Malattie cardiovascolari e tumori si confermano le prime due cause di morte. Ma preoccupano sempre di più le patologie legate all’inquinamento ambientale. La spesa sanitaria cresce meno degli anni precedenti e si sviluppano nuovi modelli organizzativi per le cure primarie e le non autosufficienze. LEGGI LA SINTESI. Nata con la legge istitutiva del Ssn nel 1978, la Relazione sullo stato sanitario del Paese affida al ministro della Salute il compito di informare il Parlamento sulle condizioni di salute della popolazione e soprattutto sullo stato dell’arte delle diverse politiche sanitarie adottate a livello centrale e locale dai diversi soggetti che interagiscono nella gestione della sanità. La relazione sullo stato sanitario del Paese
Di fatto è il “documento” per eccellenza per una valutazione sanitaria ma anche politica di quanto portato avanti dai diversi attori del Ssn in tutte le sue funzioni: da quella di prevenzione delle malattie a quella assistenziale e di ricerca fino a quella gestionale e organizzativa.
Per questo una lettura sintetica, giornalistica, della Relazione è impresa quasi impossibile. Pena il rischio di perdere per strada “pezzi” salienti di informazioni e dati che solo una visione d’insieme dell’indice può offrire nella sua vastità e complessità.
Tutto ciò per dire che “raccontare” in poche righe la Relazione obbliga per forza ad una selezione, più che a una sintesi organica, facendo emergere questo o quell’aspetto più caratterizzante a giudizio di chi scrive.
Anche per questi motivi, al di là dei spunti informativi che troverete in quest’articolo, riteniamo fondamentale (soprattutto per gli addetti ai lavori) una lettura sistematica quantomeno della sinossi qui allegata e curata dallo stesso Ministero della Salute che offre una sintesi di tutti i diversi capitoli della Relazione 2011 che il ministro Renato Balduzzi ha presentato questa mattina alla presenza del Capo dello Stato Giorgio Napolitano. Tra gli ospiti anche il presidente della Fofi Andrea Mandelli.
Alcuni indicatori della Relazione 2011
Il quadro epidemiologico
Gli ultimi dati ISTAT disponibili indicano che nel 2009 il numero dei decessi avvenuti in Italia ammonta a 588.438, di cui 286.619 maschi (48,7%) e 301.819 femmine (51,3%). L’analisi della mortalità per causa conferma che le malattie del sistema circolatorio sono la prima causa di morte con 224.830 decessi (il 38,2%), seguite dai tumori con 174.678 decessi (il 29,7%). Tra le donne, le malattie cardiovascolari si confermano principale causa di morte con 127.060 decessi (il 42,1%), mentre i tumori rappresentano la seconda causa con 76.112 decessi (il 25,2%). Tra gli uomini, la prima causa di morte è rappresentata invece dai tumori con 98.566 decessi (il 34,4%), seguita immediatamente dalle malattie del sistema cardiocircolatorio con 97.770 decessi (il 34,1%). Le malattie del sistema respiratorio in Italia sono la terza causa di morte, responsabili di 39.949 decessi (6,8%), di cui 22.329 tra gli uomini e 17.620 tra le donne.
I dati ISTAT indicano che la prevalenza del diabete mellito in Italia è in regolare aumento nell’ultimo decennio. Risulta diabetico il 4,9% della popolazione (5,0% delle donne, 4,7% degli uomini), pari a circa 3 milioni di persone. La prevalenza del diabete aumenta con l’età fino al 19,8% nelle persone con età uguale o superiore ai 75 anni. Nelle fasce d’età tra 35 e 64 anni la prevalenza è maggiore fra gli uomini, mentre oltre i 65 anni è più alta fra le donne ed è più alta nel Sud e nelle Isole, con un valore del 6,0%, seguita dal Centro con il 5,1% e dal Nord con il 4,0%.
Si stima che siano attribuibili al fumo di tabacco dalle 70.000 alle 83.000 morti l’anno, oltre il 25% di questi decessi è compreso tra i 35 ed i 65 anni di età. Su 52 milioni di abitanti con età superiore ai 14 anni, i fumatori sono circa 11,6 milioni (22,3%) di cui 7,1 milioni di uomini (28.4%) e 4,5 milioni di donne (16.6%) (dati ISTAT).
Inquinamento ambientale e Salute
Il Progetto SENTIERI (Studio Epidemiologico Nazionale dei Territori e degli Insediamenti Esposti a Rischio da Inquinamento), finanziato dal Ministero della Salute nel quadro della ricerca finalizzata 2006, coordinato dall’ISS si è concluso nel 2011.
SENTIERI ha analizzato la mortalità delle popolazioni residenti in prossimità di aree dove sono ubicati grandi centri industriali attivi o dismessi, o di aree oggetto di smaltimento di rifiuti industriali e/o pericolosi. Tali aree presentano un quadro di contaminazione ambientale e di possibile rischio sanitario che ne ha determinato l’inserimento nell’ambito dei “siti di interesse nazionale per le bonifiche” (SIN).
Lo studio ha preso in considerazione 44 dei 57 SIN compresi al 2010 nel “Programma nazionale di bonifica”, che coincidono con i maggiori agglomerati industriali nazionali; per ciascuno di essi si è proceduto a una raccolta di dati di caratterizzazione e successivamente a una loro sintesi.
La mortalità per 63 cause singole o gruppi di cause è stata studiata per ogni sito, nel periodo 1995-2002 ed i risultati sono stati pubblicati nel 2011.
Lo studio SENTIERI ha coperto l’intero territorio nazionale; la mortalità osservata in ciascun SIN è stata confrontata con quella attesa in base ai dati della Regione nella quale il SIN è ubicato.
Nell’insieme dei SIN la mortalità per le cause di morte, con evidenza a priori Sufficiente o Limitata con le esposizioni ambientali presenti, supera l’atteso con 2.439 decessi in eccesso per gli uomini e 1.069 decessi in eccesso per le donne.
Anche nell’analisi di tutte le cause di morte si osserva tale sovramortalità: il totale dei decessi, per uomini e donne, è di 403.692, in eccesso, rispetto all’atteso, di 9.969 casi, con una media di oltre 1200 casi annui. La quasi totalità dei decessi in eccesso si osserva nei SIN del Centro-Sud. La distribuzione delle cause di morte mostra che l’innalzamento della mortalità rispetto all’atteso nei residenti dei 44 SIN non è uniforme per le diverse cause: la mortalità per tumori è il 30% di tutti i decessi ma è il 43.2% dei decessi in eccesso (4.309 decessi per tumore su 9.969 decessi totali).
I risultati indicano, coerentemente con studi precedenti, che lo stato di salute della popolazione residente in prossimità dei SIN, per quanto sinora misurato attraverso l’analisi della mortalità, è meno favorevole di quello della popolazione di riferimento regionale e forniscono un’ulteriore indicazione della necessità di promuovere e realizzare efficaci azioni di bonifica dei SIN e comunque di minimizzare le sorgenti di contaminazione, o, nel caso dei siti industriali in attività, di ridurre significativamente le emissioni industriali, al fine di limitare quanto più possibile le ricadute sulla salute dell’esposizione ad inquinanti ambientali.
Le novità nell’organizzazione dei servizi
Come cambia l’assistenza primaria
Tra i principali modelli adottati dalle Regioni figurano:
* la Casa della Salute struttura polivalente in grado di erogare, in uno stesso spazio fisico l’insieme delle prestazioni socio-sanitarie realizzato soprattutto nella Regione Toscana;
* le Unità Territoriali di Assistenza Primaria (UTAP), struttura territoriale ad alta integrazione multidisciplinare ed interprofessionale, presente soprattutto in Veneto;
* I Nuclei di Cure Primarie (NCP), modelli organizzativi di base delle Cure Primarie che operano in aree territoriali omogenee, rappresentati soprattutto in Emilia Romagna.
Un’ampia diffusione invece si sta verificando, in quasi tutte le Regioni per i Modelli H 24, strumenti utili al processo di riorganizzazione della medicina del territorio anche per il contrasto al ricorso improprio alle strutture di emergenza. Anche le forme di aggregazione funzionale territoriale della medicina generale quali le Unità Complesse delle Cure Primarie (UCCP) finalizzate a garantire sia la continuità dell’assistenza che a potenziare percorsi condivisi tra gli operatori e tra questi e gli utenti (medicina di iniziativa) hanno visto un’ampia diffusione soprattutto nelle regioni del centro-nord. In tale macroarea sono state altresì dedicate risorse all’implementazione di modelli erogativi delle Cure Primarie come il “Chronic-Care-Model”. Ampio spazio è stato altresì dato a modelli in grado di garantire la continuità assistenziale h24 anche nell’età pediatrica (Regione Calabria).
Conformemente agli indirizzi concordati con gli Accordi Stato Regioni del 20 aprile 2011 e 27 luglio 2011 in materia di Cure Primarie, sono stati presentati circa 39 progetti con un impegno complessivo di circa 346 milioni di euro.
In particolare dagli atti programmatori inviati dalle singole Regioni risultano attivati e/o in fase di attuazione
– 20 Case della Salute ripartite tra Toscana (16), Molise ( 1), Marche ( 1), Umbria (2)
– 220 Nuclei di Cure Primarie (NCP), dei quali 215 realizzati in Emilia Romagna
– 45 Unità Territoriali di Assistenza Primaria (UTAP) delle quali 35 nella Regione Veneto.
Inoltre, nell’ambito del processo riqualificazione e miglioramento della rete assistenziale territoriale ed ospedaliera, cui sono impegnate le Regioni sottoposte ai Piani di Rientro, sono stati individuati alcuni modelli organizzativi finalizzati alla rimodulazione dell’offerta assistenziale dei piccoli ospedali. Tra questi figurano i Centri di Assistenza Primaria (C.A.P.) della Regione Piemonte, i Centri di Assistenza Primaria Territoriale (C.A.P.T.) della Regione Calabria, i presidi Territoriali di Assistenza (P.T.A.) dell’Abruzzo e della Sicilia, nonché i Centri Clinico-assistenziali Distrettuali (CeCAD) della Regione Lazio.
L’assistenza alle persone non autosufficienti
La programmazione sanitaria nazionale sostiene la scelta di garantire, per quanto possibile, alla persona non autosufficiente di rimanere nel proprio contesto di vita.
In tal senso si registra un progressivo incremento del numero di anziani trattati in ADI, tale da rendere conseguibile nelle Regioni del Mezzogiorno entro il 2013, il target del 3,5% di anziani trattati in ADI rispetto al totale della popolazione anziana (65 anni e oltre) previsto dal Quadro Strategico Nazionale 2007-2013.
Nel 2011 Ministero e Regioni hanno assunto varie iniziative volte al miglioramento della qualità dell’assistenza e all’individuazione di percorsi assistenziali condivisi e tendenzialmente omogenei a livello nazionale a favore delle persone in Stato Vegetativo (SV) o in Stato di Minima Coscienza (SMC), e a favore delle persone affette da gravi malattie neuromuscolari degenerative quali la sclerosi laterale amiotrofica (SLA).
Nel 2011 sono stati resi noti risultati di un Progetto nazionale di ricerca su “Funzionamento e disabilità negli Stati Vegetativi e negli Stati di Minima Coscienza”, finanziato dal Ministero della Salute con il coordinamento dell’IRCSS Carlo Besta. Allo studio hanno partecipato 78 centri italiani e 39 associazioni e federazioni di familiari con l’obiettivo di creare una rete nazionale tra le diverse realtà che si occupano di questi pazienti. Dall’analisi dei dati emersi si rileva che una significativa maggioranza dei pazienti (64,1%) vive abitualmente a domicilio, un terzo in strutture residenziali e solo una piccola parte (2%) in ospedale o altra struttura e che quasi un quarto dei pazienti che vivono a domicilio non dispone di alcun servizio di assistenza domiciliare (in particolare al Sud).
Relativamente alle persone affette da Sclerosi Laterale Amiotrofica (SLA), la letteratura indica una prevalenza di 6-8 casi su 100.000, in base alla quale in Italia il numero dei soggetti affetti può essere stimato tra 3.600 e 4.800; la stima trova conferma nelle valutazioni riportate da alcune Associazioni di malati e dalle segnalazioni inviate al Registro nazionale delle malattie rare dell’ISS, che solitamente non coprono l’intera popolazione dei malati e che per il 2011 sono state 3.292.
Anche per tale categoria di malati, come per tutte le persone affette da malattie neuromuscolari gravi e progressive, l’impegno delle istituzioni si è reso manifesto attraverso una serie di iniziative; tra queste, l’Accordo tra il Governo e le Regioni, sancito in data 25 maggio 2011, sulla “Presa in carico globale delle persone con malattie neuromuscolari o malattie analoghe dal punto di vista assistenziale”, che promuove percorsi assistenziali di diversa complessità e intensità in relazione al tipo di patologia, alla sua evoluzione e al contesto familiare e socio-ambientale garantendo la continuità assistenziale, l’integrazione e il coordinamento degli interventi. L’Accordo riprende e sintetizza il documento conclusivo della Consulta nazionale per le malattie neurologiche a interessamento neuromuscolare.
Per quanto riguarda, invece, il potenziamento degli interventi di assistenza sociale a favore dei malati di SLA, di competenza degli Enti locali, la legge 10/2011, ha previsto la destinazione di un finanziamento, fino a 100 milioni di euro, a valere sulle risorse complessive destinate alla liquidazione del 5 per mille nell’anno 2011, per la ricerca e l’assistenza domiciliare a favore dei malati di Sclerosi laterale amiotrofica (SLA).
Tale finanziamento, che alimenta il Fondo nazionale per la non-autosufficienza, verrà ripartito tra le Regioni dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali e assegnato sulla base di specifiche progettualità di cui sarà possibile monitorare la realizzazione.
Con l’Accordo Stato Regioni del 20 aprile 2011 sull’utilizzo delle risorse vincolate, per la non autosufficienza è stata destinata una somma pari a 240 milioni di euro; di questi, 20 milioni per la linea progettuale “Assistenza ai pazienti affetti da malattie neurologiche degenerative e invalidanti” e una quota pari a 20 milioni di euro è stata destinata alla linea progettuale “Assistenza ai pazienti affetti da demenza”.
In attuazione degli indirizzi nazionali, nell’anno 2011 sono stati predisposti dalle Regioni complessivamente 62 progetti che hanno individuato strategie per la gestione delle persone non autosufficienti basate sulla “presa in carico globale”.
Il nuovo ruolo delle farmacie
Il D.Lgs. 153/2009 e i successivi Decreti del Ministero della Salute 16 dicembre 2010 hanno assegnato nuove funzioni assistenziali alle farmacie convenzionate, nell’ambito dell’assistenza territoriale. In particolare tali norme prevedono la possibilità di effettuare prenotazioni dei servizi sanitari e ritiro dei referti, la possibilità di effettuare prestazioni analitiche e strumentali finalizzate all’autocontrollo per l’attento monitoraggio delle patologie croniche, la possibilità di usufruire di prestazioni fisioterapiche ed infermieristiche, il supporto all’assistenza domiciliare tramite la messa a disposizione anche di operatori socio-sanitari, anche ai fini del miglioramento dell’accessibilità complessiva delle prestazioni sanitarie attualmente erogate dal Servizio Sanitario, di cui le persone in situazioni di fragilità potranno particolarmente giovarsi.
La normativa demanda alle Regioni il compito di regolamentare lo svolgimento delle attività mediante l’emanazione di Linee guida e di provvedimenti che stabiliscano anche i requisiti di qualità.
Dal 2013 arrivano i “costi standard sanitari” per il riparto delle risorse
La determinazione dei costi e dei fabbisogni standard, che dovrà assicurare dal 2013, come disposto dal D.Lgs. 68/2011, un definitivo superamento dei criteri di riparto delle risorse destinate alla sanità finora adottati, avverrà attraverso l’utilizzo di un set di indicatori tali da valutare i livelli di efficienza e di appropriatezza raggiunti in ciascuna regione, con riferimento ad un aggregato di prestazioni rese all’interno di ciascuno dei tre macrolivelli dell’assistenza sanitaria.
I valori registrati nelle tre regioni di riferimento (scelte tra le cinque indicate dal Ministero della Salute distintesi per qualità, appropriatezza ed efficienza dei servizi erogati, e sulla base dei risultati di gestione registrati) saranno quindi applicati, per ciascuna regione, alla popolazione pesata per età.
La nuova metodologia di riparto dovrà consentire di superare le differenze che ancora marcatamente connotano i servizi sanitari regionali, promuovendo l’adozione di modelli organizzativi volti all’efficienza e alla qualità dell’assistenza.
Già dallo scorso anno, il Ministero ha realizzato un progetto volto a supportare il processo di definizione dei criteri di qualità, appropriatezza ed efficienza attraverso specifici indicatori, tali da consentire di determinare le Regioni benchmark in materia di costi standard.
Il progetto, realizzato a titolo sperimentale, ha consentito l’individuazione di circa 100 indicatori e ha posto in evidenza, tra l’altro, che:
* gli indicatori riportati nel Patto per la salute 2010-2012 risultano in alcuni casi obsoleti e poco specifici;
* non sono disponibili validi indicatori di qualità e sicurezza delle cure;
* risulta particolarmente complessa l’individuazione di idonee soglie di accettabilità per ciascun indicatore.
La rilevazione on line della soddisfazione degli utenti del Servizio sanitario nazionale
Le Linee guida 2011 per i siti web della PA impongono alle Amministrazioni pubbliche di adottare sistemi di valutazione centrati sugli utilizzatori dei servizi, capaci di registrare in modo continuo la qualità percepita e il livello di soddisfazione.
Tra i modelli di riferimento c’è “Mettiamoci la faccia”, iniziativa del Dipartimento della Funzione Pubblica finalizzata a rilevare in maniera sistematica, attraverso l’utilizzo di interfacce emozionali (emoticon), la customer satisfaction sulla qualità dei servizi pubblici erogati allo sportello o attraverso altri canali (telefono e web).
Nel campo dei servizi sanitari, nel 2011 sono state nove le strutture sanitarie che hanno attuato la rilevazione. Sono stati più di 20.000 i cittadini che hanno espresso una propria valutazione sul servizio ricevuto dalla struttura sanitaria a cui si sono rivolti. Il 77,6% di essi si è dichiarato soddisfatto e il 10,2% ha espresso un giudizio comunque sufficiente, mentre i giudizi negativi sono stati dati dal 12,2% degli utenti.
Con riferimento ai servizi erogati dalle strutture allo sportello (ambulatori, CUP, URP), il 73,2% si è dichiarato soddisfatto, il 12,1% ha dato un giudizio sufficiente, mentre il 14,7% era insoddisfatto.
Per quanto riguarda i servizi erogati on line (ritiro dei referti di laboratorio, scelta e cambio del medico), il 91,4% degli utenti si dichiara soddisfatto, il 4,2% dà la sufficienza e il 4,4% è insoddisfatto.
Livelli del finanziamento del SSN e misure di razionalizzazione della spesa sanitaria
La spesa sanitaria pubblica sostenuta nell’anno 2011 ammonta a 112,889 miliardi di euro corrispondente ad un valore medio pro-capite pari a 1.862 euro con significative differenze a livello regionale. L’incremento percentuale della spesa nell’ultimo anno è stato pari a 1,4% in aumento rispetto al 2010. Tale incremento ingloba l’effetto dovuto alla contabilizzazione a partire dall’anno 2011 dei costi relativi agli ammortamenti degli investimenti, che non erano inclusi nel livello di spesa degli anni precedenti. Al netto di tale componente di costo, la variazione è pari allo 0,1%.
Il disavanzo è stato nell’anno 2011 pari a 1,779 miliardi di euro e risulta la migliore performance dei risultati di gestione registrati negli ultimi anni grazie all’effetto dell’impianto normativo messo in atto dal legislatore e dall’attuazione regionale dei piani di rientro.
Le risorse destinate al finanziamento del SSN per l’anno 2011, non considerando i ricavi della gestione straordinaria e quelli per l’intramoenia, che sono stati considerati come saldo nel livello di spesa, ammontano complessivamente a 111,110 miliardi di euro, di cui 110,469 miliardi di euro riferiti alle Regioni e alle Province autonome e 0,641 miliardi di euro riferiti ad altri enti del SSN finanziati direttamente dallo Stato. Tali valori scontano le entrate proprie effettivamente riscosse dagli enti del SSN, i trasferimenti da parte delle regioni, del settore pubblico allargato e dei privati.
L’incremento percentuale del finanziamento complessivo del SSN del 2011 rispetto al 2010, è dell’ 1,8%, mentre l’anno precedente era del 2,2%, mentre il finanziamento medio pro-capite nazionale è di 1.833 euro, con un’ampia differenziazione a livello regionale.
Piani di rientro e monitoraggio dello sviluppo dei Piani
I Piani di rientro dai disavanzi sanitari nascono con legge 311/2004 finanziaria per il 2005.
Le Regioni che hanno sottoscritto l’Accordo negli anni 2007-2008, sono state Abruzzo, Campania, Liguria, Lazio, Molise, Sardegna e Sicilia; tra queste, le Regioni Liguria e Sardegna hanno concluso il Piano di rientro, l’una (Regione Liguria) a dicembre del 2010, accedendo alla quota premiale per il 2008 e alle risorse relative al Fondo transitorio di accompagnamento per l’anno 2009, l’altra (Regione Sardegna) durante il 2011, essendosi verificati i presupposti per la perdita della possibilità di accesso alle risorse residue. Sono seguite negli anni 2009-2010 le sottoscrizioni degli Accordi per le Regioni Calabria, Piemonte e Puglia.
Il Patto per la Salute 2010-2012 (art. 13) e la legge finanziaria 2010 (art. 2 commi 76-91), hanno apportato innovazioni nel quadro normativo previgente in tema di “Piani di Rientro”.
In particolare è stato definito il “nuovo livello” dello standard dimensionale del disavanzo sanitario strutturale (passato dal 7%, della previgente normativa, al 5%), al raggiungimento o superamento del quale la regione in disavanzo è tenuta a presentare un piano di rientro.
E’ stata anche introdotta una “nuova procedura” per l’approvazione e valutazione dei “nuovi piani di rientro” (proposti dalla regione) che dovranno essere sottoposti preventivamante al vaglio della Struttura tecnica di monitoraggio (organismo di supporto della Conferenza Stato-Regioni), della medesima Conferenza Stato Regioni e poi approvati dal Consiglio dei Ministri, divenendo immediatamente efficaci ed esecutivi per la regione.
Nell’anno di riferimento (2011) non sono stati approvati “nuovi piani di rientro”.
Le regioni impegnate nei Piani di Rientro sono:
– quelle che hanno proseguito l’originario Piano di rientro terminato nel 2009, scegliendo di completarne l’attuazione attraverso un Programma Operativo – P.O. (Lazio, Sicilia, Abruzzo, Molise e Campania)
– quelle che stanno ancora attuando il Piano di rientro sottoscritto negli anni 2009 (Calabria) e 2010 (Piemonte e Puglia).
Su 8 regioni in Piano di rientro, ben 5 (Lazio, Calabria, Abruzzo, Molise e Campania) sono state “commissariate” in quanto gli organi istituzionali non hanno raggiunto gli obiettivi prefissati, nei tempi e nelle dimensioni programmate.
Fra le macroaree d’intervento previste nei Piani, quelle su cui le Regioni si sono maggiormente concentrate risultano essere le reti assistenziali, la gestione del personale, l’accreditamento istituzionale, i rapporti con gli erogatori privati, l’assistenza farmaceutica.
In tutte le regioni, in misura variabile, è stato applicato il blocco totale (in applicazione dell’art. 2, comma 76, l.191/209) o parziale (come obiettivo di contenimento della spesa del personale, previsto nei rispettivi PdR e PO) del turn over del personale del SSR. In molti casi, tuttavia, le Regioni hanno dimostrato carenze nella governance di questo settore, con conseguente mancato rispetto anche dei connessi obiettivi economici.
E’ nell’area dei “rapporti con gli erogatori privati accreditati e dalle connesse procedure di accreditamento istituzionale” che le capacità di governo, dimostrata dalle Regioni monitorate, è risultata assai carente. Le procedure di accreditamento istituzionale, praticamente in tutte le Regioni in PdR non sono state concluse nei termini e secondo le indicazioni prescritte dalla normativa nazionale. La gestione dei rapporti con gli erogatori privati (che in alcuni contesti regionali, come Lazio, Molise e Campania e Sicilia forniscono una quota rilevante dell’offerta), si ripercuote sulla capacità dell’Amministrazione di identificare e di rispondere al fabbisogno regionale, sulla corretta distribuzione delle risorse, nonché sulla tempestiva definizione degli accordi contrattuali previsti dal d.lgs. 502/92. In tale contesto si innesta anche un ampio contenzioso, promosso dagli erogatori privati, che rende ancor più complessa e gravosa la gestione del settore.
Dal punto di vista finanziario, negli anni si è registrato un risultato positivo con un rallentamento della dinamica di crescita dei costi e una riduzione dei disavanzi. A certificarlo sono i dati riportati dalla Corte dei Conti nella Relazione sulla gestione finanziaria delle Regioni, per gli esercizi 2009-2010, diffusa nell’agosto del 2011. La stessa Corte ha evidenziato che i programmi di riorganizzazione strutturale hanno nel complesso mostrato un trend positivo rispetto all’impatto sull’efficienza e sulla qualità del sistema.
Approfondimenti: