Povero Veneto. La ripresa c’è per tutti, ma non per i salari. La seconda regione d’Italia per quota di esportazioni, dove la disoccupazione è scesa al 6,5% e il Pil che cresce maggiormente rispetto alla media nazionale, si posiziona solo all’ottavo posto per il valore medio delle retribuzioni nella Penisola. Vale a dire che la locomotiva è ripartita ma i convogli sono pieni di lavoratori in terza classe.
A leggere i dati del Geography Index , la classifica degli stipendi italiani stilata da Job Pricing, emerge un Nordest che fatica a sollevarsi dalle zone basse dei salari: settimo il Friuli Venezia Giulia, a 29.262 euro l’anno, davanti al Veneto, in ottava posizione, 29. 252 euro. Tra le prime dieci province per retribuzione compare solo Trieste, al nono posto con oltre 30 mila euro, e la prima città veneta è Verona che si trova all’11esimo posto con 30.633 euro. Il distacco dalla vetta, che è Milano, è notevole, circa 4.000 euro l’anno, che diventano sei mila euro se andiamo a Padova, Treviso o Rovigo. Si dirà che il costo della vita è diverso: sotto la Madonnina c’è la finanza, in Veneto ci sono i capannoni. Ma resta comunque difficile spiegare la doppia velocità con cui gira il motore regionale: buone performance economiche ma redditi fermi al palo. A sentire gli esperti della materia, sindacalisti, consulenti del lavoro e imprenditori, tutti invitano alla cautela: le classifiche hanno senso se fatte con dati omogenei altrimenti il risultato può essere fuorviante. Milano se ne sta in cima perché ospita i quartier generali delle multinazionali, e i grandi studi legali. E così vince tutta la Lombardia dove hanno base le industrie “ricche” come la chimica e la farmaceutica. Nel Nordest il tessuto produttivo è composto di piccole e medie imprese, impegnate nel tessile, arredamento e metalmeccanico, i settori più esposti alla congiuntura e ai venti della globalizzazione. E quindi non deve stupire un Veneto che cresce nell’export ma non corre nei salari. Detto questo, non mancano le ragioni per preoccuparsi. Spiega Onofrio Rota, segretario della Cisl regionale: «L’anno scorso in Veneto sono stati staccati 15 milioni di buoni lavoro, i contratti voucher, per il 2016 la proiezione è di 20 milioni. Sappiamo che spesso si tratta di lavoro nero mascherato perché diffusa l’abitudine di pagare un’ora in voucher e magari il resto della giornata in contanti. Insomma questo genere di abusi fa scendere inevitabilmente la rendicontazione dei salari». Tuttavia, fa notare il sindacalista, bisogna riconoscere che in un contesto di salari bassi, e non solo in regione, la contrattazione di secondo livello sta contribuendo a far aumentare il potere d’acquisto grazie all’introduzione di benefit di welfare aziendale. Certo, l’alleggerimento delle buste paghe è un problema nazionale. I tassi di crescita delle retribuzioni, ridotti ormai allo zero virgola, non sono mai stati così bassi dagli anni Ottanta. Il blocco dei contratti di lavoro ha contribuito a mettere il freno agli stipendi: in media ci vogliono 24 mesi per le trattative rinnovo, in un braccio di ferro continuo di parti sociali e imprese tra richieste di maggior produttività in cambio di aumenti di salari. «Finché il cuneo fiscale rimarrà così alto – dice Mario Fusani, dello studio Gf Legal, che si occupa di contrattazione aziendale – sarà difficile vedere crescere i salari. Perché ogni euro di aumento significa che si moltiplica del 40% il costo a carico del datore di lavoro. Gli sgravi fiscali stanno rilanciando la contrattazione di secondo livello. Un’ottima cosa ma non basta se vogliamo fare ripartire i consumi». Non tutte le province seguono lo stesso tabellino di marcia. Verona e Vicenza perdono una posizione rispetto allo scorso anno (11esimo a 20esimo posto), Rovigo invece ne guadagna addirittura 7 posizionandosi al 34 esimo posto e Padova ne recupera sei arrivando al 37 esimo posto. Crisi nera a Treviso che rischia di diventare la cenerentola delle retribuzioni, in calo di 7 posizioni e attestandosi al 32esimo posto per 28.670 euro. E forse non è caso che in provincia si registri la crescita record dei voucher, balzati di sette volte rispetto al 2012, quasi 3 milioni di buoni lavoro nel 2015, quasi un quinto del totale regione. Per Giorgio Polegato, Presidente di Astoria Vini, prosecco bio di Refrontolo, che vale circa 40 milioni di euro di ricavi, il problema dell’andamento negativo dei salari è mal posto. «In provincia ci sono settori che vanno meno bene e altri che magari accordano bassi salari. Nel vino godiamo di un’ottima stagione. E siamo disponibili a pagare anche il 30 e il 50% in più di uno stipendio medio. Il fatto è che non troviamo personale adeguato. Mancano le competenze o la voglia di lavorare in questo settore. Con il risultato che dobbiamo assumere personale dall’estero». (Christian Benna)
IL MATTINO DI PADOVA – Venerdì, 16 dicembre 2016