Quali alimenti, e quanti- potranno continuare a essere reclamizzati di fronte ad una audience di bambini, durante i loro programmi preferiti ? Quali invece dovrebbero essere limitati (o tassati)? E’ questa la domanda cui hanno cercato di rispondere alcuni ricercatori, e alla quale ha preso parte anche la British Hearth Association, tramite il suo direttore Mike Rayner,da tempo attivo nelle delicate questioni di regolamentazione dei cibi poco sani.
Il presupposto è allarmante: in tutti i paesi per i quali esistono dati, l’obesità infantile è aumentata negli ultimi 30 anni. E la pubblicità televisiva continua a essere il canale principale di influenza dei più piccoli.
Ma la produzione di “profili nutrizionali”, che consente di classificare gli alimenti in base alla prevenzione di malattie o promozione di salute- può fornire una base scientifica per differenziare i cibi. Con una vera e propria lista di quelli ammessi e invece di quelli “bocciati” e da escludere dalla TV. Scopo della ricerca è stato allora quello di confrontare le performance discriminatorie di diversi modelli di “profili nutrizionali”, verificando le convergenze o divergenze circa: quali cibi ammettere o escludere dai palinsesti TV per i bambini; quali quantità e proporzioni considerare adeguate.
Nell’analisi sono stati inclusi 8 diversi profili nutrizionali, tra cui alcuni sviluppati da autorità pubbliche (modello brasiliano, inglese, USA, Regno Unito) altri da privati (Disney, Pepsi) altri ancora da un mix pubblico privato (EU Pledge, modello danese), con infine un modello di una ONG (Center for Science and Public Interest, CSPI). Si è poi proceduto a registrare, limitatamente al Regno Unito, 455 diversi spot, in quasi 19.000 occasioni, su diversi canali televisivi, entro programmi destinati ai bambini. Un totale di 600-2200 ore di registrazione hanno fornito la base dell’analisi.
Risultati
Intanto, i cibi più reclamizzati si sono rivelati quelli a elevato contenuto digrassi e zuccheri (27,3% del totale pubblicità considerata), snacks (17,8%), pane, cereali e patata (24%).
I profili nutrizionali più severi- quelli che hanno fornito il maggiore numero di “bocciature”, sono quello della Disney (solo 2,4% i cibi approvati, e 2,1% le pubblicità considerate accettabili), quello USA (13,7% cibi approvati, 13,5% pubblicità accettabili) e quello del CSPI (20,8% cibi approvati e 21,6% pubblicità accettabili). I profili più permissivi sono quello brasiliano (38,4% cibi approvati e 44% di pubblicità) e quello britannico (40% cibi e 47,4% pubblicità approvate).
“Mi sono interessato a questa ricerca” – ha dichiarato awww.sicurezzaalimentare.it Mike Rayner, direttore della British Heart Association- perché penso che i bambini non dovrebbero essere sottoposti a pubblicità di cibo malsano, e presumo che i governi debbano fare di più per proteggerli in merito.”
Ha continuato: “ In ogni caso, qualora intendano farlo, hanno bisogno di una definizione chiara di cosa è e cosa non è un cibo malsano (“unhealthy”), ed è qui che entrano in gioco i “profili nutrizionali”. Ma al momento, non c’è un chiaro consenso su quale possa essere un buon profilo nutrizionale in questo senso. Intanto, serve fare chiarezza sulle somiglianze e differenze dei profili nutrizionali attualmente presenti, e il paper si occupa intanto di questo,cioè di un loro confronto. Alla fine, credo dovrebbe essere possibile sviluppare un modello di profili nutrizionali per restringere e regolare la pubblicità degli alimenti indirizzati ai bambini in tutta Europa. E spero sinceramente che il qui presente paper possa contribuire allo scopo”.
Sicurezza Alimentare Coldiretti – 9 agosto 2013