Impauriti dall’oggi, angosciati dal domani. La crisi spaventa gli italiani, lascia senza prospettive i giovani, toglie sicurezze sociali, acuisce il rischio di povertà
Giovani e meno giovani, chi lavora e chi è disoccupato, l’esercito di anziani e di super 80enni: per tutti il mix di tutele storiche del welfare – dalla sanità alla previdenza, dal lavoro all’assistenza sociale – si sta esaurendo sotto i colpi di una spesa sociale che non regge l’onda d’urto dei conti che non tornano. Ma gli italiani percepiscono che «il sistema di welfare non rassicura più e che è indispensabile cambiare»: è questa la tesi di partenza del progetto «Italia Welfare, laboratorio per le nuove politiche sociali», illustrato ieri da Censis e Unipol, partner alla ricerca del welfare futuro.
«Apriamo una riflessione, un momento sabbatico dell’intelletto», ha chiosato il presidente del Censis, Giuseppe De Rita, nel presentare l’iniziativa con Carlo Cimbri, ad di Unipol. Per dire con la forza di numeri mai abbastanza noti, che il passo della riorganizzazione dello stato sociale è ineludibile. Tanto più ai tempi della grande crisi di oggi e in vista di un federalismo che a maggior ragione dovrà essere maneggiato con cura.
I numeri messi in fila dal Censis, del resto, spiegano che la bomba sociale è già qui e che va disinnescata con urgenza. Solo il 36% degli italiani ritiene adeguata la copertura del welfare e il 68% è preoccupato per il proprio reddito in vecchiaia. Nel 2030 gli over 80 saranno 5,4 milioni (+54% rispetto ad oggi) e gli ultra 90enni saranno 1,3 milioni (il triplo di oggi), mentre l’esercito della disabilità conterà nel 2040 ben 6,7 milioni di persone. Con gradi di copertura pubblica, di strutture e di servizi assolutamente carenti, come sempre più al sud che al nord.
Preoccupati più degli altri cittadini europei, gli italiani si sentono ai margini della società (il 21% contro il 9% della media europea), non inclusi dalle politiche sociali e da un sistema di welfare che risponde ai loro bisogni in maniera sempre meno efficace che altrove. Un italiano su tre si sente a rischio di povertà (il 36% contro il 25% della media europea); il 62% esprime un giudizio negativo anche sugli strumenti di tutela dei disoccupati; il 44% ritiene che in cinque anni la situazione sia peggiorata.
Preoccupa fortemente la meta di una pensione in grado di garantire un livello di vita dignitoso, a testimonianza delle dure prove di compatibilità che il sistema pensionistico è chiamato ad affrontare. Mentre i giovani il lavoro non lo hanno e per loro la pensione, oltreché un sogno, avrà comunque una soglia di reddito bassissima.
Queste le sfide ravvicinate. Con una copertura pubblica sempre più stretta e la necessità di far crescere forme autonome e sempre più pagate direttamente dagli italiani. Se ce la faranno a pagarsele. Per avere tutele che potrebbero essere una cassa integrazione privata o forme di assistenza diffuse per anziani e disabili, nuovi protagonisti no profit come il volontariato e l’associazionismo. E banche e assicurazioni, per le quali, per stare sul mercato, si spalanca un futuro di profit sociale. In un mix pubblico-privato tutto da riscoprire.
Ilsole24ore.com
18 dicembre 2010