Davanti alla curva del contagio che continua a puntare verso l’alto, la politica è alle prese con la ricerca di un difficile equilibrio: l’allarme c’è e risuona forte, ma non si vorrebbe compromettere il Natale con nuove chiusure. Così le misure per contenere la pandemia sono di nuovo terreno di scontro. Tra leader di partito, tra esponenti dello stesso partito, tra livelli istituzionali, centrale e locali.
Accendono il dibattito cinque presidenti di Regione espressione del centrodestra e uno del Pd: eventuali lockdown riguardino i non vaccinati. Il modello è la regola in vigore in Austria da due giorni, ma applicata allo schema italiano dei passaggi di colore e alle relative limitazioni. Massimiliano Fedriga, presidente del Friuli-Venezia Giulia, martoriato dai contagi e a rischio zona gialla già da lunedì prossimo, sostiene: «Eventuali nuove chiusure non devono essere pagate da chi si è vaccinato, nel caso di passaggio di colore — chiarisce — le restrizioni si applichino ai non immunizzati». Giovanni Toti, alla guida della giunta ligure, concorda e così il presidente del Piemonte Alberto Cirio. Si schiera il calabrese Roberto Occhiuto: «La maggioranza degli italiani ha dato fiducia alla scienza: non può pagare la scelta incomprensibile di una minoranza». E anche il presidente della Lombardia, Attilio Fontana: «Non possiamo imporre restrizioni ai cittadini che hanno dimostrato senso del bene comune». Il toscano Eugenio Giani (Pd) prende la medesima posizione: «Chi non è vaccinato non può partecipare alla vita della comunità».
Al fianco dei presidenti leghisti e centristi è il leader di Italia viva, Matteo Renzi, che dal suo profilo social apre un sondaggio: «Non ti vaccini? Resti a casa. Che ne pensate?». Se per il presidente del Veneto, Luca Zaia, sarebbe «di difficile applicazione», l’idea non piace affatto a Matteo Salvini, da sempre contrario a una stretta nei confronti di chi non si vaccina: «Salvini — rivelano fonti della Lega — condivide la posizione del governo. L’Italia non ha i numeri dell’Austria, il sistema sanitario regge, la durata del green pass non cambia. L’obiettivo è evitare nuove restrizioni». Da quel che filtra da Palazzo Chigi, infatti, l’ipotesi di «adottare restrizioni sul modello austriaco non è sul tavolo». Lo dice apertamente la ministra Mariastella Gelmini, interlocutrice delle Regioni: «Niente nuove restrizioni per ora». Nella stessa trincea di Salvini, in questa battaglia, si trova il presidente M5S Giuseppe Conte. «Le misure vanno dosate o la popolazione non ti viene dietro. Sono contrario a ulteriori strette. La situazione è più serena che altrove».
Ieri però i nuovi positivi sono stati 7.698, 74 i morti. E lo studio dell’Iss con la fondazione Bruno Kessler dimostra ancora l’equazione: i vaccini hanno salvato 12 mila persone e annullato l’effetto moltiplicatore della contagiosissima variante Delta.
Il modello Austria, che impone il lockdown soltanto alle persone non vaccinate, non convince Palazzo Chigi. Il pressing di alcuni presidenti di Regione è forte, il Friuli-Venezia Giulia rischia di entrare in zona gialla e a Bolzano è già alta la preoccupazione per un’altra stagione invernale con le piste chiuse. Eppure il premier Mario Draghi, che più volte al giorno si informa personalmente sull’andamento della curva epidemiologica, non vede al momento ragioni per cambiare in corsa la strategia del governo. La cautela ha spiegazioni al tempo stesso scientifiche e politiche. I numeri dell’Italia, che sta meglio rispetto alla gran parte dei Paesi europei, dicono che la forte campagna di vaccinazione, il green pass e le fasce di rischio a colori «stanno funzionando». Il sistema sanitario regge, e poiché il Paese è ancora tutto in bianco non sembra ancora arrivato il momento di imprimere accelerazioni. Poi c’è la politica, a spiegare l’attendismo di Draghi. Se il governo imponesse una stretta, con le terapie intensive fortunatamente ancora in sicurezza, Giorgia Meloni e Matteo Salvini avrebbero facile gioco nell’accusare il premier di aver stressato inutilmente il Paese con i vaccini e il green pass.
La linea del governo rimane quella di mantenere l’attuale impianto con qualche aggiustamento che conceda maggiori garanzie ai vaccinati, ma senza stabilire un doppio binario per i no vax. Le restrizioni potrebbero scattare soltanto se si arriverà in fascia arancione o rossa, anche valutando il modello tedesco del green pass 2G: negli alberghi e nei ristoranti possono entrare solo vaccinati (geimpft) e guariti (genesen).
Gli scienziati sono giunti alla conclusione che dopo sei mesi dalla seconda dose gli anticorpi del vaccino cominciano a calare. Nei prossimi giorni si chiederà al Comitato tecnico-scientifico di valutare se ridurre la validità della certificazione verde da 12 a 9 mesi, o addirittura fino a sei, per aumentare la sicurezza.
Il dibattito tra Palazzo Chigi e il ministero della Salute riguarda la possibilità di concedere il green pass solo ai guariti, ai vaccinati e a chi si sottopone a tampone molecolare, che dura 72 ore. Stando alle ipotesi allo studio potrebbe essere abolito il ricorso al tampone antigenico, ma è una strada complicata perché taglierebbe fuori dal sistema le farmacie. Una mediazione possibile è mantenere il tampone rapido, ma dimezzarne la durata: da 48 a 24 ore.
Il certificato «2G»
Si guarda al modello tedesco: al ristorante solo guariti (genesen) o vaccinati (geimpft)
È atteso entro la fine della settimana il decreto con cui il ministro della Salute impartirà a tutto il personale medico e ai lavoratori che entrano nelle Rsa l’obbligo di sottoporsi alla terza dose o al richiamo del vaccino. Un traguardo che Roberto Speranza vorrebbe raggiungere a gennaio per tutti gli italiani. Alcune regioni stanno già partendo con la dose booster anche per la fascia tra i 40 e i 60 anni. Poi si allargherà a tutti.
Speranza ha detto più volte che una decisione sullo stato di emergenza sarà presa solo nell’ultima decade di dicembre. Da quel che trapela il premier Draghi non è convinto della necessità di prorogare lo strumento che ha fatto fin qui da cornice a tutti i provvedimenti sul contenimento del Covid-19 e che, avendo per legge una durata massima di due anni, scadrà il prossimo 30 gennaio. Quel che al momento sembra scontato è che il governo userà lo stato di emergenza fino all’ultimo giorno utile e quindi non si fermerà al 31 dicembre, come è stato ipotizzato.
La stagione della neve è a rischio. L’area di Bolzano è sempre più vicina alla zona gialla e se col passare delle settimane dovesse andare in arancione gli impianti resterebbero chiusi anche quest’anno. A meno che non passi la proposta di Forza Italia e della Lega, che vogliono limitare le misure della zona arancione alle sole persone che rifiutano di sottoporsi al vaccino. In quel caso, con il green pass valido sarebbe possibile tornare a sciare.