di Lucilla Vazza. Ogni anno oltre 30mila professionisti sanitari sono chiamati a rispondere davanti al giudice del loro operato: è questo infatti il numero delle denunce in tema di responsabilità sanitaria. Per questo motivo, il costo dei sinistri è schizzato del 50% nelle coperture per i medici e del 72% per le strutture.
Con risarcimenti che valgono in media 30mila euro. Oggi su questi temi e tutte le sfaccettature della responsabilità sanitaria si è discusso nel lungo e ricco convegno che si è svolto presso la Corte d’Appello di Roma. L’evento è stato organizzato dall’Osservatorio sulla responsabilità in medicina (Orme), il progetto nato dalla volontà del Tribunale e della Corte d’Appello di Roma, insieme all’Università di Tor Vergata, che dal 2007 ha avviato una sistematica raccolta e catalogazione delle pronunce civili e penali sulla responsabilità professionale medica.
Giurisprudenza in cammino
Ha introdotto e coordinato la prima sessione del convegno il primo presidente della Cassazione, nonché presidente onorario di Orme, Giorgio Santacroce, che ha ripercorso tutte le criticità della materia, anche alla luce delle pronunce più recenti e della legge Balduzzi, che ha introdotto elementi innovativi (aprendo però nuovi fronti interpretativi) a un istituto che dal 1999 era consolidato. Infatti la Cassazione con la sentenza del 22 gennaio ’99 aveva indicato la via maestra, indicando che la responsabilità del medico debba essere considerata contrattuale, con tutte le implicazioni del caso: 10 anni per la prescrizione e colpa presunta in capo (si legga, la disamina della situazione, nel commento del giudice Giuseppe Buffone). «La responsabilità dei medici è essenzialmente civile, solo in extrema ratio, si deve passare al giudizio penale». Mentre di recente, con la sentenza n. 1430 del 2 dicembre 2014, il Tribunale di Milano, ha dato una lettura diversa della natura della responsabilità sanitaria, alla luce dell’articolo 3 della legge 189/2012, la cosiddetta legge Balduzzi (come spiegato, nel nostro articolo di Umberto Vianello).
Il richiamo al Parlamento: serve una nuova legge
Fomentati da una certa cultura sensazionalistica, oltre che da una generale sfiducia nelle istituzioni, da oltre un decennio si assiste in Italia a un’impennata delle denunce su vera o presunta malpractice, con ricadute pesantissime sulla spesa a carico del sistema sanitario pubblico. E questo è un aspetto che però non può ridursi a una questione meramente contabile, come ha sottolineato il presidente emerito della Corte costituzionale, Cesare Mirabelli, in apertura dei lavori: «Va tutelato il diritto costituzionale alla salute, perché è il diritto «perfetto» dell’individuo, che discende direttamente dal più alto dei diritti dell’essere umano: quello alla vita. Per questo la complessità della materia che, nel caso dei medici e della salute in generale, che investe molti settori (ambiente, lavoro ecc.), deve essere ripreso dal legislatore al più presto». Sono infatti 7 i provvedimenti che giacciono in Parlamento, ed è lì che occorre trovare la quadra per dare risposte certe a tutti gli attori coinvolti. Ma su questo tema, ha spiegato il sottosegretario alla Giustizia Cosimo Ferri: «Non c’è una linea ben precisa del Governo su questo tema», ha affermato il sottosegretario Cosimo Ferri, «si sta lasciando alla giurisprudenza l’interpretazione e la definizione di alcuni punti che meriterebbero un intervento legislativo».
Le assicurazioni
Sul costo che questa situazione porta in termini di sinistri e di esplosione delle tariffe assicurative è intervenuto Dario Focarelli, Dg dell’Ania, «tra il 2001 e il 2012 il costo dei sinistri del ramo ha ecceduto i premi raccolti in media del 50% nelle coperture per i medici e del 72% in quelle per le strutture». E come abbiamo scritto più volte su questa testata, le denunce contro medici e strutture sanitarie sono raddoppiate, raggiungendo il numero di 20mila. Il costo sinistri è di 107 euro a posto letto, secondo il rapporto del broker Marsh. Tutti i dati sono stati già anticipato sul Sole 24 Ore Sanità, 5/2015. In una situazione del genere, le soluzioni di policy da percorrere per cambiare rotta e ridurre il numero dei sinistri non possono essere univoche. Per gli assicuratori Ania «Nel campo della prevenzione occorre diffondere una cultura del rischio, incentivando l’adozione di protocolli di risk management presso strutture e professionisti».
Il dovere del risk management
Per Giovanni Bissoni, già ai vertici dell’Agenas e oggi subcommissario alla sanità per la Regione Lazio, la risposta deve partire dalla situazione di governance delle strutture «Va potenziata la ricerca sui sistemi sanitari. Occorre un cambio di mentalità, superare il discorso incentrato sul posto letto, orientandosi a quello molto più articolato che passa per le reti cliniche integrate. Le aziende devono curare sempre di più il risk management».
«Tutto deve partire dalla gestione del rischio clinico» ha spiegato Tiziana Frittelli, direttore generale della Fondazione Policlinico Tor Vergata di Roma e presidente di Federsanità Anci Lazio – «in tema di responsabilità sanitaria – ha affermato sul quale serve un intervento normativo immediato, ma anche un grande confronto etico e culturale per affrontare i problemi anche perché bisogna tenere conto di una serie di criticità e delle molte figure deboli da tutelare». E, raccontando ai nostri microfoni, Frittelli ha spiegato «Quando sono arrivata al Policlinico Tor Vergata, ho trovato un conto di 10 milioni per la sinistrosità reale e presunta. Occorre individuare nuovi strumenti operativi, mappare i rischi e analizzare i sinistri. Solo in questo modo è possibile fare una sorta di “quaderno degli errori”, e da lì ripartire. Ma il Dg non può fare tutto da solo. La gestione del rischio clinico è il cuore della governance, e attrraverso la figura dei facilitatori, che hanno il compito di facilitare i percorsi clinici, portandosi sulle spalle determinate procedure, è possibile governare l’intero sistema attraverso una logica diffusa e mai accentrata».
Il Sole 24 Ore – 23 marzo 2015