Addetto ad un settore, quale quello dei fondi pensione aziendali, che gli consentiva di mantenere e valorizzare la sua professionalità specifica, laddove, invece, non si era considerato che il dipendente aveva assunto incarichi sindacali incompatibili con la sua pregressa funzione di addetto alle relazioni sindacali
(Cassazione, sezione lavoro Sentenza 19 aprile 2012, n. 6110). Con il primo motivo, svolto ai sensi dell’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, la società ricorrente denuncia violazione degli artt. 1223, 1225, 1226, 1227 e 2087 c.c., nonchè degli artt. 414, 416, 421, 434 c.p.c., oltre che vizio di motivazione, osservando come i giudici del riesame, con motivazione carente e contraddittoria, non avevano tenuto conto dei forti contrasti che si erano manifestati fra il M. e l’IMI con riferimento a tutto il periodo di lavoro e che, comunque, lo stesso era stato addetto ad un settore, quale quello dei fondi pensione aziendali, che gli consentiva di mantenere e valorizzare la sua professionalità specifica, laddove, invece, non si era considerato che il dipendente aveva assunto incarichi sindacali incompatibili con la sua pregressa funzione di addetto alle relazioni sindacali. Con il secondo motivo, denunciando ancora violazione di legge (art. 360 c.p.c., n. 3, in relazione agli artt. 1223, 2087 e 2697 c.c.) e vizio di motivazione (art. 360 c.p.c., n. 5), osserva come la corte territoriale avesse mancato di considerare come, anche con riferimento al periodo successivo al 1990, il dipendente non fosse stato costretto ad uno stato di inattività, avendo, invece, prestato una scarsa attività lavorativa come addetto allo staff del servizio sindacale e al dipartimento fondo pensioni per sue esigenze personali. Con il terzo motivo, infine, il ricorrente lamenta violazione degli artt. 2103, 2043, 2056, 1218, 1223, 2087, 2697 c.c. e dell’art. 437 c.p.c., nonchè vizio di motivazione, ed, al riguardo, osserva che la corte territoriale, in difetto di alcuna allegazione in tal senso, aveva ritenuto che il ricorrente fosse stato assegnato ad un settore che non consentiva di valorizzare la sua pregressa esperienza professionale e che aveva confuso il danno professionale con la perdita di chance.
Con il primo ed il secondo motivo del ricorso incidentale, svolti ai sensi dell’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, l’intimato lamenta violazione degli artt. 115, 116 e 420 c.p.c., degli artt. 2103, 1218 e 2697 c.c., nonchè vizio di motivazione, ed, al riguardo, osserva che il giudice di appello aveva rigettato la domanda di accertamento di una situazione di demansionamento anche con riferimento al periodo 1976/1989 senza tener conto del materiale probatorio acquisito al giudizio, trascurando, in particolare, i documenti dai quali emergevano le effettive mansioni ed il ruolo propri del M., nonchè le prove orali che davano atto di come il M. non avesse, invece, “alcun ruolo” e di come si occupasse di “questioni pratiche di poco conto”. Con il terzo motivo, svolto ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 4, si duole che la corte territoriale, nel riconoscere il demansionamento del M. nel periodo 1990/1997, avesse accolto solo la domanda di risarcimento del danno da perdita di chances, senza in alcun modo esaminare la ulteriore domanda di risarcimento del danno professionale c.d. “puro”, pur riguardando quest’ultima la menomazione della capacità professionale del lavoratore, l’altra la perdita di opportunità di carriera dello stesso. Con il quarto motivo prospetta, con riferimento a questi stessi fatti, che, ove pure non si ritenessero sussistenti i requisiti del vizio di omessa pronuncia, la sentenza impugnata sarebbe, comunque, censurabile per vizio di motivazione (art. 360 c.p.c., n. 5), tenuto conto dell’esistenza di un contesto probatorio del tutto univoco nel senso della sussistenza del lamentato danno alla professionalità. Con l’ultimo motivo, infine, prospettando violazione di legge (art. 360 c.p.c., n. 3, in relazione agli artt. 115 e 116 c.p.c., artt. 2103, 1218, 1223, 1226, 2727, 2728 e 2729 c.c.), il ricorrente incidentale rileva come nella pronuncia impugnata mancasse qualsiasi congrua disamina del materiale probatorio acquisito in punto di sussistenza degli elementi idonei a far ritenere provata, quantomeno in via presuntiva, la lesione della professionalità sofferta dal dipendente.
LaPrevidenza.it, 06/06/2012