Ecco i due documenti sulla riforma del lavoro che il ministero ha distribuito alle parti sociali. Il primo documento propone il restyling degli ammortizzatori sociali, il secondo le linee di intervento sulla disciplina delle tipologie contrattuali. Il testo del documento sugli ammortizzatori. Il testo del documento sui contratti. Sulla riforma del mercato del lavoro «il governo è relativamente pronto» e l’obiettivo «resta quello di un accordo con le parti sociali da realizzarsi entro il termine, entro il 23 marzo». Lo ha detto il ministro del Welfare, Elsa Fornero, nel corso di un’audizione in Senato, aggiungendo che il governo è pronto a «presentare proposte su un blocco complessivo della riforma del mercato del lavoro su 5 punti».
Contratti, arriva il «premio di stabilizzazione»
Arriva il «premio di stabilizzazione» per le aziende che assumono a tempo indeterminato un collaboratore precario. L’apprendistato punta a diventare il contratto “dominante” per l’ingresso dei giovani nel mondo del lavoro. Mentre partite Iva e collaborazioni a progetto verranno, pian piano, disincentivate (anche dal punto di vista normativo).
E sui voucher (i cosiddetti buoni lavoro che nel 2010, secondo gli ultimi dati Inps, ne sono stati venduti 3,5 milioni per un importo di 91,8 milioni di euro) si torna alla loro vocazione originaria. Quella cioè prevista dalla legge Biagi. Vale a dire: si collega il valore del buono al valore orario. E «si evitano così gli abusi fatti in questi ultimi anni – ha commentato Guglielmo Loy (Uil) – quando i voucher sono stati estesi a tutti i settori produttivi (compresa la pubblica amministrazione). Invece di utilizzarli, in modo decisamente più corretto, come modalità di lavoro occasionale per pensionati e studenti nell’agricoltura e per impieghi estivi di breve durata».
La bozza di documento elaborata dal Governo per contrastare la “cattiva” flessibilità in entrata (e promuovere quella buona) è arrivata ieri nelle mani delle parti sociali. E stando alle indicazioni di massima contenute nel documento elaborato dal ministro Elsa Fornero – cinque paginette da trasformare poi in articoli normativi (su questo punto arriverà un ulteriore contributo tecnico da parte dei sindacati) – le posizioni di Governo e parti sociali mostrano più convergenze che distanze. Anche se da «Rete Imprese Italia» (e cioè l’associazione di artigiani e commercianti) arriva un cartellino rosso. Soprattutto per quanto riguarda l’aumento della contribuzione per i contratti a termine «che assieme alle altre misure allo studio del Governo – hanno sottolineato – determinerebbe un aggravio dei costi per le pmi dell’1,3% (mentre per le grandi aziende ci sarebbe un vantaggio dello 0,3%).
Del resto al primo punto della bozza di documento sulla riforma dei contratti è previsto un incremento del costo contributivo (dell’1,4% del salario mensile lordo, destinato a finanziare l’Aspi) per disincentivare l’utilizzo dei rapporti di lavoro a tempo determinato. Anche se poi all’azienda che stabilizzerà il collaboratore sarà concesso di recuperare (fino a sei mesi) la maggiorazione contributiva versata (premio di stabilizzazione).
Dalla maggiorazione contributiva (pagata per l’assunzione a tempo) sono invece esentate alcune tipologie di contratti a temporanei, tra i quali quelli conclusi per ragioni sostitutive. Mentre se il contratto a termine viene dichiarato illegittimo (dal giudice) il regime sanzionatorio continuerà a essere basato sul doppio binario della “conversione” del rapporto e del riconoscimento al lavoratore di un importo risarcitorio (omnicomprensivo) compreso tra le 2,5 e le 12 mensilità (come previsto dal Collegato Lavoro 2010).
L’intenzione del Governo poi (sempre in tema di contratti a termine) è quella di eliminare l’onere di impugnazione stragiudiziale del contratto entro 60 giorni dalla cessazione, riducendo (al tempo stesso) dagli attuali 330 giorni a 270 giorni (nove mesi) il termine entro il quale il lavoratore dovrà proporre (a pena di nullità) l’azione in giudizio. Collaborazioni a progetto e associazioni in partecipazione (con apporto di lavoro) verranno «bonificate» (con un mix di disincentivi normativi e contributivi). Mentre per quanto riguarda l’apprendistato Elsa Fornero punta soprattutto a dare attuazione entro il 25 aprile al Testo unico Sacconi. E ad apportare alcune modifiche, come quella di introdurre una durata minima al contratto (oggi assente) e condizionare la facoltà di assumere nuovi apprendisti al fatto che l’impresa stabilizzi un certo numero di apprendisti. Le partite Iva infine sopravvivono. Ma vengono limitate. In pratica (e salvo prova contraria, a carico del datore di lavoro) scatterà il carattere subordinato e continuativo (e non autonomo e occasionale) della collaborazione tutte le volte che la durata del rapporto superi complessivamente i sei mesi nell’arco di un anno. Che il collaboratore ricavi più del 75% dei corrispettivi. E che nonostante la partita Iva il collaboratore fruisca di una postazione di lavoro presso il committente
Licenziamenti per motivi economici più facili
L’articolo 18 sarà scomposto. Tetto ai risarcimenti, arretrati per 24 mesi. Contratti: più contributi contro il precariato. La riforma del mercato del lavoro prende forma. Ieri, in un vertice con i segretari generali di Cgil, Cisl, Uil e Ugl, il ministro Elsa Fornero ha illustrato la sua proposta sui licenziamenti. Il diritto al reintegro nel posto di lavoro previsto dall’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori resterebbe solo nel caso dei licenziamenti discriminatori. Per quelli per motivi economici ci sarebbe invece solo un indennizzo, mentre per quelli disciplinari sarebbe il giudice a decidere se il lavoratore debba essere reintegrato oppure indennizzato, sul modello tedesco. Si prevede inoltre un tetto al risarcimento in caso di reintegro, che dovrebbe essere di 24 mesi. Significa che se anche la sentenza arriva, per esempio, dopo 4 anni, il lavoratore ha diritto a non più di 2 anni di stipendio arretrato, ma i contributi per la pensione devono essere pagati dall’azienda per tutto il periodo. Si sta infine valutando come instaurare una procedura d’urgenza per i processi in materia di licenziamento.
Braccio di ferro
La proposta Fornero è giudicata troppo dura dai sindacati, che vogliono mantenere l’articolo 18 senza modifiche (reintegro) anche sui licenziamenti disciplinari. Contro questa richiesta è schierata la Confindustria, ma anche il Pdl. «Per noi la reintegrazione va eliminata. Demandare al giudice la scelta tra indennizzo e reintegro non è una soluzione, ma aggrava i problemi», dice Maurizio Sacconi. Sul fronte opposto il Pd sostiene la posizione dei sindacati, accettando al limite di togliere dal diritto al reintegro solo i licenziamenti per motivi economici oggettivi. Sabato, al convegno della Confindustria a Milano, ci saranno tutti i protagonisti della trattativa, compreso il premier Mario Monti, e si tenterà una prima stretta. Da martedì pomeriggio, a Palazzo Chigi, comincerà la non stop per arrivare all’accordo. Fornero e Monti ci puntano. L’intesa con sindacati e imprese metterebbe le norme al riparo da modifiche in Parlamento.
Il ministro del Lavoro ieri ha lanciato segnali distensivi verso i sindacati: «Non vogliamo consentire alle imprese di licenziare in maniera selvaggia, non è questo il nostro scopo». La Cgil comincerà da oggi le verifiche interne in vista di un possibile accordo. Ma a questo punto sono le associazioni imprenditoriali a preoccuparsi. La Confindustria teme alla fine sull’articolo 18 l’intervento minimo e intanto guarda con agitazione alle proposte sul riassetto dei contratti, che determinerebbero un irrigidimento delle norme e un aumento dei costi. Insostenibile per artigiani e commercianti, i più lontani dall’accordo.
Il documento sui contratti
Anche questo è stato mandato da Fornero alle parti sociali, come quello sugli ammortizzatori sociali. Si compone di 5 pagine ed è intitolato: «Linee di intervento sulla disciplina delle tipologie contrattuali». Obiettivo: «Rendere più dinamico il mercato del lavoro (…) contrastando al contempo il fenomeno della precarizzazione». Per questo ci vuole flessibilità in entrata e in uscita, rendendo «più adeguata la disciplina limitativa dei licenziamenti individuali, e in particolare di quelli per motivi economici». Molte le novità. Accanto al contratto a tempo indeterminato, che resta la forma normale di lavoro, il contratto di apprendistato diventerebbe il canale principale di ingresso al lavoro, mentre resterebbero 7 tipi di contratto a termine ma sarebbero più difficili da utilizzare.
Apprendisti solo se l’azienda assume
Si parte dalla riforma Sacconi e si aggiungono alcuni correttivi. In particolare, si legge nel documento, si vuole «condizionare la facoltà di assumere tramite apprendisti al fatto che il datore di lavoro possa dar conto di una certa percentuale di conferme in servizio nel passato recente». Insomma le aziende potranno assumere apprendisti beneficiando del fortissime agevolazioni sui contributi solo se dimostreranno di avere stabilizzato a tempo indeterminato una parte di quelli assunti in precedenza. Inoltre la formazione dovrà essere certificata e garantita dalla «presenza obbligatoria del tutore».
Contratto a termine più costoso
Ci sarà una «maggiorazione contributiva» (aliquota dell’1,4%) sui contratti a termine che l’azienda potrà recuperare, sotto forma di «premio di stabilizzazione», se assume il lavoratore a tempo indeterminato. Per «limitare il fenomeno della successione abusiva di contratti a termine» ci sarà «l’aumento dell’intervallo temporale» tra un contratto e l’altro. Verrà inoltre eliminato l’obbligo di impugnare il contratto a termine davanti al giudice entro 60 giorni dalla cessazione dello stesso e si ridurrà a 9 mesi il termine entro il quale proporre l’azione in giudizio».
Più contributi sui co.co.pro.
Sui contratti a progetto verrà «introdotto un incremento dell’aliquota contributiva» all’Inps, così da proseguire l’«avvicinamento alle aliquote previste per il lavoro dipendente» (33%). Sarà inoltre eliminata la possibilità delle clausole che consentono il recesso del committente prima della scadenza del termine, anche in mancanza di giusta causa. Si propone anche «una definizione più stringente del progetto» e «l’abolizione del fuorviante concetto di programma».
Stretta sulle partite Iva
«Per contrastarne l’abuso» Fornero pensa a «norme rivolte a far presumere, salvo prova contraria, il carattere coordinato e continuativo della collaborazione tutte le volte che duri complessivamente più di sei mesi nell’arco di un anno» e da essa il lavoratore ricavi «più del 75% dei corrispettivi» e comporti «una postazione di lavoro presso il committente».
Bonifica delle associazioni in partecipazione
Potranno ricorrere a questa forma di lavoro solo le «piccole attività», fino a 5 persone, compreso l’associante, fatte salve le associazioni in ambito familiare. Inoltre va provata «l’effettività della partecipazione agli utili», altrimenti il rapporto di lavoro si trasforma in subordinato.
Part time, job on call e voucher
Per ogni variazione di orario in attuazione delle «clausole elastiche del part-time» scatterà un «obbligo di comunicazione amministrativa». Stesso obbligo sul job on call ogni volta che l’azienda chiama il lavoratore. Infine si prevede di «restringere il campo di operatività» dei voucher.
Resta l’indennità di mobilità
Rispetto al documento sugli ammortizzatori, nell’incontro di ieri, i sindacati avrebbero ottenuto da Fornero la disponibilità ad allungare la fase transitoria dal 2015 al 2016-17, prima dell’andata a regime del nuovo sistema. Nel quale, inoltre, dovrebbe sopravvivere l’indennità di mobilità che sussidierebbe il lavoratore terminata l’Aspi, la nuova indennità di disoccupazione. Il tutto per accompagnare il più possibile i lavoratori espulsi dalle aziende in crisi vicino alla pensione. Il testo sugli ammortizzatori prevede comunque per i lavoratori anziani la possibilità di costituire, con accordi sindacati-imprese, fondi di solidarietà a carico delle aziende (sul modello del settore bancario) per consentire il prepensionamento con 4 anni di anticipo rispetto alle regole generali.
Sussidi, riforma più graduale
Cinque ore di confronto «operativo» al ministero con Susanna Camusso, Raffaele Bonanni, Luigi Angeletti e Giovanni Centrella, intervallato solo da una pausa, quando Elsa Fornero vede per un’altra «bilaterale» i rappresentanti di Reti imprese Italia. E al termine le dichiarazioni classiche della trattativa che è entrata nel vivo: no comment sui contenuti e rassicurazioni sull’utilità dell’incontro.
I segretari di Cgil, Cisl, Uil e Ugl dicono poco ma fanno capire tanto: che hanno presentato nuove proposte «innovative» e che vogliono andare avanti fino in fondo. «Le trattative non si fanno sui giornali. Stiamo facendo una trattativa che deve proseguire, non è terminata» dicono insieme Camusso e Angeletti. E Bonanni: «Se il governo dovesse essere flessibile come ci è parso stamattina l’accordo è a portata di mano».
A far cambiare il clima, sarebbero state le nuove rassicurazioni sull’entità delle risorse per gli ammortizzatori sociali e i tempi di uscita dall’attuale assetto delle indennità di mobilità, allungati di nuovo al 2017 (e non più al 2015) per garantire i lavoratori colpiti dalla crisi: «ci si deve chiaramente collegare alla riforma della previdenza» ha detto il leader della Cisl, intervistato al Tg3. Anche le riflessioni sull’articolo 18, per il quale si prevederebbe una manutenzione «leggera», sarebbero state bene accolte: s’è ragionato sulla certezza dei tempi (più stretti) dei procedimenti giudiziari, della possibilità di affidare al giudice la scelta tra reintegro ed equo indennizzo, fermo restando che «non si toccano» i casi di licenziamenti discriminatori.
E oggi i sindacati si incontreranno per provare a stendere una proposta unitaria sulla «manutenzione soft» dell’articolo 18.
Insomma le parole choc sulla «paccata di miliardi» sfuggite al ministro due giorni fa sembrano superate. E la stessa Fornero, nel pomeriggio al Senato, conferma: «A me sembra realizzabile un accordo, io lavoro per questo e penso che lo potremmo fare già la prossima settimana». Nessuno sfoggio di ottimismo di maniera «sono conscia che ci sono problemi ma io sarei fiduciosa sul fatto che le parti capiscano che dare oggi significa fare uscire il Paese da una trappola che da 15 anni si manifesta con un tasso di bassa crescita o stasi in alcuni casi».
Se uno dei problemi superato è quello delle risorse per i nuovi ammortizzatori («ci sono e sono abbastanza per fare una buona riforma» ha detto Fornero) ne resta aperto un altro con le piccole imprese.
Per Rete imprese Italia il ridisegno dei contratti finora proposto non va bene perché introduce troppi oneri aggiuntivi su una base produttiva segnata dall recessione: «negli ultimi tre anni hanno chiuso 100mila imprese e sono scomparsi 300mila posti di lavoro – ha detto il presidente Marco Venturi – se la proposta sui contratti non cambia noi così non la firmiamo». Serve «forte attenzione alla coesione sociale», ha avvertito ieri il ministro dello Sviluppo, Corrado Passera: «il disagio occupazionale è impressionante», tocca milioni di italiani, una «quota molto importante che oggi teme per il futuro».
Allo stato «nulla è blindato» per il Governo. «Le proposte di riforma sono pronte su 5 aspetti fondamentali: ordinamento dei contratti, ammortizzatori sociali, flessibilità in uscita, politiche attive, servizi per il lavoro» ha affermato Fornero ai senatori cui non ha concesso particolari sui contenuti della trattativa. Solo, ha aggiunto, le tre «intenzioni in più» che vorrebbe soddisfare confrontandosi con il Parlamento: le norme contro le «dimissioni in bianco, qualcosa sui disabili e qualche piccola misura che può riguardare il lavoro degli immigrati». Oggi Fornero tornerà a Palazzo Madama per riferire sulle prospettive occupazionali in Fiat mentre domani sarà a Bologna per le commemorazioni del decennale dell’assassinio di Marco Biagi. Ma la trattativa proseguirà in parallelo e senza stop fino alla settimana prossima, quando tutte le parti si incontreranno a palazzo Chigi con Mario Monti.
ilsole24ore.com e corrire.it – 15 marzo 2012