La spending review italiana non ha ancora intaccato la spesa corrente delle Regioni. Nonostante i tagli e gli sforzi fatti in questi anni dalle autonomie, infatti, la spesa corrente al netto di quella sanitaria (in sintesi quella per servizi e personale) è addirittura cresciuta di quasi sette punti percentuali (6,69%) negli ultimi tre anni.
E se da un lato il commissario alla spending review, Carlo Cottarelli, parlando in audizione alla commissione per il federalismo fiscale il 7 agosto, ha assegnato alle Regioni il primo posto nel podio della riduzione della spesa complessiva (-16% dal 2009 al 2012, contro un -10% dello Stato), dall’altro la sezione Autonomie della Corte dei conti ha suonato un campanello d’allarme proprio sul fronte della spesa corrente: «Il comparto Regioni e Province autonome – si legge nell’ultima Relazione sulla Finanza territoriale – fa registrare movimenti di cassa in uscita con ritmo crescente: 201,2 miliardi di euro nel 2011, 201,1 miliardi nel 2012 e 256,1 miliardi nel 2013». Sempre i magistrati contabili, analizzando i dati Siope, riconoscono che il problema non è nella spesa per investimenti, che infatti scende di 5,7 miliardi (-17% rispetto a quanto previsto dal Def). «I maggiori importi – si legge ancora nella Relazione – sono imputabili a spesa corrente: 141,7 miliardi di euro nel 2011, circa 142 miliardi nel 2012 e 144,7 miliardi nel 2013». Quel 6% in più poi è frutto di una media tra valori molto eterogenei (si veda anche la cartina a fianco) per cui, per esempio, la metà della spesa è assorbita da cinque Regioni: Lombardia, Lazio, Campania, Sicilia e Piemonte.
Ma come ha scoperto la stessa Corte, a intorbidire un po’ le acque ci sarebbe anche la massiccia iniezione di liquidità provocata dall’operazione sbloccadebiti. Quasi 18 miliardi dei 23,7 stanziati per sanare l’arretrato l’anno scorso (di cui dieci proprio alle Regioni) sono infatti serviti a pagare i debiti di parte corrente (si veda Il Sole 24 Ore del 30 luglio).
Ma, sblocca-debiti a parte, guardando da vicino alcuni degli indicatori più sensibili, sui quali si sono già abbattuti alcuni provvedimenti della spending review si scopre che gli effetti dei tagli non sono affatto omogenei tra le varie Regioni. Soprattutto se si riporta ogni voce al parametro uniforme dei mille abitanti. Il Sole 24 Ore lo ha fatto per tre voci «sensibili»: i costi della politica; le spese di rappresentanza e i contratti di servizio (trasporti).
La politica
Sulle spese per consiglieri, assessori e gruppi le forbici del legislatore sono intervenute per tutti: taglio alle indennità, ai rimborsi, divieto di cumulo e via elencando. Però le uscite 2013 sono estremamente variabili (si veda anche la classifica a fianco): si va dalla Puglia che addirittura riesce a spendere solo 71 euro ogni mille abitanti, alla Valle d’Aosta che ancora ne destina oltre 131mila. Ancora più eterogenei i risultati del peso specifico della politica nei bilanci: la Calabria, per esempio, destina a questa voce il 7% delle uscite. Le fanno compagnia la Basilicata, l’Abruzzo e il Molise (5%). All’estremo opposto la Puglia, il Piemonte e la Provincia autonoma di Bolzano, che riescono a rimanere sotto l’1 per cento.
Le pubbliche relazioni
Gli effetti della spending review sul vasto e variegato mondo delle cosiddette spese di rappresentanza cominciano ad affiorare anche nei bilanci. A soffrirne saranno state, probabilmente, le tante sagre, manifestazioni ed eventi locali, così come la convegnistica e le pubblicazioni. Fatto sta che nel triennio 2011-2013 le Regioni hanno quasi dimezzato queste voci (-40%), che ora pesano solo per l’1,4% sul totale (nel 2011 erano il doppio).
Con qualche significativa eccezione: il Lazio, per esempio, è passato dai 739 milioni di spesa del 2011 ai 2,9 miliardi dello scorso anno. Anche se, rispetto alla popolazione questa Regione è comunque tra le più efficienti (sesto posto), senza eguagliare il primo posto quasi ex aequo di Campania e Molise.
I trasporti
dati in questo caso vanno presi con cautela per via delle forti oscillazioni di anno in anno (legate anche ai singoli rinnovi per ogni Regione). Ma certo non si può non notare il peso specifico dei contratti di servizio (a loro volta dominati dai trasporti), che divorano il 56% della spesa regionale per beni e servizi. Con punte dell’87% in Molise e di oltre il 70% in Lazio, Veneto e Umbria. E sembrano essere proprio i trasporti i principali responsabili della lievitazione della spesa corrente regionale: secondo i calcoli della Corte, si è passati dai 2,4 miliardi di euro del 2011 ai 4,3 del 2013 con un vertiginoso balzo del 73 per cento.
Il Sole 24 Ore – 18 agosto 2014