«Armonizzare la responsabilità civile del magistrato sul modello europeo». Sotto questa definizione di intenti il governo si appresta a modificare radicalmente la legge Vassalli, dall’ampliamento della responsabilità civile diretta delle toghe alla rivalsa obbligatoria sui giudici «negligenti», fino all’innalzamento della quota di responsabilità patrimoniale diretta del magistrato (che arriverà fino alla metà dello stipendio, oggi è un terzo).
Le linee guida del sesto dei 12 punti della riforma preannunciata da Renzi – pubblicate ieri dalla Giustizia – entrano di petto nel delicato rapporto con l’ordinamento giudiziario, che non a caso già in serata, attraverso l’Anm, parla di «una stretta» nei confronti delle toghe, pur con tutti i distinguo «in attesa del testo» e di scoprirne «i dettagli, che in questa materia fanno la differenza».
Per armonizzarsi con l’Europa, scrivono in via Arenula, bisogna innanzitutto includere tra le ipotesi di responsabilità civile del giudice «la violazione manifesta delle norme applicate ovvero il manifesto errore nella rilevazione dei fatti e delle prove», una sorta di punizione per la negligenza grave. Punizione che riguarderà sugli stessi presupposti anche i magistrati onorari, mentre i giudici popolari (cioé i cittadini aggregati alle Corti d’Assise) resteranno responsabili solo per i casi di dolo.
Nel progetto dell’esecutivo salta il filtro a protezione dei magistrati: una volta che lo Stato sia stato condannato a riparare il danno da denegata/errata giustizia, «dovrà» esercitare l’azione di rivalsa contro la o le toghe responsabili, azione che in sostanza diventa «obbligatoria». La rivalsa dello Stato sarà, da un punto di vista patrimoniale, «illimitata» nei casi di comprovato dolo del magistrato, mentre se gli sia addebitabile solo una negligenza lo Stato potrà rivalersi solo fino alla metà (oggi è un terzo, ma l’azione non è obbligatoria) dello stipendio annuale. Resta comunque esclusa l’azione diretta del cittadino nei confronti del giudice. Le linee guida creano infine un legame diretto e necessario tra responsabilità civile e azione disciplinare. Una condanna per negligenza costerà al giudice anche un procedimento amministrativo che, pare di intuire, non potrà prescindere dall’esito della prima.
Prudente nel contenuto ma ferma nei toni la reazione a caldo del sindacato dei giudici. «L’amministrazione della giustizia ha diverse criticità, non mi pare che la riforma della responsabilità civile dei magistrati fosse la priorità» ha detto il presidente dell’Anm, Rodolfo Sabelli» che parla di una «stretta nei confronti dei magistrati». A proposito dell’ampliamento dell’ambito di responsabilità, «bisogna evitare» che il magistrato sia chiamato a rispondere di situazioni che non dipendono da lui, legate al «sovraccarico di lavoro» e alla «disorganizzazione per carenza di risorse». Quanto alla riduzione del filtro per l’azione volta a ottenere il risarcimento, «bisogna stare attenti perché è alto il rischio di azioni strumentali, cioè di reazione a un provvedimento sgradito del magistrato. Se si toglie il filtro, occorre evitare la proliferazione di azioni infondate, attraverso disincentivi o forme di sanzioni». Sulla soglia dell’azione di rivalsa dello Stato nei confronti del magistrato, «è un tetto piuttosto elevato», osserva il leader del sindacato delle toghe, che vede invece un dato positivo nel fatto che l’azione «resterebbe indiretta».
5 agosto 2014