Il Sole 24 Ore. Potrebbe arrivare sotto forma di emendamento al decreto fiscale in discussione al Senato il paracadute per le Regioni con i conti sanitari colorati di rosso per le spese extra prodotte dal Covid. Un paracadute parziale, che passerebbe prima di tutto dalla “liberazione” di altri fondi emergenziali vincolati a interventi specifici ma rimasti qua e là inutilizzati; ma indispensabile per non attivare un cortocircuito fra un 2022 che promette più risorse (nelle bozze della legge di bilancio ci sono due miliardi in più sul fondo sanitario e altrettanti per l’acquisto di vaccini e farmaci contro il Covid) e un 2021 che minaccia commissariamenti.
Il problema è su quest’anno, e per questa ragione non può essere risolto sfruttando i margini ampi concessi dalla manovra che entra in vigore solo il 1° gennaio. È alimentato dalle spese aggiuntive prodotte dal Covid in due modi: in via diretta, con l’assistenza a chi è stato infettato in questi mesi dal Coronavirus, e in via indiretta, con l’onda di recupero delle alte prestazioni sanitarie sospese nella lunga emergenza 2020.
Già da settembre la conferenza delle Regioni ha tradotto la questione in una cifra: 2,2 miliardi, variamente distribuiti nei territori in una geografia che per esempio a Nord colpisce Emilia Romagna e Toscana ma non la Lombardia, e si diffonde poi nel Centro-Sud. Al ministero dell’Economia girano cifre un po’ più contenute: ma il problema c’è. E alimenta il pressing dei presidenti di Regione, che ricordano bene cosa prevede il comma 174 della legge 311/2004 quando i bilanci sanitari vanno in squilibrio: commissariamento, e soprattutto «gli aumenti dell’addizionale all’imposta sul reddito delle persone fisiche e le maggiorazioni dell’aliquota dell’imposta regionale sulle attività produttive entro le misure stabilite dalla normativa vigente».
Ma la bastonata tributaria da pandemia, concentrata per di più su addizionali Irpef e Irap che la riforma fiscale vuole archiviare per favorire la crescita, è un boccone troppo indigesto per i governi regionali. Anche perché la cura fiscale e i piani di rientro sono stati pensati a suo tempo per incentivare il rispetto di budget sanitari che troppo spesso andavano fuori controllo, non certo per punire spese necessitate da un’emergenza.
Al ministero dell’Economia lo sanno. Ma sanno anche che i margini finanziari su un 2021 ormai quasi chiuso sono ridotti all’osso. Per questo la prima mossa allo studio è una replica della «flessibilità» già concessa lo scorso anno nell’utilizzo degli altri fondi emergenziali, che potrebbero essere dirottati a coprire il deficit della gestione sanitaria. Le voci sotto esame, sparse fra la manovra dello scorso anno e i due decreti intitolati ai «sostegni», sono molte: per esempio il decreto sostegni-1 (Dl 43/2021) ha destinato 345 milioni per coinvolgere nella campagna di vaccinazione anti-Covid medici di base, specialisti ambulatoriali e odontoiatri, con una strategia che spesso è rimasta lettera morta insieme all’utilizzo dei relativi stanziamenti.
Lo svincolo di questi fondi specifici darebbe una mano importante a far chiudere i conti. Le Regioni chiedono di più, lamentando che quest’anno gli aiuti anti-emergenza si sono fermati circa 1,5 miliardi sotto i livelli del 2020. Ma la caccia a risorse aggiuntive a meno di due mesi da Capodanno è complicata, e si incrocia con l’ormai abituale tira e molla sul payback che sta travagliando il percorso anche di questa legge di bilancio.