Carlo Bertini. Le premesse per un grande gelo, ci sono tutte, ma tra le pieghe si muove qualcosa che può portare ad una maggiore coesione nel Pd. Alla sinistra che chiede di mollare la poltrona di segretario Renzi risponde picche, anzi si presenta oggi con animo pugnace: convinto che il Pd sia più competitivo e più forte di come i suoi detrattori lo dipingono e che quando sarà il momento risulterà l’unica alternativa credibile tra i grillini e la destra di Lega-Forza Italia.
Ma all’argomento di battere un colpo sul fronte sociale, il segretario non si mostrerà insensibile: facendo un’apertura di fronte ai duecento delegati del parlamentino Pd. Alla sinistra che chiede un cambio di rotta al governo su misure sociali, sulla povertà, scuola, sanità e pensioni, «perché altrimenti si va a sbattere», il premier non chiuderà del tutto la porta in faccia. Dicendo a chiare lettere che esiste un problema con i ceti più deboli e che in questi mesi il governo lavorerà per dare uno o più segnali concreti nella finanziaria che andrà presentata a metà ottobre. Prima del referendum sul quale ci vuole unità nel partito.
Ma sulla riorganizzazione del Pd ancora tutto fermo: non dovrebbe annunciare nuovi organici, né il nome del commissario di Napoli, mentre come commissario del Pd romano resterà Matteo Orfini.
Renzi è determinato a rivendicare i risultati del governo e a chiedere unità e coesione al partito per la battaglia referendaria. Senza concedere nulla sulla richiesta di mollare il doppio incarico – «un dibattito lunare»; nè sull’Italicum. Ieri ha gelato le attese, dicendo nella sua intervista a Sky di «non vedere in Parlamento una maggioranza per una legge alternativa. Con il ballottaggio chi vince governa, aver portato questo meccanismo è una cosa positiva». Dunque una difesa del sistema e anche una difesa delle buone ragioni del referendum. «Che non è un referendum su di me. Sono pronto a trarre le conseguenze, perchè sono un leader e non posso far finta di niente. Ma sono altri che vogliono personalizzare contro di me».
E se Renzi chiarisce che non farà alcun rimpasto, il leader della minoranza Roberto Speranza chiarisce che la sinistra Pd non è interessata a poltrone. La minoranza oggi batterà sul tasto delle politiche sociali, rifiutando il ruolo di chi ha messo il bastone tra le ruote e additando le ragioni della sconfitta alle comunali nelle scelte del governo. «Senza una svolta sulle politiche sociale rischiamo di rompere il rapporto con il paese»
La Stampa – 4 luglio 2016