Rendendosi conto delle difficoltà europee nell’accettare gli OGM, nel 2010 è stato lanciato un Network europeo sulla valutazione degli OGM. Tale network –che si riunisce una volta all’anno e consta di 60 scienziati da 24 paesi (più Norvegia)- avrebbe dovuto fornire tutti li elementi utili per una valutazione degli OGM realmente unificata a livello europeo. Il report
Cercando semmai di smussare le divergenze, tramite una “armonizzazione della valutazione del rischio”, mentre al contempo si mettevano in rete i dati sul monitoraggio delle colture e i relativi effetti, nei paesi che coltivassero OGM. L’idea quindi, recuperare “politicamente” (tramite “dialogo”, conoscenza e fiducia” nonchè comprensione reciproca”) una unitarietà : ma in una sede di valutazione del rischio, non di gestione.
Insomma, il problema che la Commissione Europea non ha saputo gestire (coesistenza e libertà imprenditoriale) cercava soluzione sotto nuove spoglie presso l’organo non politico ma scientifico dell’Unione.
Anno 2013
La valutazione condotta nell’anno 2013, entro l’apposito meeting di Maggio, ha riguardato aspetti destinati a diventare centrali per la valutazione degli OGM nei prossimi anni: primo tra tutti, la presenza di esperimenti di alimentazione animale a lungo termine (almeno a 2 anni, dopo che la Commissione Europea ha pubblicato un regolamento che richiede l’obbligo dei 90 giorni).Questo è infatti il contenuto regolato dalle linee guida dell’OCSE in materia (linee guida TG453). Il tema è considerato chiave: per i fautori, infatti gli studi a 2 anni permetterebbero di rilevare effetti tossicologici altrimenti nascosti. Per gli oppositori per contro, i test animali a due anni non darebbero alcuna utilità aggiuntiva, se non in termini di costi e ritardo per le procedure di immissione sul mercato di nuove varietà. Ora EFSA avrebbe sottoposto le proprie linee guida su tali studi a 2 anni al network degli Stati membri, per ulteriori considerazioni.
Tra coloro che auspicano tali test, si trovano alcuni ricercatori tradizionalmente critici delle attuali regole UE di valutazione animale con somministrazione di mangimi, considerate troppo brevi: come Morando Soffritti (istituto Oncologico Ramazzini) e Eric Gilles Seralinì (Università di Caen).
Altri aspetti considerati dal Network, la definizione di ciò che rappresenta la“rilevanza statistica” o “biologica”. Ma centrale anche lo sviluppo di una Guida sulla valutazione ambientale degli animali GM, come pure di obiettivi di protezione ambientale.
Il rapporto è diretto sia al Foro Consultivo, dove siedono i rappresentanti degli Stati membri, sia ai pubblici esterni.
Ma la partita sembra ormai da qualche tempo sfuggita al mero scrutinio scientifico di valutazione del rischio alimentare o ambientale. L’opposizione agli OGM è invece via via diventata sempre più un vessillo del modello europeo di agricoltura, inteso come diverso.
Proprio ieri, sulla approvazione del mais TC1507, il Commissario UE Tonio Borg ha dichiarato che nonostante la contrarietà degli Stati membri alla approvazione, ed in ragione della assenza di una maggioranza qualificata, ilprocesso autorizzativo non possa essere fermato. Ma Borg ha richiamato anche alla possibilità, da parte degli Stati membri, di trovare un accordo sull’altra proposta attualmente bloccata in Europa, e che prevede come motivazioni sociali ed economiche- quindi più strettamente politiche- possano costituire ragione sufficiente per vietare la coltivazione degli OGM a livello di Stati membri.
Sicurezza Alimentare Coldiretti – 16 febbraio 2014