Il Tesoro: «Durante la presidenza italiana l’Unione europea darà una svolta alle politiche per la crescita e per l’occupazione». La linea di difesa del governo per far fronte alla doccia fredda dei dati diffusi ieri dall’Istat è che il rallentamento del Pil è comune alla maggior parte dei paesi dell’area euro. Non è così per la Germania, e l’Economia sottolinea che sono proprio quei paesi che hanno fatto le riforme e hanno conti in ordine a registrare performance più incoraggianti.
A questo punto, l’aspettativa è che il taglio dell’Irpef (sulle buste paga di fine maggio) «abbia effetti sulla ripresa dei consumi e che le politiche economiche delle istituzioni europee diano una spinta alla crescita. Sicuramente durante la presidenza italiana l’Ue darà una svolta alle politiche per la crescita e l’occupazione». «Se facciamo le riforme – aggiunge Matteo Renzi – torniamo a crescere». Il ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, avverte su Twitter: «Pil, speculazione, spread… teniamo alta la guardia. Testa alla crescita, occhi sui conti, cuore all’occupazione». La tesi dell’Economia è che dietro l’impennata dello spread (ieri a 180 punti) vi siano le voci «riferite da alcuni operatori di mercato», in base alle quali un paese dell’eurozona valuterebbe l’ipotesi di modificare retroattivamente la tassazione sui propri titoli di Stato. Il riferimento è alla Grecia (che ha smentito), ma il Mef segnala che il governo «non ha mai ipotizzato alcun intervento di questa natura». Tensioni originate più da questi “rumors” che dai dati congiunturali dell’eurozona e, per quel che ci riguarda, dalla gelata sul Pil del primo trimestre, certificata dall’Istat. Una miscela tra i due elementi, di certo.
Per questo il governo continua a scommettere su una virata dell’economia che dovrebbe materializzarsi tra il secondo e il terzo trimestre dell’anno. In caso contrario occorrerà rivedere l’impianto di politica economica impostato, che si basa su un target di crescita dello 0,8% e un deficit nominale al 2,6%, quando l’Ocse non si spinge oltre lo 0,5% e la Commissione Ue stima lo 0,6%. Meno crescita, più deficit, con il rischio che anche quest’anno ci si avvicini al tetto del 3%, o addirittura oltre, così da rendere necessaria una manovra correttiva in autunno. Tutt’altro scenario rispetto a quello immaginato dal Governo, e certificato nei documenti programmatici appena trasmessi a Bruxelles. Quadro macroeconomico, con relativo programma di riformee tendenziali di finanza pubblica, sui quali la Bruxelles si esprimerà il 2 giugno. Anche qualora non si sforasse il 3%, avremmo comunque esaurito tutti gli spazi di manovra (sul fronte deficit) per l’anno in corso. E per il 2015, la legge di stabilità dovrà impegnare risorse per non meno di 20 miliardi, secondo i primi calcoli.
Il dato Istat, spiega il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Graziano Delrio, «non è affatto sorprendente. Se questo governo ha fatto scelte radicali è perché sapeva che la crisi non era finita». La percezione dell’esecutivo è che il paese stia reagendo, «vediamo una tendenza alla ripresa, siamo molto fiduciosi che le misure messe in campo servano a questa reazione».
Di certo non è una buona notizia, a due settimane dal voto per le europee. Ma anche al di là del dato politico, l’inattesa, grave frenata dell’economia (si puntava quanto meno a replicare lo 0,1% di crescita dell’ultimo trimestre 2013) preoccupa per i suoi effetti sull’occupazione, oltre che sulla finanza pubblica. Se il risultato del primo trimestre (-0,1%) non subisse variazioni, il 2014 chiuderebbe con una decrescita acquisita dello 0,2%, un livello lontano dal target previsto dal governo non più di un mese fa. È auspicabile che sia l’intera Ue, una volta dribblato il tornante delle elezioni, a mutare strategia in direzione della crescita e dell’occupazione. La guida italiana del semestre potrà contribuire a virare in questa direzione, ma occorre presentarsi con i conti in ordine, precondizione che rischia di venire meno per effetto dell’ulteriore frenata dell’economia.
Il Sole 24 Ore – 16 maggio 2014