimati in base all’attuale distribuzione per età di tali dirigenti, in rapporto al numero annuo medio di laureati medici e veterinari.
Più in dettaglio, la nuova disciplina, finalizzata ad assicurare un efficace assolvimento dei compiti primari di tutela della salute affidati al medesimo Ministero, prevede al comma 1, primo periodo, l’individuazione dei dirigenti dipendenti del Ministero della salute con professionalità sanitaria, vale a dire quelli di cui all’articolo 18, comma 8, del D.Lgs. n. 502/1992 (personale dirigente inquadrato nei profili professionali di medico chirurgo, medico veterinario, chimico, farmacista, biologo e psicologo), e per coloro che sono stati successivamente inquadrati nelle corrispondenti qualifiche, per i quali, a decorrere dalla data di entrata in vigore della presente legge, opera la collocazione in un unico livello del ruolo della dirigenza sanitaria del Ministero della salute. E’ prevista la clausola di invarianza finanziaria e, pertanto, tale unificazione del livello di dirigenza deve avvenire senza oneri per la finanza pubblica.
Il Capo IV (Disposizioni finali) si compone del solo articolo 18 che contiene una norma di chiusura volta a salvaguardare le competenze legislative delle regioni a statuto ordinario e quelle delle regioni a statuto speciale e delle province autonome. Prevede infatti che le regioni a statuto ordinario devono adeguare il proprio ordinamento alle disposizioni di principio derivanti dalla presente legge secondo quanto previsto dall’art. 117, terzo comma, delle Costituzione (comma 1). Sono inoltre fatte salve le potestà legislative attribuite alle regioni a statuto speciale e alle province autonome di Trento e di Bolzano dai rispettivi statuti speciali e dalle relative norme di attuazione (comma 2). (Giovanni Rodriquez – Quotidiano sanità – 25 ottobre 2017)
26 ottobre 2017