Il Corriere della Sera. Non c’è solo la «sorpresa» dell’azienda che lo stava sviluppando, dietro il no della Corte dei Conti ai finanziamenti del vaccino italiano firmato ReiThera. A questa si aggiungono il disorientamento e la paura dei circa mille volontari che lo hanno provato nella seconda fase di sperimentazione. Si sentono presi in giro e temono, fraintendendo, che lo stop della magistratura contabile sia dovuto alla mancata sicurezza del composto invece che a motivi tecnici, com’è in realtà.
E poi c’è la frustrazione profonda dei ricercatori che con i loro gruppi hanno partecipato agli studi di valutazione. Venticinque team in tutta Italia. Dovevano essere 26 con l’Istituto Spallanzani che, per ragioni non del tutto chiare, dopo aver coordinato la prima fase, si è tenuto fuori pur restando «principal investigator».
Andrea Gori, direttore delle malattie infettive al Policlinico di Milano, è a capo di uno dei 25 gruppi lasciati in mezzo al guado. «Ennesima occasione mancata per la scienza italiana. Non lo meritiamo. Abbiamo bisogno di essere valorizzati — scuote la testa — invece sembra di capire che altre logiche prevalgono. Per noi è stato un fulmine a ciel sereno. Dobbiamo interrompere lo studio senza un perché, dopo tutto lo sforzo e l’entusiasmo per essere stati coinvolti in un progetto di prestigio per l’Italia». Al Policlinico 60 volontari hanno ricevuto le dosi ReiThera, divisi in tre gruppi di confronto. Oggi è stata convocata una riunione fra clinici per decidere come spiegare loro che «non se ne fa più niente». Diverse stranezze, secondo Gori, hanno contraddistinto il percorso del vaccino, a cominciare dalla rinuncia dello Spallanzani: «Sembrava una bella storia italiana. I primi risultati erano incoraggianti».
I motivi
Per i giudici il contratto tra la società e gli enti pubblici investitori sarebbe illegittimo
ReiThera per ora non commenta. È un bello smacco per la società di Castel Romano. La Corte dei Conti ha bloccato il finanziamento di 81 milioni (41 a fondo perduto, gli altri come prestito) previsto nell’accordo del 17 febbraio tra Mise, Invitalia e l’azienda. Senza questi soldi lo studio non può procedere. I soci oggi si incontrano per ragionare: «Evidentemente il nostro progetto non viene ritenuto interessante. I vaccini anti Covid continueranno a servire. Noi potremmo comunque contribuire alla produzione di altri vaccini con due bioreattori appena acquistati».
L’infettivologa Gloria Taliani ha seguito la sperimentazione su 60 volontari ad Avellino: «La piattaforma su cui è basato questo preparato (il vettore è un adenovirus di gorilla, ndr), è caduta in discredito. Sembra però ci sia la volontà di favorire lo Sputnik, costruito dai russi con la stessa tecnologia. La differenza è che non si è rivelato sicuro, mentre il nostro è ben tollerato». Giuliano Rizzardini, direttore di malattie infettive del Sacco, esprime uguale delusione: «È frustrante sospendere un lavoro in cui credevi. I pazienti si sentono traditi, convinti di aver ricevuto un vaccino fasullo».