Alle Regioni non va proprio giù il Def varato dal Parlamento. “Non c’è stata condivisione e i dati macroeconomici non sono aggiornati” ma nonostante ciò formulano i loro rilievi e smontano pezzo per pezzo il Documento seppur con qualche apertura.
Un lungo elenco di cose che non vanno che le Regioni hanno voluto lo stesso formulare nonostante il Def varato dal Governo sia già stato approvato lo scorso 18 aprile dal Parlamento.
“L’assenza di condivisione dei dati macroeconomici aggiornati e delle politiche che il Governo intende perseguire indebolisce l’azione delle istituzioni che più che mai in questo momento dovrebbe essere all’unisono”. Questo il commento laconico delle Regioni.
“Il Def – si legge nel parere approvato dalle Regioni – avrebbe dovuto essere posto in discussione nella Conferenza permanente per il coordinamento della finanza pubblica che non si è ancora insediata pur avendo le Regioni sollecitatone l’insediamento con lettera del 7 marzo scorso, e non è stato discusso neanche nell’ambito della Commissione tecnica paritetica per l’attuazione del federalismo fiscale la ‘sede’ di condivisione delle basi informative finanziarie, economiche e tributarie fra Governo – Parlamento e Autonomie territoriali”. Ma non solo, le Regioni lamentano che “non sono state fornite preventivamente le indicazioni ai fini del collegamento tra gli obiettivi aggregati fissati nel DEF ‘e le regole per il singolo ente in ragione della categoria di appartenenza’”.
Per queste ragioni “l’iscrizione a posteriori all’odg della Conferenza Unificata del parere delle Regioni e Province autonome al Def 2012 assume quindi la valenza di una presa d’atto, oltre tutto su un documento parziale in quanto da completare con il “Provvedimento contenente le norme per la razionalizzazione della spesa pubblica per acquisti di beni e servizi” che mira a rivisitare i trend storici di spesa. Tale criticità verrebbe amplificata ove si mirasse a ridefinire il concorso anche della Autonomie alla spesa pubblica”. Le Regioni ricordano l’equiordinazione dei livelli istituzionali previsto dalla Costituzione e la necessità di un cambiamento culturale dell’Amministrazione centrale.
Premi e sanzioni anche per l’Amministrazione centrale. Le Regioni sono sottoposte a numerosi controlli, alcuni anche molto limitanti della loro autonomia; con il decreto legislativo “Premi e sanzioni” sono stati introdotti, ad esempio, ulteriori sanzioni per il mancato rispetto del patto di stabilità; l’inventario di fine mandato; ispezioni dal parte del MEF (art. 14 della legge 196/2009), quindi sono previsti vincoli di budget dalla normativa sul patto di stabilità.
Tali sistemi di controllo e sanzione non sono previsti con la stessa modalità e con i medesimi effetti nei confronti delle amministrazioni centrali che ad oggi non applicano simili meccanismi di controllo della spesa per cui non sono previste sanzioni interne ai Ministeri in caso di sfondamento dei budget o mancata realizzazione degli obiettivi.
Sulla soppressione delle Province ancora molte ombre. Ulteriore elemento critico, sono le disposizioni del d.l. “Salva Italia” in tema di Province che pongono questioni così rilevanti da non poter essere affrontate e risolte se non attraverso un serrato confronto e una forte collaborazione istituzionale, in particolare, fra Stato e Regioni. Non si sta ragionando, infatti, di una semplice sperimentazione, ma dell’avvio di un complesso e intricato percorso di riordino e che tale processo – per l’incidenza che può avere sul rapporto tra cittadini e istituzioni soprattutto in termini di qualità delle prestazioni e di contenimento della spesa pubblica – non può essere lasciato in sospeso né calato dall’alto. La situazione appare “delicata” almeno sotto due punti di vista: a) stato di sospensione della democrazia nelle Province commissariate o in via di commissariamento nel senso che non si dà ai cittadini la possibilità di eleggere direttamente il consiglio e il presidente della rispettiva provincia; b) venir meno di punti di riferimento importanti, quali sono appunto le province, in relazione all’esercizio di funzioni anche strategiche che, almeno formalmente, le province stesse hanno ancora in capo. Lo Stato stesso non risulta che si stia attivando per la riallocazione delle funzioni nelle materie di propria competenza. Si aggiunga che il percorso di attuazione della normativa statale, oltre a scontare serie incertezze quanto alla tenuta e all’esito finale, non prevede alcun ruolo significativo per le Regioni, chiamate unicamente a riallocare funzioni nelle materie di competenza, senza disporre di un quadro generale di riferimento e orientamento. Ci si chiede, fra l’altro, come possa coesistere un sistema di elezione provinciale di secondo livello con lo svolgimento delle sole funzioni di indirizzo e coordinamento e come vadano intese tali funzioni o come possa essere attivata la leva fiscale a livello provinciale.
Regioni già duramente colpite dalle Manovre degli ultimi due anni. Le Regioni segnalano che la sottostima del contributo delle Autonomie territoriali alla manovra complessiva va ricercata in particolare nella mancata indicazione, nel DEF, degli effetti finanziari derivanti dal DL 78-2010, operazione non corretta visto che tale provvedimento dispiega effetti finanziari strutturali dal 2012.
D’altro canto, occorre considerare che il concorso regionale al risanamento della finanza pubblica è incentrato unicamente sul versante della spesa e, come evidenziato nella tabella sottostante, sovradimensionato rispetto a quello degli altri comparti. Infatti, a fronte di una spesa regionale pari al 20,3% del complesso della spesa delle Amministrazioni Pubbliche (al netto degli interessi passivi), le Regioni si fanno carico di una quota che va dal 47,2% del 2011 al 30% nel 2014.
Si segnala che nella Relazione al Parlamento la “spesa sanitaria” scontava già la manovra prevista per il 2012 e 2013 e nel DEF 2012 la spesa sanitaria è stata rivista ulteriormente al ribasso per rendere strutturali i miglioramenti conseguiti nel 2011. L’incidenza della spesa sanitaria sul PIL è in continuo decremento dal 2009 e torna sotto la soglia del 7%; la spesa sanitaria fra il 2012 e 2013 è praticamente invariata a fronte di un’inflazione.
Federalismo fiscale. No allo stop. Il capitolo “Attuazione del federalismo fiscale” non è centrale nel DEF 2012. Il processo di riforma è partito con rallentamenti e con revisioni in corso ed è ora necessario portalo a compimento: bloccare ora la riforma o stravolgerla significherebbe rimettere in discussione quei principi, ormai condivisi, di rafforzamento dell’autonomia nella responsabilità, come prefigurato dalla legge delega n. 42/09 in materia di federalismo fiscale.
È necessario dare impulso in modo organico a tutta la riforma, organicità che le modifiche introdotte con legislazione d’urgenza all’impianto della legge 42/2009 (scheda 1) e alle norme attuative, hanno accentuato il bisogno di fare una verifica in ordine al suo avanzamento.
La delega per l’emanazione di decreti correttivi necessari al completamento del sistema costruito dalla legge 42/09 scadrà il 21 novembre 2014. Inoltre, alcune disposizioni contenute nella 42/2009 e nei decreti attuativi sono state largamente disattese nella realtà applicativa. Il processo da completare, necessita di circa 70 provvedimenti attuativi (scheda 2), alcuni dei quali di notevole rilevanza ai fini del raggiungimento degli obiettivi complessivi posti dalla riforma. Le misure di finanza pubblica, connesse alla necessità di superamento della crisi economica, hanno impattato su tale processo in qualche caso incidendo anche sugli spazi di autonomia finanziaria finora attribuiti a Regioni ed Enti Locali. Appare necessario, quindi, a seguito di tale momento di verifica, coordinare il nuovo sistema fiscale che si sta costruendo con l’assetto istituzionale che si va delineando. L’intervento legislativo in materia di Province e del conseguente nuovo ruolo delle Regioni e degli Enti Locali richiede d’intensificare, altresì, il lavoro sui costi standard. Occorre a questi fini sottolineare la asimmetria generatasi tra la legge 42/2009 con riferimento all’elenco delle funzioni fondamentali delle Province da finanziare in base ai costi standard e il nuovo quadro delle funzioni di coordinamento previsto dalla legislazione vigente. Inoltre occorre tener presente che ove alle Province venissero riattribuite funzioni fondamentali, avremmo un ente i cui organi sono eletti indirettamente e che possono comunque azionare la leva fiscale.
I punti innovativi del Def su cui le Regioni aprono al dialogo. Allo stato dei fatti emergono evidenti innovazioni, per le quali parrebbe necessario l’inserimento all’interno di un progetto organico e condiviso nei cui confronti le Regioni ribadiscono la propria disponibilità:
• la reintroduzione della compartecipazione regionale all’accisa sulla benzina precedentemente soppressa. Il D. Lgs. 68/2011 originario identificava, invece, in un grande tributo erariale (IRPEF), il pilastro della fiscalizzazione dei trasferimenti;
• l’anticipo, in via sperimentale, dell’IMU al 2012 che non è stato accompagnato dal recepimento del ruolo di adattamento della perequazione regionale fra gli Enti Locali di cui all’art. 13, co. 1, lett. h della legge n. 42/2009. Inoltre è necessario inserire nei meccanismi di perequazione anche le risorse derivanti dalla nuova TARSU;
• l’intervento di centralizzazione dei flussi di cassa attraverso la riproposizione del sistema di
• la necessità di comprendere sul federalismo demaniale il ruolo attribuito all’Agenzia del Demanio nella promozione per la costituzione di società, consorzi e fondi immobiliari per la valorizzazione del patrimonio pubblico dello Stato, delle Regioni e degli Enti Locali, nonché il livello applicativo della disposizione legislativa relativa all’attribuzione alle Regioni del demanio idrico e marittimo.
Pagamenti imprese per crediti verso Pa.La riduzione dei trasferimenti e le limitazioni di spesa sul patto di stabilità permettono il pagamento delle sole obbligazioni in essere. Alcune Regioni si sono organizzate al fine di ottimizzare le procedure per il pagamento dei fornitori entro 60 gg. Purtroppo in altre i tempi sono allineati a quelli del resto delle P.A..
A tale situazione si aggiunge che le azioni delle Regioni che hanno cercato di allentare tale problematica per il proprio territorio attraverso l’attuazione del patto di stabilità territoriale, consentendo a Comuni e Province ulteriori spazi di spesa di investimento grazie alla riduzione dei propri margini di spesa, potrebbero venire vanificate dall’introduzione nell’ultimo decreto legge del Patto di stabilità orizzontale nazionale che di fatto deprime il ruolo delle Regioni nella politica di risanamento della finanza pubblica e nel rafforzare forme di cooperazione tra gli enti diversi della stessa regione sullo stesso territorio come osservato, d’altro canto, dalla Corte dei Conti nell’audizione al Parlamento sul DEF del 23 aprile 2012.
Interventi per lo sviluppo. Il decreto fiscale appena approvato introduce la norma per dare attuazione all’Accordo del 21 dicembre scorso fra Governo – Regioni e enti locali sul Trasporto pubblico locale. Sono urgentissimi i provvedimenti di effettive erogazioni delle risorse per il 2011 e 2012 per il trasporto pubblico locale e per l’edilizia sanitaria. Le risorse in questi due settori sono strategiche per le politiche di sviluppo infrastrutturale.
Occorre rilanciare e chiudere al più presto il Tavolo per l’efficientamento del Trasporto pubblico locale con la definizione di un quadro di finanziamento a lungo termine procedendo alla fiscalizzazione di trasferimenti congrui a sostenere il servizio. Soltanto in un quadro di certezza finanziaria possono essere approntati i bandi per la messa a gara del servizio ed in prospettiva la programmazione degli investimenti necessari al rilancio soprattutto del trasporto su ferro e più in generale del Paese.
Quotidianosanita.it – 11 maggio 2012