Alla vigilia di una settimana che vedrà impegnati prima il ministro dell’Economia, Fabrizio Saccomanni nella doppia riunione dell’Eurogruppo e dell’Ecofin, in programma domani e martedì, poi mercoledì il presidente del Consiglio, Enrico Letta, atteso per un confronto con il presidente Ue Herman Van Rompuy e con il presidente della Commissione Ue, Manuel Barroso e con il collegio dei commissari, il vice presidente dell’esecutivo comunitario e guardiano dei conti pubblici, Olli Rehn rivolge al nostro paese da Davos un nuovo invito
«Mi aspetto che l’Italia approfitti della stabilità politica da poco conquistata per fare progressi nelle riforme, incluse privatizzazioni e mercato del lavoro». Azioni di politica economica – lascia intendere Rehn – che saranno valutate a fine febbraio, quando la Commissione aggiornerà le sue stime macroeconomiche sull’Italia e dirà la sua sulla possibilità di aprire la strada alla «clausola di flessibilità» per investimenti pubblici produttivi. Una partita che per noi vale almeno 3 miliardi, e può crescere fino a 4,5 miliardi.
Pronta la replica via Twitter di Letta, che rinvia alle decisioni assunte venerdì dal Consiglio dei ministri: «Inizia la riduzione delle tasse sul lavoro». È la manovra sul cuneo fiscale «lato Inail»: invece di 3 miliardi – scrive Letta – «il costo totale dei premi Inail cala a 2 miliardi, da pagare il 16 maggio e non il 17 febbraio». A dirsi sicuro che «l’Italia farà le riforme» è stato ieri anche Wolfgang Schaeuble: «Saccomanni è un eccellente ministro delle finanze – ha detto il ministro delle Finanze tedesco –, non sono preoccupato per l’Italia nel lungo termine». L’altra carta che Letta e Saccomanni sono pronti a presentare in sede europea è l’avvio delle privatizzazioni: 40% di Poste e 49% di Enav, con incassi pari a 5,8 miliardi che andranno ad abbattere il debito. Si tratta – questa la linea del governo – di dismissioni che accompagneranno la discesa del debito «dopo sei anni di crescita ininterrotta», onorando in tal modo una delle richieste della Commissione europea. Era stato proprio il percorso di riduzione del debito, ritenuto non in linea con i nuovi precetti del Fiscal compact, a indurre Bruxelles a sospendere momentaneamente il giudizio a fine novembre sull’utilizzo dell’”eurobonus”. Sul tavolo, compare ora anche l’avvio dell’operazione per favorire il rientro dei capitali occultati all’estero: la «voluntary disclosure» approvata anch’essa venerdì dal Consiglio dei ministri, non a caso a pochi giorni dal confronto europeo in programma a partire da domani. Quanto alla «spending review», il primo appuntamento di rilievo è fissato per fine febbraio, quando il commissario straordinario Carlo Cottarelli presenterà i risultati della ricognizione condotta dai vari gruppi di lavoro. Poi si definiranno i dettagli operativi. L’obiettivo principale della spending review è contribuire a ridurre la pressione fiscale, in primis le tasse sul lavoro. Al tempo stesso, l’azione selettiva sulla spesa è una delle armi per assicurare la riduzione del debito pubblico, ulteriore «clausola di garanzia» per Bruxelles.
Certo occorrerà tener conto del dispositivo introdotto in legge di stabilità, che destina le risorse della spending review al taglio del cuneo fiscale, ma al netto delle risorse destinate «al conseguimento di esigenze prioritarie di equità sociale e ad impegni inderogabili». Vi si è aggiunta la necessità di assicurare i 488,4 milioni necessari per evitare il taglio alle detrazioni fiscali.
La scommessa è impegnativa, poichè dalla revisione strutturale della spesa sono attesi risparmi per ben 32 miliardi entro il 2017. Importi decisamente più consistenti, rispetto ai target fissati dalla legge di stabilità: 3,6 miliardi nel 2015, 8,3 miliardi nel 2016, 11,3 miliardi nel 2017.
Il Sole 24 Ore – 26 gennaio 2014