In un solo giorno, Matteo Renzi sigla un patto con i leader della sinistra europea, e prova a firmare la pace interna con la minoranza Pd. Così, nel suo comizio alla Festa dell’Unità, il premiersegretario tenta la ripartenza d’autunno.
Riunisce a Bologna i leader della sinistra Ue, il premier francese Manuel Valls, il leader Psoe Pedro Sanchez, il segretario Pse Achim Post ed il leader dei laburisti olandesi Diederik Samson, e con loro al ristorante Bertoldo mette nero su bianco il «patto del tortellino»: l’asse anti-austerity di una nuova generazione di leader della sinistra. A guidarlo c’è il Pd, «visto come una speranza in tutta Europa» per imprimere una svolta «nel segno della crescita». Poi difende il suo governo e il partito. Se la prende coi “gufi”, «gli esperti, i tecnici cresciuti all’ombra della Prima Repubblica che per 20 anni non hanno capito Berlusconi né previsto la crisi, e che ora ci spiegano che gli 80 euro sono un errore, e ci dicono cosa dovremmo fare». A tutti loro, Renzi ripete: «Non mollo. Né sottovaluto le difficoltà dell’Italia. Faremo scelte difficili, ma nessuno può fermare il cambiamento». A cominciare dalle riforme istituzionali volute dal Presidente Giorgio Napolitano, «che ha sopportato una campagna indecorosa solo per essere rimasto lì ad aiutare gli italiani». Il premier prova a ricompattare il Pd. A Pierluigi Bersani, che l’ha accusato di comprimere il pluralismo interno nel doppio ruolo segretariopremier, Renzi rende omaggio: «Sono felice sia qui, anche se mi critica. A lui, che mi ha preceduto, un doppio grazie». E poi offre alla minoranza «la gestione unitaria» del partito: «Nessuno può pensare di fare da solo il segretario, ma – avverte – il diritto di veto non c’è per nessuno. Il Pd non può permettersi di passare il tempo a litigare. In gioco non c’è il mio destino, ma quello del Paese. Se nel partito qualcuno cerca la rivincita dovrà attendere il novembre 2017».
Repubblica – 8 settembre 2014