Roberto Giovannini. Torna ad animarsi lo scontro sul «Jobs Act» voluto da Matteo Renzi. Quattro sono i fronti aperti in queste ore: la minaccia di referendum abrogativo della delega ipotizzato da Sel e dal leader Fiom Maurizio Landini. La spaccatura tra Pd e Ncd sul parere da dare al decreto attuativo sul contratto «a tutele crescenti» senza più articolo 18. L’imminente varo del decreto attuativo sui contratti precari. La diffusione della bozza del decreto sulla nuova Agenzia unica per le ispezioni sul lavoro.
Insomma, torna a crescere la tensione. Il governo aveva sperato che dopo le polemiche dei mesi scorsi la questione dell’abolizione del reintegro per i licenziamenti scomparisse dalle cronache, ma gli oppositori della riforma alzano il tiro. Maurizio Landini, numero uno Fiom, intende proseguire la mobilitazione senza «escludere nulla»; e considera il referendum abrogativo «una delle possibilità». Una iniziativa sostenuta anche dal deputato di Sel (ed ex dirigente Fiom) Giorgio Airaudo, e invece bocciata da altri dirigenti Cgil, come il leader dei bancari Agostino Megale. Di tutto questo discuterà oggi il direttivo della Cgil, che potrebbe proclamare nuove iniziative di protesta. Per oggi è previsto un incontro tra il ministro del Lavoro Giuliano Poletti e i sindacati.
In teoria si dovrebbe discutere del merito dei nuovi decreti attuativi sul riordino delle tipologie contrattuali (su cui non dovrebbe cambiare granché rispetto ad oggi), la conciliazione vita-lavoro e l’Agenzia unica delle ispezioni. Ma l’esperienza ha dimostrato l’inutilità di questi incontri per i rappresentanti di Cgil-Cisl-Uil: non c’è nessuna possibilità di discutere i contenuti, e neanche di conoscerli in dettaglio. E ad alimentare l’ira dei sindacati c’è anche la bozza sul nuovo sistema delle ispezioni sul lavoro. La nuova Agenzia unica partirà dal 2016, e integrerà i servizi ispettivi del ministero del Lavoro e delle Politiche sociali, dell’Inps e dell’Inail. Avrà sede principale a Roma e 18 sedi territoriali, con una dotazione organica complessiva di 5982 unità. E vedrà la contestuale soppressione delle Direzioni interregionali (Dil) e territoriali (Dtl) del lavoro, 85 uffici, con il trasferimento del personale amministrativo: circa 1000 unità andranno all’Agenzia e le restanti circa 1760 verranno invece trasferite «anche in soprannumero, all’Inps, all’Inail o alle Prefetture-Uffici territoriali del governo».
Sono previsti risparmi totali per 26,1 milioni di euro. Ai sindacati non piace: sembra di capire perché potrebbe rappresentare un peggioramento di stipendio e condizioni per parte dei dipendenti. E anche perché non verrà discussa con loro.
E infine, l’eterna guerra tra i due ex ministri. Cesare Damiano (minoranza Pd, Commissione Lavoro della Camera) ha fatto varare un parere che chiede che il contratto a tutele crescenti non sia applicato ai licenziamenti collettivi. Ncd vota contro: «È una sconfessione della già timide innovazioni prodotte», accusa Maurizio Sacconi (Ap, Commissione Lavoro del Senato). Deciderà, come sempre, soltanto Renzi.
La Stampa – 18 febbraio 2015