Accusati di un grave reato ambientale per aver bruciato rifiuti speciali senza autorizzazione, in realtà avevano solo fatto il tradizionale rogo del “brusavecia” per l’Epifania.
È successo ad Angelino. Fabrizio e Mario Capato, legali rappresentanti della fratelli Capato di Lusia, azienda leader nel campo della produzione e della commercializzazione ortofrutticola, un fatturato che sfiora i dodici milioni l’anno. I tre, due fratelli e un nipote, si sono trovati a processo dopo un’ispezione del Corpo Forestale il 10 gennaio 2008 nella loro azienda agricola. In quell’occasione i militari avevano trovato una profonda buca nel terreno in cui erano presenti residui parzialmente combusti di vari materiali.
Da qui la conclusione che si trattasse di imballaggi di plastica, legno e polistirolo che l’azienda aveva incenerito pur non essendo in possesso della necessaria autorizzazione. Per quello smaltimento al di fuori dalle regole i tre Capato erano finiti a giudizio. Alla prima imputazione, nel corso del processo, si era aggiunta, su richiesta del pubblico ministero, una nuova contestazione, relativa allo stoccaggio non autorizzato di imballaggi, rifiuti speciali non pericolosi.
In questo quadro si erano inserite le argomentazioni del difensore dei tre imprenditori, avvocato Paolo Guidorzi. Per forza c’era una buca in terra, ha spiegato Guidorzi, era il 10 di gennaio e c’erano ancora i resti della legna dell’imponente brusavecia che era stato allestito per la Befana nei terreni della proprietà del Bornio. La Capato non smaltisce, ha poi argomentato il legale, i propri imballaggi in modo improvvisato ma li conferisce all’azienda speciale Polaris cui paga le relative fatture. Lo smaltimento è anche certificato da un Ente che lavora per la grande distribuzione cui i prodotti orticoli vengono ceduti. Versione sostenuta anche dai testimoni. E accolta dal giudice Mirko Stifano che ha assolto i tre imputati con formula piena, perché il fatto non sussiste.
IL Gazzettino di Rovigo – 20 lugliuo 2011