Dopo 30 giorni di ricovero è previsto un contributo del paziente di 25 euro al giorno che diventano 45 euro al giorno dopo un ricovero di 61 giorni. Questa è una delle novità che rivoluzioneranno il sistema sanitario regionale.
Non subito, nemmeno nel futuro prossimo, visto che devono realizzarsi gli «ospedali di comunità» ovvero le strutture intermedie per accogliere i pazienti non che non hanno più bisogno di strette cure mediche in ospedale. Ma accadrà. Il ricovero a pagamento è stato inserito, nero su bianco, nelle schede ospedaliere approvate dalla V Commissione consiliare presieduta da Leonardo Padrin e pronte al giudizio del consiglio regionale. Quella del contributo economico del paziente non è l’unica novità cui dovremo abituarci.
Se le risorse si assottigliano a vista d’occhio, anche le Aziende sanitarie devono entrare nell’ottica manageriale. Ad esempio “sfruttando” le proprie eccellenze nel grande mercato sanitario italiano. La prima strada indicata dalle schede è riservare 100 posti al ricovero fuori regione «che in nessun modo incideranno sulle liste d’attesa per chi abita in Veneto», scandisce Padrin e far fruttare le eccellenze tanto decantate della sanità veneta. Nella stessa partita potranno entrare anche le strutture private convenzionate. Per la serie: «sono aziende a tutti gli effetti», chiarisce il presidente Padrin, «non possono vivere solo sulla convenzione con il pubblico, che dimostrino il loro valore d’impresa e sappiano intercettare i pazienti extra-regione. A questo scopo lasceremo il 15% dei posti letti per la medicina ordinaria privata e il 30% per quella psichiatrica al mercato fuori regione».
Tanto più che fondi informali sottolineano uno spostamento preoccupante delle prestazioni non cliniche (interventi chirurgici) verso il privato: «Non siamo in grado di dare numeri», ammette Padrin, «ma il fenomeno esiste. Allo stesso modo dei veneti che preferiscono andare in altre regioni». Linea dura invece per i dipartimenti della sanità pubblica inefficienti: se la cattiva prestazione dura 2 anni si dovrà cercare prima di tutto la causa dell’inefficienza ma non è escluso che siano soppressi.
Questi sono solo alcuni dei paragrafi delle schede di dotazione ospedaliera, ovvero le strategie per il futuro della sanità veneta, affrontati ieri in un’assemblea sindacale della Cisl all’ospedale Sant’Antonio di via Facciolati, a Padova. Ospite d’onore del summit, Leo Padrin, che ha incontrato gli operatori. Accanto al presidente della V Commissione Sabrina Dorio, dell’Ust Cisl Padova-Rovigo e Fabio Turato, coordinatore Sanità Cisl Fp Padova-Rovigo. Prossimo appuntamento lunedì 14 ottobre (dalle 13 alle 15) a Piove di Sacco. Tema del dibattito, le «schede ospedaliere» che dovranno andare al voto in Consiglio regionale. Sul tavolo un sistema da 8 miliardi di euro, 60 mila lavoratori e 5 milioni di pazienti (mezzo milione solo a Padova). I commenti sindacali sono per lo più positivi. «Siamo d’accordo che non bisogna restare in ospedale inutilmente e siamo d’accordo con i posti ospedalieri territoriali che prevedono una compartecipazione per il paziente», riferisce Dorio, «un cronico degenerativo può essere seguito dal territorio, è un ricovero improprio. Tuttavia ci aspettiamo molto di più dai medici di base: i gruppi medici integrati (che dovranno garantire assistenza e meno ricoveri o ricorsi al pronto soccorso) sono ancora timidi esperimenti. Purtroppo temiamo non saranno recuperate le risorse necessarie per gli investimenti importanti».
Il Mattino di Padova – 12 ottobre 2013