Colpo di scena all’ultima curva. Nel giorno della proclamazione degli eletti, i giudici della Corte d’appello di Venezia si sono convinti della bontà delle ragioni del Movimento Cinque Stelle ed hanno decretato l’uscita anzitempo dal consiglio regionale di Roberta Vianello, candidata della Lista Zaia, veneziana di Fiesso d’Artico, e il ritorno a Palazzo Ferro Fini della pentastellata Erika Baldin, pure veneziana ma di Chioggia. Una decisione che non incide più di tanto sugli equilibri nell’assemblea, dove la maggioranza mantiene un margine schiacciante di 41 consiglieri a 10 sull’opposizione ma che rappresenta una piccola rivincita per il M5s, che riportando un suo alfiere a presidio della Regione evita lo smacco – più volte sottolineato nelle ultime due settimane dai leghisti – d’essere stato «cancellato» dal Ferro Fini.
Soddisfatta Erika Baldin: «Come era prevedibile le nostre ragioni sono state accolte dai giudici, mi pare una decisione di buonsenso. È un risultato importante per il Movimento ma anche un riconoscimento significativo a livello personale, per il lavoro fatto in questi anni in consiglio e sul territorio». Quali sono le ragioni addotte dai Cinque Stelle nella memoria accolta dalla Corte? In sintesi, che per valutare il superamento o meno della soglia di sbarramento per le liste in corsa singola, ossia il 3%, non si deve guardare al risultato di lista (nel caso di specie 2,7%) ma a quello del candidato presidente (Enrico Cappelletti, 3,3%) perché va tutelata la volontà dell’elettore che con evidenza, secondo i legali del M5s, ha inteso esprimere il suo voto a favore del partito senza distinguere tra voto di lista e voto al candidato presidente. Una tesi che avrebbe trovato conforto anche presso i tecnici dei ministeri dell’Interno e della Giustizia, consultati dai pentastellati.
La Lega, ovviamente, non ci sta e col responsabile organizzativo Giuseppe Paolin annuncia immediato ricorso al Tar: «La norma è inequivocabile e riferisce la soglia di sbarramento alla lista, non al candidato. Tanto è vero che ci sono dei precedenti, nel 2010 e nel 1995, e sempre i giudici hanno deciso in tal senso. Non capisco come questa volta possano essersi espressi in senso opposto, anche perché a cascata si dovrebbero riassegnare tutti i seggi alla luce dei risultati conseguiti dai candidati presidenti e non dalle liste. Insomma, il caos».
Tant’è, in attesa che si pronunci il Tar, il verdetto quello è: fuori Vianello (1.451 preferenze), dentro Baldin (1.943). Quanto agli altri, tutto confermato, compreso l’ingresso in consiglio di Nazzareno Gerolimetto della Lista Zaia al posto di Stefano Busolin a Treviso e di Alessandra Sponda al posto di Filippo Rando a Verona, pure loro candidati nella lista del presidente (Busolin può sperare nel ripescaggio perché sono alte le possibilità che entri in giunta un eletto trevigiano della Lista Zaia e come noto gli assessori devono dimettersi dal consiglio; non sembrano invece esserci chance in tal senso per Rando). «Ora il presidente uscente Roberto Ciambetti dovrà procedere alla convocazione del consiglio entro il 16 ottobre – spiega il segretario generale Roberto Valente -. Nelle giornate di giovedì e venerdì verranno effettuate le procedure di accreditamento dei consiglieri eletti».
Chissà se per allora si sarà risolto un altro piccolo giallo, quello delle preferenze prese dai candidati eletti in provincia di Padova, di tutti i partiti. L’estratto del verbale della Corte d’appello circolato ieri attribuisce infatti a Roberto Marcato 22.219 preferenze contro le 11.603 inizialmente previste, a Fabrizio Boron 12.566 contro 6.558, a Vanessa Camani 11.803 contro 6.133 e via di questo passo. Numeri abnormi, che non si spiegano neppure i diretti interessati, ma che se confermati cambierebbero gli equilibri interni ai gruppi e le aspirazioni dei singoli a questo o quel ruolo. E a proposito di equilibri: ora che il M5s è rientrato in consiglio, si vedrà se qualche big rimasto fuori verrà ripescato in veste di funzionario per dirigere il gruppo. Nei giorni scorsi erano circolati i nomi del candidato presidente Enrico Cappelletti (per legge è eletto solo il primo degli sconfitti, ossia Arturo Lorenzoni) e dell’ex consigliere Simone Scarabel. Entrambi però non sono in buoni rapporti con Baldin, «donna sola al comando» dei 5 stelle veneti.