Il giorno dopo il via libera alla riforma della sanità veneta il dibattito politico è più che mai caldo, tra le proteste dei territori e degli enti locali e i rilievi delle opposizioni che hanno lavorato 4 mesi, 37 sedute e 130 ore effettive d’aula per modificare il testo originale del pdl 23. Va detto che quella che d’ora in avanti sarà la «legge regionale 19/2016» è in gran parte diversa dal progetto iniziale presentato da Luca Zaia e sottoscritto dalla sua maggioranza. La riforma, in particolare la parte che riguarda funzioni e prerogative dell’Azienda zero e il sociale, è stata riscritta dalla maggioranza e soprattutto dall’opposizione, dopo che sono stati depositati (e poi variamente accolti, respinti, ritirati, tagliati) circa 2.700 fra emendamenti e sub-emendamenti. Le minoranze in consiglio rivendicano le modifiche migliorative ma continuano a giudicare l’insieme della riforma “schizofrenica”, non credono all’entità degli annunciati risparmi e temono per il futuro della sanità veneta e la qualità delle prestazioni ai cittadini.
Ma è soprattutto la ridefinizione delle Ulss, la mancanza di criteri uniformi e oggettivi per la loro riduzione (che sembrerebbe dovuta più a equilibri interni alla Lega che a valutazioni di merito) il punto dolente delle nuove disposizioni. E quello che più fa discutere. Su questo punto la maggioranza ha reso impossibile qualsiasi mediazione, non accogliendo alcun appello a ripensarne la definizione e utilizzando in aula ogni mezzo per fare approvare il modello a 9 aziende sanitarie.
D’altro canto la decisione sul numero delle Ulss era già stata presa a fine dicembre 2015, senza aspettare certo l’esame del consiglio e il voto finale dell’aula del 20 ottobre 2016. Ne è una riprova la nomina, dal primo gennaio scorso, da parte del presidente Luca Zaia di 9 direttori generali per altrettante Ulss, dando a questi il compito di essere commissari anche delle rimanenti.
Al di là di qualsiasi valutazione politica, dell’esultanza della Giunta regionale e degli eventuali strascichi giudiziari (annunciati da più parti), a chi lavora nel Servizio sanitario regionale preme ora capire come le nuove disposizioni si ripercuoteranno sull’organizzazione dei servizi sanitari, sulla loro funzionalità e capacità di fornire prestazioni. Tutto a questo a fronte di territori, in alcuni casi vastissimi (basti pensare alle mega Ulss di Padova e Verona, circa un milione di utenti a testa), obiettivamente difficili da “governare”.
La sfida che la sanità veneta oggi ha davanti è delicatissima e decisiva. Si annunciano processi riorganizzativi inediti, che è necessario siano gestiti con lungimiranza e grande attenzione. Errori e sottovalutazioni sarebbero imperdonabili perché finirebbero per compromettere l’efficienza e la qualità di una sanità che, per tradizione, grazie anche all’impegno e alle competenze del personale sanitario, si è sempre collocata, finora, tra le migliori d’Italia.
Di seguito riassumiamo alcuni degli aspetti principali della riforma e pubblichiamo la ricostruzione del testo di legge definitivo così come approvato dal consiglio regionale.
L’AZIENDA ZERO. ACQUISTI E ASSUNZIONI CON LA CENTRALE UNICA
L’Azienda Zero è un ente istituito «per la razionalizzazione, l’integrazione e l’efficientamento dei servizi sanitari, sociosanitari e tecnico-amministrativi del servizio sanitario regionale». Per conto delle Usl, l’organismo gestirà gli acquisti centralizzati, la selezione del personale, il supporto tecnico alla formazione manageriale, le procedure di accreditamento, il supporto al modello assicurativo, le infrastrutture informatiche, l’autorizzazione delle strutture sanitarie e sociosanitarie, i contenziosi, i sistemi logistici, il coordinamento degli Uffici relazioni con il pubblico. Sottoposta a indirizzo e controllo di giunta e consiglio, la centrale sarà guidata da un direttore generale nominato dal governatore e coordinata da un comitato dei dg delle aziende sanitarie e ospedaliere e dello Iov. Rispetto all’ipotesi iniziale, non fungerà da servizio ispettivo per la giunta e non avrà competenze sui project financing. La sede non è stata fissata nella legge, ma con ogni probabilità sarà a Padova.
LE NUOVE USL. DAL PRIMO GENNAIO NON PIÙ 21 MA 9
Rispetto alle attuali 21, dal 1° gennaio 2017 le Usl scenderanno a 9, vale a dire una per provincia eccetto Veneziano e Vicentino che ne avranno due, a cui andranno aggiunte le aziende ospedaliere di Padova e Verona, lo Iov e l’Azienda Zero. Belluno e Feltre confluiranno nella «1 Dolomiti»; Pieve di Soligo, Asolo e Treviso nella «2 Marca Trevigiana»; Venezia, Mirano e Chioggia nella «3 Serenissima»; San Donà di Piave nella «4 Veneto Orientale»; Rovigo e Adria nella «5 Polesana»; Cittadella, Padova e Este nella «6 Euganea»; Bassano e Thiene nella «7 Pedemontana»; Arzignano e Vicenza nella «8 Berica»; Verona, Legnago e Bussolengo nella «9 Scaligera». Gli attuali direttori generali, nominati lo scorso 30 dicembre, manterranno la carica e non saranno più commissari delle aziende soppresse. L’opposizione ha ottenuto la conferma della figura dei direttori del sociale (che diventerà «servizi socio-sanitari»). E fra tre anni questo assetto sarà sottoposto a verifica da parte della giunta.
SOCIALE E TERRITORIO. I POTERI DEI SINDACI E LA VERIFICA DEL PIANO
Rispetto alla versione iniziale del testo, la parte riguardante il sociale e il territorio è stata riscritta a suon di emendamenti delle opposizioni. Le future 9 aziende sanitarie avranno ciascuna una conferenza dei sindaci. Invece le conferenze dei sindaci delle attuali 21 Usl diventeranno «comitati dei sindaci di distretto», che manterranno le competenze in materia di bilancio sociale, piano di zona e della non autosufficienza, schede di dotazione territoriale e attivazione delle medicine di gruppo. Gli stessi comitati potranno presentare all’osservatorio regionale, che sarà istituito entro 90 giorni dalla pubblicazione della legge sul Bur (prevista per martedì 25 ottobre), richieste di attivazione di nuove Usl. Sempre per ciascuno di questi 21 bacini potranno essere nominati un coordinatore del sociale (purché i posti letto negli ospedali territoriali e di comunità siano più di 3.000) e un coordinatore amministrativo (a condizione che la popolazione sia superiore a 500.000 abitanti).
CLIC E LISTE D’ATTESA. FASCICOLO ELETTRONICO APP, SMS E CUP ONLINE
Gli emendamenti dell’opposizione hanno permesso l’inserimento nella riforma di due misure dedicate agli utenti della sanità. La prima riguarda le liste d’attesa: è previsto che la giunta adotti un programma straordinario per ridurre i tempi, semplificare gli accessi e assicurare la presa in carico da parte degli specialisti in caso di patologie croniche o di necessità di approfondimenti diagnostici, attraverso percorsi di prenotazione interaziendali, convenzioni con il privato accreditato, nuove assunzioni e nuove tecnologie, attivazione di progetti innovativi come Cup online, recall via sms o app per ricordare l’appuntamento, cancellazione via telefono. Il secondo intervento concerne l’attivazione della tessera sanitaria elettronica e quindi del fascicolo sanitario elettronico: al medico che vede un paziente per la prima volta basterà un clic per conoscere la sua situazione clinica, permettendo così diagnosi più veloci e riducendo gli esami inutili.
I RISPARMI. SECONDO PALAZZO BALBI OGNI ANNO 90 MILIONI PER MACCHINE E CURE
La legge include una clausola di neutralità finanziaria, secondo cui l’attuazione della riforma dovrà avvenire «nell’ambito delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente e, comunque, senza nuovi o maggiori oneri a carico del bilancio della Regione». Sul punto le minoranze hanno espresso perplessità, in riferimento al fatto che novità come l’aumento dei posti letto negli ospedali di comunità e l’attivazione delle medicine di gruppo integrate a rigore dovrebbero comportare un aumento dei costi. Ma i tecnici di Palazzo Balbi stimano che la nuova organizzazione, fra la centralizzazione degli acquisti e delle procedure in capo all’Azienda Zero e la riduzione delle Usl, comporterà un risparmio annuo di 90 milioni di euro in costi amministrativi, che la giunta annuncia di voler reinvestire in cure e tecnologie. In programma l’acquisto di nuovi macchinari, fra cui robot chirurgici, tac e risonanze, ma pure più posti letto e medicine di gruppo.
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A cura Ufficio stampa Sivemp Veneto (le schede sono tratte dal Corriere del Veneto, il testo è ricostruito dal Gruppo regionale del Pd)
21 ottobre 2016