«Il punto critico della manovra è a mio avviso il Tfr. Condivisibilissimo l’obiettivo di rilanciare i consumi, rilancio che purtroppo fatichiamo a vedere, con la possibilità di una busta paga più pesante. Ma la sola disponibilità del Trattamento di fine rapporto in busta paga solo ai lavoratori privati, oltre ad essere ingiusta, rischia di porre anche un vizio di costituzionalità. Già in passato, di fronte a norme che indicavano una disparità tra lavoratori pubblici e lavoratori privati, la Corte ha fatto dei rilievi». Così Matteo Richetti (Pd), renziano della prima ora, dà voce, in un’intervista rilasciata al Sole 24 Ore, alle perplessità di molti. Ma estendere la possibilità di avere il Tfr in busta paga ai dipendenti pubblici, obietta qualcuno, porrebbe problemi di aumento di spesa difficilmente sostenibili in questo momento. «Ammettere che il Tfr in busta paga ai dipendenti pubblici porrebbe problemi di aumento di spesa – afferma il deputato Pd – significherebbe ammettere candidamente che l’accantonamento del Tfr è fittizio».
Di seguito il testo integrale dell’intervista al Sole 24 Ore:
Richetti (Pd): «Così il Tfr è a rischio incostituzionalità e mancano i vitalizi»
di Emilia Patta – il Sole 24 Ore
«Quando Matteo Renzi torna a fare Matteo Renzi non possiamo che essere soddisfatti. In questa manovra c’è tutto quello che abbiamo costruito dalla prima Leopolda in poi, anche nei suoi passaggi dolorosi come la fine del governo Letta. È una manovra esplicitamente per la crescita, come dice il presidente Napolitano. Qui c’è il coraggio che gli italiani stavano attendendo da tempo». Matteo Richetti è renziano della primissima ora. Ma ora non rinuncia a un certo spirito critico, di “pungolo” del renzismo, che porterà anche a Firenze la prossima settimana, nella prima Leopolda di governo.
Nessuna criticità in questa manovra?
Su Irap, decontribuzione per le assunzioni, partite Iva e ovviamente stabilizzazione degli 80 euro in busta paga nulla da dire. Il punto critico è a mio avviso il Tfr. Condivisibilissimo l’obiettivo di rilanciare i consumi, rilancio che purtroppo fatichiamo a vedere, con la possibilità di una busta paga più pesante. Ma la sola disponibilità per i privati, oltre ad essere ingiusta, rischia di porre anche un vizio di costituzionalità. Già in passato, di fronte a norme che indicavano una disparità tra lavoratori pubblici e lavoratori privati, la Corte ha fatto dei rilievi.
Ma estendere la possibilità di avere il Tfr in busta paga ai dipendenti pubblici porrebbe problemi di aumento di spesa difficilmente sostenibili in questo momento.
Ammettere questo significherebbe ammettere candidamente che l’accantonamento del Tfr è fittizio… Ci sono poi altri aspetti del Tfr che vanno tenuti sott’occhio nel passaggio in Parlamento.
Si riferisce alla scelta della tassazione ordinaria in busta paga invece che separata com’è per l’accantonamento attuale?
Certo. In questo modo si stabilisce una disparità di fatto tra chi ha veramente bisogno di liquidità in più e tra chi invece può permettersi l’accantonamento con tassazione agevolata. Si rischia paradossalmente di penalizzare di più proprio chi non ce la fa. C’è poi da vigilare sulla modalità con cui si costruisce il meccanismo: per le imprese sotto i 50 dipendenti non devono esserci oneri bancari.
Che cosa manca in questa manovra?
Fermo restando il giudizio complessivo, ossia che si tratta di una manovra innovativa e riformatrice, c’è senz’altro qualche assenza illustre. Non si toccano né le pensioni d’oro, quelle che vivono grazie a una logica retributiva esasperata, né i vitalizi. Certo, su questo punto è un po’ come portare i tacchini al Natale. Ma credo che i parlamentari ora debbano dare un segnale in questo senso, come abbiamo fatto in Emilia Romagna.
E i tagli alle Regioni? Non c’è il rischio di una diminuzione dei servizi essenziali o di un aumento delle tasse locali come lamentano i governatori?
Spero che tutta la questione non si riduca a un dibattito tra istituzioni del tipo “devi tagliare i ministeri” e “zitto tu, che hai i Fiorito”. Il problema è molto serio: o le Regioni fanno una vera spending review tagliando le strutture improduttive senza toccare quelle produttive o non se ne esce. Non si può pensare di tagliare 4 miliardi solo agendo sugli sprechi. Un solo esempio: negli ultimi anni a causa delle difficoltà dei bilanci regionali non sono state rifinanziate le leggi di sostegno alle imprese e all’artigianato, ma le relative strutture con i relativi dipendenti sono ancora tutte in piedi. Occorre più coraggio.
Il Sole 24 Ore – 18 ottobre 2014