di Claudio Baccarin. Sugli stipendi dei consiglieri regionali sta per calare la mannaia del ministro Elena Boschi: se in ottobre il referendum approverà la riforma, la loro indennità netta scenderà da 8.438 a meno di 5 mila euro al mese. Questo perché la Costituzione prevede che l’indennità base sia quella del sindaco della città capoluogo, cioè Venezia per il Veneto.
Insomma, Palazzo Ferro Fini dovrà adeguarsi: si scende da 11.100 euro lordi ai 7.159 di Ca’ Farsetti. Una rivoluzione che cancella quanto previsto e votato dai padri costituenti fra il 14 e il 15 ottobre 1947. L’articolo 69 della Carta sanciva un principio sacrosanto: «I membri del Parlamento». La riforma costituzionale, sulla quale ci pronunceremo, entra nel merito della questione e determina una radicale innovazione.
Innanzitutto l’articolo 9, che tratta appunto delle indennità parlamentari, agisce per sottrazione sull’ articolo 69: «le parole “del Parlamento” sono sostituite dalle parole “della Camera dei deputati”». In pratica, i futuri senatori non avranno diritto ad indennità in quanto inquilini di Palazzo Madama. Riceveranno lo stipendio statale soltanto i 630 deputati.
Ma il Senato, per quanto ridotto per i due terzi nella sua composizione (da 315 a 100), continuerà ad esistere: sarà infatti formato da 95 senatori rappresentativi delle istituzioni territoriali e da cinque senatori che possono essere nominati dal presidente della Repubblica.
Dunque, i nuovi senatori verranno “pescati” nei consigli regionali e nei municipi. Il Veneto manderà a Roma sei consiglieri regionali e un sindaco, che indosseranno una giacca double face ma riceveranno un solo stipendio.
Come verranno pagati questi amministratori? Qui bisogna tirare in ballo l’articolo 35 della riforma Boschi, che potrebbe risultare, fin dalla rubrica “Limiti agli emolumenti dei componenti degli organi regionali” uno dei più graditi dagli elettori e senza dubbio il più inviso alla “casta” veneta. Il 35 innova l’articolo 122 della Costituzione vigente, che affida alla legge della Repubblica il compito di determinare la durata degli organi elettivi.
In pratica vengono aggiunte le seguenti parole: «e i relativi emolumenti nel limite dell’importo di quelli attribuiti ai sindaci dei Comuni capoluogo di Regione». Ricapitolando: se ogni Consiglio regionale può decidere il suo sistema di elezione e i casi di ineleggibilità e di incompatibilità, lo Stato si riserva il diritto di stabilire l’entità dello stipendio dei consiglieri regionali. Di più: l’indennità del consigliere regionale non potrà superare l’emolumento garantito al primo cittadino del Comune capoluogo. Che, nel nostro caso, è Venezia.
E qui senza dubbio siamo di fronte a una norma choc, che sta già provocando il malumore di numerosi politici. Per capire l’entità della rivoluzione, le cifre sono illuminanti. A marzo 2016 Alessandra Moretti, capogruppo del Pd, ha ricevuto 8.438,60 euro (netti), mentre il governatore Luca Zaia si è accontentato di 8.080,85 euro (netti). Orbene, se passasse la riforma costituzionale, i consiglieri regionali avrebbero diritto ai 7.159 euro lordi che costituiscono l’emolumento previsto per il primo cittadino lagunare, Luigi Brugnaro. Il quale, per inciso, nell’ottobre scorso, ha rinunciato all’indennità medesima. Insomma, ci rimetterebbero almeno 3 mila euro. Senza dimenticare il “doppio lavoro” che graverebbe sui sei consiglieri regionali-senatori.
Va ricordato che la norma costituzionale taglia-stipendi è contenuta, come anticipazione, nel progetto di legge regionale 131, “Trattamento economico dei consiglieri regionali del Veneto”, presentato dal gruppo consiliare del Pd (primo firmatario Stefano Fracasso). L’articolo 1 del pdl stabilisce che «ai fini della corresponsione dell’indennità di carica, dell’indennità di fine mandato, della copertura previdenziale, del rimborso delle spese derivanti dall’esercizio del mandato e di ogni altro emolumento a qualsiasi titolo spettante, il trattamento economico dei consiglieri regionali del veneto è parificato a quello previsto dalla legge per il sindaco del Comune capoluogo di Regione».
Pur vedendosi ampiamente decurtata la busta paga, i consiglieri regionali del Veneto potrebbero ancora consolarsi: basti dire che nel dicembre 2014 il sindaco di Campobasso Antonio Battista si è visto liquidare 4.734,10 euro lordi. Sicchè, a conti fatti, accomodarsi nel consiglio regionale del Molise non darà davvero modo di arricchirsi.
Il Mattino di Padova – 9 maggio 2016