Risposta alla minoranza. Il segretario al suo partito: «Il rispetto dei tempi non è frutto della mia schizofrenia ma elemento di credibilità davanti ai cittadini e all’Ue»
Abolizione del Senato elettivo, Titolo V per eliminare il conflitto tra Stato e Regioni e anche l’eliminazione in Costituzione delle Province e del Cnel (articolo 99). Tutto in un unico testo governativo, e non quindi di iniziativa parlamentare, che sarà approvato – come anticipato ieri dal Sole 24 Ore – dal Consiglio dei ministri di lunedì. Dopo il primo sì del Senato si passerà all’Italicum, e tutto entro le europee del 25 maggio. Matteo Renzi accelera, non vuole fermarsi, non vuole restare impantanato nella “palude”. E durante la sua relazione alla direzione del Pd approvata alla fine con 93 sì, 8 astenuti e 12 contrari dice che – così come per il pacchetto lavoro (si veda l’articolo a pagina 4) – anche sulle riforme la discussione ci sarà, certo, ma entro i tempi prestabiliti e rispettando due paletti insormontabili: la fine del bicameralismo perfetto con la fiducia al governo data alla sola Camera e l’abolizione del Senato elettivo. Il nuovo Senato delle Autonomie sarà composto da governatori, sindaci delle grandi città e rappresentanti dei Consigli regionali e comunali. Qualche apertura, rispetto al testo inizialmente proposto dal governo il 12 marzo scorso, ci sarà: come chiedono i governatori i rappresentanti delle Regioni non saranno in numero fisso ma in proporzione alla popolazione, e come chiedono i senatori della maggioranza il nuovo Senato avrà competenze – oltre che sulle modifiche costituzionali e sulle leggi che impattano sul rapporto tra Stato ed Enti locali – anche su leggi elettorali ed altre di rilevanza costituzionale. Ma l’impianto complessivo non si tocca. E a chi, in direzione e fuori, lamenta la fretta con cui ci si appresta a modificare la Costituzione, Renzi risponde senza giri di parole che c’è poco ancora da discutere dopo 30 anni. Resta solo da fare: «L’esigenza di fare la corsa sulle riforme non nasce dalla mia schizofrenia personale ma dalla consapevolezza che il rispetto dei tempi è elemento di credibilità davanti ai cittadini e ai partner europei. Non voglio tarpare le ali a chi chiede di discutere, del resto si discute solo da 30 anni di superare il bicameralismo perfetto. Le posizioni sono note».
Tira dritto, dunque, il premier. Forte dell’appoggio arrivatogli dal presidente Usa Barak Obama («il presidente è colpito dall’energia del premier, dal suo impegno per portare il cambiamenti in Italia e al sistema politico», ha detto ieri il portavoce Jay Carney), Renzi punta a incassare risultati in tempo per le europee di fine maggio. Riforma del Senato e subito dopo legge elettorale, così come i tagli Irpef per i redditi medio-bassi. Le europee saranno il primo banco di prova del nuovo Pd, e non a caso ieri sera dall’entourage di Renzi sottolineavano il balzo in avanti fatto negli ultimi giorni in un sondaggio Ixè: il Pd guadagna un punto arrivando a quasi il 32% dei voti, seguito da un M5S comunque in crescita al 24,6%. Come a dire: la fretta paga. E Renzi tira dritto anche sul partito, con la nomina di due vicesegretari nelle persone di Debora Serrachiani e Lorenzo Guerini, nonostante per la minoranza si tratti di scelta «affrettata». I compiti tra il tandem Serracchiani–Guerini saranno meglio divisi la prossima settimana: Serracchiani starà più sui contenuti, i rapporti con la base e con l’esterno; Guerini più sulla gestione del partito e sul coordinamento con gruppi parlamentari e governo. Alla minoranza viene rinnovato l’invito ad entrare nella segreteria. O altrimenti la questione è rinviata ad una discussione più approfondita (ma «senza rivincite congressuali») a giugno, accogliendo a proposta di Pier Luigi Bersani di fare una conferenza sul partito. A giugno, appunto, dopo le europee.
Il Sole 24 Ore – 29 marzo 2014