Quanta gente è occupata nei Consigli regionali, dalla Valle D’Aosta alla Sicilia, nessuno precisamente lo sa. Ci sono i dipendenti fissi, poi il personale delle segreterie politiche, quelli ingaggiati dai gruppi… Una selva di numeri, con la sola certezza dell’impenetrabilità. Così non resta che affidarsi alle stime.
La relazione sui costi della politica contenuta nel dossier dell’ex commissario alla spending review Carlo Cottarelli ci dice che nel 2012 la spesa per il solo personale dipendente è stata di 359 milioni. Il che significa, sulla base del costo medio dei dipendenti di quel comparto, circa 7.200 individui. E siccome i consiglieri regionali sono poco più di un migliaio, se ne ricava un rapporto non lontano da sette persone per ogni consigliere. Uno sproposito, se paragonato ad altre e ben più autorevoli assemblee legislative. Come il Parlamento. I dipendenti fissi della Camera sono 1.300. Se dividiamo questa cifra per i 630 deputati, otteniamo un rapporto di due a uno o poco più. La Camera ha quindi in proporzione agli eletti meno di un terzo dei dipendenti dei Consigli regionali: le cui incombenze non sono peraltro nemmeno minimamente raffrontabili a quelle del Parlamento. Se le assemblee regionali dovessero rispettare lo stesso rapporto della Camera, avrebbero quasi 5 mila esuberi.
Non è tutto. Perché ai dipendenti assunti in pianta stabile bisogna aggiungere quelli delle funzioni strettamente politiche, ingaggiati di solito a tempo determinato (salvo poi sistemarli con qualche piccola sanatoria). Ma qui la nebbia è molto più fitta. Possiamo però aiutarci prendendo in esame il caso del Consiglio del Lazio.
Alle domande che abbiamo rivolto via mail agli uffici qualche settimana fa, è stato risposto nel modo seguente. Il 2 marzo scorso i dipendenti a tempo indeterminato in servizio erano 427, a cui si dovevano sommare altri 124 addetti a tempo determinato delle funzioni politiche, di cui 39 comandati da altre amministrazioni e società pubbliche. Totale: 551. Ma questo numero non poteva tener conto di tutto il personale assunto direttamente dai gruppi. La dimostrazione è che alla stessa data l’elenco telefonico interno riportava 588 nominativi.
Gli uffici del Consiglio precisavano quindi che la quantità di personale effettivamente in servizio risultava ben inferiore a quella prevista dalla pianta organica: 665 persone. Come anche gli addetti a tempo determinato erano meno numerosi rispetto ai 139 teoricamente assumibili. La mail si concludeva ricordando che dal 24 luglio 2014 la dotazione organica dei dirigenti era stata ridotta da 66 a 59 e che il primo gennaio 2012 i dipendenti fissi erano 438 mentre quelli a tempo 251. Per un totale di 689. La riduzione complessiva sarebbe stata perciò di 138 unità: un ridimensionamento del 20%, a fronte però di una riduzione del 28% del numero dei consiglieri, scesi da 70 a 50 (da 71 a 51 se si considera anche il presidente della giunta).
Sappiamo che i dipendenti fissi non si possono licenziare. Ovvio. Anche se francamente ci sfugge la logica per cui sia stata creata una «struttura di collaborazione della Conferenza dei capigruppo» con una dotazione di 3 unità per ciascuno dei 13 (tredici su 50 consiglieri) capigruppo, per un totale di 39 persone di cui 26 esterne. E non possiamo non notare che circa 600 dipendenti per 50 consiglieri indica un rapporto prossimo a 12 a uno. Mentre tutto il personale della Camera dei deputati, compresi i 220 dipendenti dei gruppi e i 380 collaboratori degli onorevoli raggiunge a malapena le 1.900 unità.
Tre persone per ciascun deputato: un rapporto quattro volte inferiore a quello del Consiglio regionale del Lazio. Dove peraltro quel numero esorbitante di addetti doveva essere considerato perfino insufficiente, se è vero che è stata rinnovata al costo di 1,7 milioni, fra le proteste sindacali (in testa la Uil), una convenzione annuale per la fornitura di personale e servizi da Lazioservice. Una società regionale che secondo gli ispettori del Tesoro è servita ad aggirare il blocco del turnover con migliaia di assunzioni politiche senza concorso.
Corriere Economia – 11 maggio 2015